Piano pandemico datato e inattuato, De Falco e De Bonis: “Conte e Speranza rispondano”

I due senatori hanno presentato un'interrogazione al presidente del Consiglio e al ministro alla Salute

“È paradossale scoprire che il governo prende decisioni che limitano fortemente la libertà dei cittadini e costringono le attività commerciali ad attività assurde, ma intanto il Piano pandemico deve ancora essere aggiornato. L’ultima elaborazione, infatti, risale al 2006. Nel frattempo, si è ritenuto di istituire una task force di esperti pagati profumatamente, che però a tutt’oggi non sappiamo se abbiano elaborato un nuovo piano. Fatto ancor più grave, non è stata data tempestiva attuazione a quel Piano, per quanto datato. Tutto questo quando i segnali di una pandemia erano già più che evidenti, determinando quindi una risposta improvvisata e caotica. D’altro canto, il serio rischio di epidemie di virus da animali selvatici era noto alle autorità da molti anni. Mentre il sistema sanitario italiano è in affanno per fare fronte a questa gravissima emergenza epidemiologica, il governo che fa? Decide di destinare alla sanità pubblica soltanto 9 miliardi di euro del Recovery Plan. Per tutti questi motivi abbiamo presentato al Presidente Conte e al Ministro Speranza un’interrogazione al fine di avere chiarimenti sulla gestione dell’emergenza da Covid-19”.

Lo dichiarano in una nota congiunta i senatori Saverio De Bonis e Gregorio De Falco nel commentare l’interrogazione da loro presentata al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro della Salute Roberto Speranza.

“A Conte e a Speranza – spiegano i senatori – abbiamo chiesto quali siano i motivi del mancato aggiornamento del Piano pandemico, che rappresenta una grave omissione da ascrivere ai responsabili della Direzione generale del Ministero, e se corrisponda al vero che sia stata richiesta dall’allora direttore generale della Prevenzione al Ministero, Ranieri Guerra, la modifica della data del Piano pandemico del 2006; come mai non sia stata data attuazione al Piano, benché datato, che non avrebbe certamente privato il Paese, gli operatori sanitari e i cittadini delle minime dotazioni di difesa e dell’organizzazione di comando e controllo necessaria a gestire ordinatamente l’emergenza; se il Governo non ritenga che il punto principale non sia il mancato aggiornamento del Piano, pure imbarazzante, ma la colpevole inutilizzazione di quello strumento; se non si ritenga inopportuno, oggi, che il Governo, non avendo adottato alcuna strategia, punti tutto sempre e solo sul distanziamento fisico, ovvero sulla proiezione delle responsabilità sui cittadini; quali iniziative intenda assumere al fine di destinare più risorse, rispetto ai soli 9 miliardi previsti dal “Recovery Plan”, alla sanità pubblica per evitare in futuro il ripetersi di una gestione inadeguata, titubante, improvvisata e caotica come quella che abbiamo avuto con l’emergenza Covid-19″.