Covid, l’anno delle cicale e la strage degli innocenti

In Basilicata nulla è cambiato da quando i primi morti rivendicavano giustizia. Siamo a 204, e non è finita

Non sappiamo come ce la saremmo cavata se avessimo avuto un Piano pandemico degno di questo nome e se avessimo avuto un servizio sanitario pubblico all’altezza della sfida. Sappiamo, oggi, che la pandemia è fuori controllo e che l’unica speranza è il vaccino, forse.

Tuttavia, questa drammatica esperienza ha fatto emergere il meglio del Paese: la tenacia e il coraggio degli operatori sanitari, delle forze dell’ordine, dei volontari, della maggioranza dei cittadini, la loro capacità di adattamento e di resistenza in condizioni davvero difficili.

È anche emersa la parte peggiore: la politica incapace di fare fronte comune in una situazione di emergenza per il Paese, il vizio di strumentalizzare e approfittare degli errori, o presunti tali, degli avversari, allo scopo di raccogliere consenso. E poi, lo scaricabarile sulle responsabilità politiche cha hanno di fatto in questi decenni massacrato la sanità pubblica. Senza parlare delle ruberie, dello sciacallaggio e delle furbizie che in Italia non mancano mai, specie nei momenti più drammatici. Insomma, uno spettacolo indecoroso che, nel quadro di decine di migliaia di morti, ha assunto i contorni di una fiction horror.

In Basilicata, la gestione della pandemia è stata un disastro e continua a mostrare i segni profondi di una debolezza della politica e di gran parte del sistema burocratico regionale. Dirigenti e funzionari nel pallone, carenze strutturali e organizzative, croniche, mai risolte. Catena di comando precaria e improvvisata, applicazione dei protocolli alla rinfusa. Incompetenze e facilonerie illuminate dai riflettori dell’emergenza. E anche qui non sono mancate le furberie, gli infantilismi, le giustificazioni inaccettabili, le distorsioni comunicative, le bugie di chi avrebbe dovuto e deve gestire la pandemia. Numeri a casaccio, analisi errate, dati inesistenti, ordinanze discutibili e persino incomprensibili. Famiglie intere abbandonate a loro stesse, scuole aperte quando bisognava chiuderle e chiuse quando non vi era alcun motivo. Servizi di cura e diagnosi, esami specialistici per gravi patologie, bloccati. Ancora oggi i dati sui tamponi, sui contagi, sui guariti sono assolutamente parziali e inaffidabili. Un deficit informativo che falsifica la lettura epidemiologica della situazione reale in cui versa la regione.

Certo non era facile, ma una sana autocritica, una disponibilità a imparare dagli errori, da parte della politica e dei vertici della sanità, avrebbero reso meno complicata la gestione dell’emergenza. E invece, no. Oggi, in Basilicata, siamo ancora a contare morti, a pasticciare sui dati, a scaricare responsabilità. Le giustificazioni, gli annunci, le chiacchiere hanno rivelato, col passare dei mesi e delle settimane, la vera identità di una politica senza arte né parte. Dopo tutto questo tempo stiamo ancora a chiedere  serietà, professionalità, responsabilità a chi amministra la Regione. Nulla o quasi è cambiato da quando i primi morti rivendicavano giustizia.