Libera Università delle donne Basilicata: Sdegno per come è stata gestita l’emergenza covid

La lettera aperta al presidente della Regione, Vito Bardi

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta della Libera Università delle Donne al presidente della Regione Bardi.

Di seguito il testo.

Quando la Libera Università delle Donne decise di costituirsi in associazione, ormai dieci anni fa, aveva in mente un’idea ben precisa che ha informato nel tempo ogni nostra azione: l’idea e dunque l’ambizione dell’agire politico. Crediamo fermamente nel valore della politica, intesa come insieme di pratiche legate al partire da sé che si traducono in interesse acceso per quello che accade e impegno attivo per far sì che quello che accade migliori la società e consegni più dignità alle nostre vite. Siamo convinte che il mondo abbia più che mai bisogno di buona politica per poter rispondere alle criticità medie e gravi che lo attraversano.

La Lud è essenzialmente un’associazione di donne pensanti, cittadine che intendono interloquire criticamente con la realtà, in particolare con quella legata a questo territorio e alle scelte operate da chi governa che ne segnano le sorti. Per questo oggi, alla fine di questo anno terribile, siamo qui a chiedere conto ai nostri politici di quanto sta accadendo nella nostra regione, consapevoli come siamo del fatto che la situazione sanitaria in corso, legata alla pandemia da Covid, stia assumendo sempre più i contorni di una vera e propria emergenza, soprattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione.

Andiamo per ordine.

Sembra lontanissimo il tempo in cui la Basilicata aveva il più basso tasso di contagio tra le regioni italiane, pari a 1,04 contro una media nazionale dell’1,7 e del 2,4 registrato in Lombardia; eppure eravamo solo nella prima settimana di novembre.

Appare evidente che abbiamo del tutto sprecato la posizione di vantaggio relativo che la nostra regione aveva su tutte le altre.

Stiamo anche noi sperimentando lo scardinamento del sistema sanitario regionale, prodotto dall’alto livello della pandemia e dall’assenza di una cabina di regia efficace, con la conseguente frammentazione del sistema sociale.

Lo sviluppo subdolo del sentimento di paura che sta assalendo la popolazione lucana non può che ascriversi alla consapevolezza di non poter contare su un sistema sanitario efficiente ed efficace.

È in atto uno scollamento tra la dirigenza pubblica preposta alla gestione della pandemia e gli operatori a diretto contatto con i pazienti, e la disorganizzazione regna sovrana ai diversi livelli.

In questo clima di incertezze si è avvertita forte l’assenza di indicazioni chiare su cui costruire le azioni dei singoli, mentre sono state molte le improvvisazioni! Le inefficienze più gravi, a nostro avviso, sono state le seguenti:

il mancato tracciamento precoce dei positivi al fine di anticipare il processo di diagnosi e cura;

il numero rilevante di asintomatici abbandonati a se stessi, spesso in ambienti familiari inadeguati;

i ritardi nella comunicazione dei risultati dei tamponi effettuati;

la mancanza di un protocollo unico regionale per la presa in carico dei soggetti positivi al tampone e per il tracciamento dei contagi al fine di mettere in atto le modalità operative delle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) presenti sul territorio regionale in maniera insufficiente;

la cattiva gestione dei pazienti positivi di media e bassa intensità, che avrebbero dovuto aver accesso alle strutture intermedie, che hanno invece sovraccaricato le strutture ospedaliere, occupando posti destinati ai pazienti Covid-acuti;

le terapie intensive prossime alla saturazione dei posti letto;

i ritardi nell’individuare strutture alberghiere per accogliere pazienti positivi e anziani soli che non potevano contare su una assistenza domiciliare nella gestione del periodo di quarantena;

di conseguenza il sovraffollamento della rete ospedaliera ha portato allo stress del sistema sanitario e, non essendo gli ammalati affetti da Covid i soli ad avere bisogno di cure, i pazienti affetti da altre patologie hanno avuto grandi difficoltà di accesso alla rete assistenziale;

il notevole ulteriore allungamento delle liste di attesa e la sospensione delle attività di screening da parte di tutte le strutture sanitarie hanno determinato ulteriore disagio, più forte nelle fasce più fragili.

Si è avvertita, inoltre, l’assenza totale di linee guida nella gestione delle case di riposo e delle RSA che avrebbero potuto condurre a scelte più appropriate ai fini di un contenimento del numero dilagante di decessi.

La scuola, sacrificata per l’incapacità di garantire una fruizione in sicurezza, ha subito le inefficienze di altri settori, in primis quello dei trasporti pubblici.

Mentre nel resto del mondo si avvia la vaccinazione anti Covid, in Basilicata, ad oggi, conquistarsi una dose per la vaccinazione anti influenzale, tra l’altro fortemente consigliata dagli esperti, è impresa faraonica. E pensare che fra qualche giorno potrebbe essere perfettamente inutile.

Peraltro nessuna strategia è stata messa a punto nel corso dei mesi estivi quando anche il virus aveva concesso una tregua.

Basti pensare alle strutture messe a disposizione dal Quatar che sono rimaste inadeguate senza entrare in funzione, cosa che invece avrebbe potuto permettere di isolare i pazienti affetti da Covid tenendoli al di fuori della struttura ospedaliera, potendo così evitare di diffondere il contagio anche tra il personale sanitario.

Accanto a tutto questo, assistiamo sgomente a una comunicazione ambigua, incerta, molto spesso falsata, tra organismi sanitari preposti e cittadinanza, che rimane sempre più confusa e frustrata.

Pertanto non possiamo non esprimere il nostro sdegno e il nostro sconcerto e facciamo nostre le parole di Sara Gandini, epidemiologa femminista, che rivendica il valore politico della rabbia.

“La rabbia –afferma- intesa come sentimento legato al senso di ingiustizia, può essere un motore politico. Rendere politica la rabbia significa capire come trovare la mediazione giusta perché il senso di ingiustizia non si disperda, non diventi violenza, populismo, ribellismo sterile”.

Da questa rabbia vogliamo partire per stimolare le nostre istituzioni a correggere i propri errori e le discrasie organizzative, a cominciare dalla difesa delle persone più fragili, accanto alle quali noi della Lud ci schiereremo sempre.

Adriana Salvia, presidente Libera Università delle Donne Basilicata