Sanità in Basilicata. Gli ingranaggi del potere assemblati nel “sistema”: il caso dell’Aor San Carlo di Potenza

Fatti e considerazioni sull’udienza di rinvio a giudizio dei dirigenti dell’Azienda sanitaria più grande della regione. Perché Sergio Schettini è ancora al suo posto? Perché i “carnefici” fanno carriera e le vittime sono costrette a soffrire nel loro isolamento?

Abuso d’ufficio e falso ideologico all’azienda ospedaliera San Carlo di Potenza. Ieri, 16 febbraio, l’udienza preliminare. Si tratta delle vicende da noi trattate tra l’estate e l’autunno 2019 relative a concorsi e nomine all’azienda. Tutti i protagonisti erano destinatari di una richiesta di rinvio a giudizio del Pubblico Ministero Antonio D’Antona, il 24 luglio 2020. L’udienza preliminare era stata fissata per il 16 febbraio 2021. Ebbene, l’udienza c’è stata ma con un rinvio al 15 giugno 2021, pare per l’assenza dell’ex direttore generale per motivi di salute e forse per qualche problema nelle notifiche.

I fatti contestati e i protagonisti

Tra gli imputati, oltre a Massimo Barresi, Camilla Gizzi, ex direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neonatologia;  Simona Pesce, favorita dalla Gizzi per assumere l’incarico di vicario della stessa Unità Operativa; Rocco Maglietta, ex dg, Antonio Picerno, ex direttore sanitario; Maddalena Berardi, ex direttore amministrativo; Saverio De Marca, prima direttore facente funzione della Pediatria all’ospedale di Melfi e poi, naturalmente, vincitore del concorso; Patrizia Vinci, all’epoca responsabile delle risorse umane all’ospedale San Carlo, presidente della Commissione di disciplina e cognata di De Marca.

I reati contestati sono: abuso d’ufficio e falso ideologico in concorso per plurime violazioni di norme di legge, di contratto collettivo e regolamentari per l’assegnazione di funzioni dirigenziali, compresa la violazione dell’art. 97 della Costituzione.

Tutto è partito dalla denuncia di un medico in servizio nel reparto di neonatologia dal 1988, Giulio Strangio. Ci sono circa 1500 pagine di processo, quasi tutte documentali.

Tra le parti offese, la stessa Azienda Sanitaria diretta dall’imputato Massimo Barresi e oggi dal silente Giuseppe Spera.

Della vicenda erano stati informati gli esponenti della Giunta Regionale, compreso il presidente, nell’immediatezza dei fatti con una lettera inviata dall’avvocato del denunciante, alla quale non è mai seguita una risposta.

Della vicenda ci siamo occupati abbondantemente con le nostre inchieste sulla sanità lucana.

I dubbi nello scenario intorno alla vicenda

 Non possiamo giurare che il processo vada avanti fino a una sentenza di assoluzione o di condanna. Osservando quanto è accaduto nel frattempo ci appare fondato il timore che la faccenda vada ancora per le lunghe e che ci siano spinte interessate a vanificare gli sforzi di chi sta chiedendo giustizia.

Che cosa abbiamo osservato in questi mesi?

Sembra che nessuno abbia preso seriamente in considerazione le violazioni segnalate a più riprese dal denunciante, il quale affaticato dalle continue battaglie si è dimesso da medico dell’ospedale.

Sembra che l’Aor San Carlo, a fronte di gravi ipotesi delittuose contro l’Azienda (pubblica amministrazione) non avverta la necessità di verificare le carte processuali e di costituirsi parte civile, nonostante sia stata dichiarata parte offesa.

L’azienda è parte offesa, ma è anche responsabile civile, tenuta al risarcimento nel caso venga riconosciuta la responsabilità dei suoi funzionari. Possibile che nessuno avverta la necessità di vederci chiaro?

Ci risulta che sulla vicenda da tempo siano stati allertati il Responsabile dell’anticorruzione, il responsabile dell’Organismo interno di valutazione, i sindacati Cisl e Cgil e il Coordinamento Medici Ospedalieri, affinché assumessero una posizione sulla vicenda e magari, come nel caso dei sindacati chiedere la costituzione di parte civile. A quanto pare, tutti hanno taciuto.

Abbiamo osservato che dirigenti di enti pubblici continuano a sostenere che le nomine apicali siano fiduciarie, come se nella dirigenza degli ospedali il merito e i concorsi fossero un optional.

Abbiamo osservato il comportamento dell’Aor San Carlo nei confronti di Sergio Schettini, direttore del Dipartimento di ginecologia e ostetricia. Ricorderanno i lettori la nostra inchiesta sulla nomina dell’attuale imputata Camilla Gizzi a primario di Neonatologia.  Sergio Schettini, nel video da noi pubblicato, ammetteva sostanzialmente di aver manipolato, con la complicità della dirigenza dell’azienda, l’esito del concorso. Egli stesso ha avviato la sua carriera all’ospedale San Carlo grazie a un concorso illegittimo e a una nomina altrettanto illegittima.

Ebbene, non ci risulta che Schettini sia stato sottoposto a qualche procedimento disciplinare, anzi. A parte qualche manifestazione estemporanea di indignazione nell’immediatezza della pubblicazione della nostra inchiesta, tutto è stato messo a tacere. Come se nulla fosse accaduto.

Se a confessare la manipolazione di un concorso fosse stato un altro meno protetto e potente di Schettini, lo avrebbero immediatamente licenziato.

Gli ingranaggi del sistema

Tra un’udienza e l’altra passano mesi, anni. E così il cammino della giustizia si perde nei labirinti del suo stesso funzionamento, la cui unica uscita a volte è l’assenza di giustizia. E su questo che puntano lor signori? Forse.

Tuttavia, c’è un’altra considerazione da fare. La vicenda è chiaramente contornata da distrazioni, disinteresse, superficialità degli attori che avrebbero dovuto tutelare e difendere diritti, trasparenza, legalità. Non vorremmo che questo caso sia l’ennesima prova di come certi ingranaggi funzionino anche grazie alla debolezza o complicità di chi dovrebbe tutelare e difendere i diritti dei lavoratori e l’immagine di un’azienda. Intanto, il medico denunciante, stritolato dall’ingranaggio del “malaffare”, si è ritirato a vita privata.

Ma non possiamo negare, alla luce di quanto accaduto in questi mesi, che questa gente può contare su un clima di passività generale, forse di rassegnazione civile. Quello che è accaduto nella sanità lucana e nell’Azienda Ospedaliere San Carlo di Potenza in questi anni conferma l’esistenza di ingranaggi di potere a funzionamento autonomo, ma capaci di assemblarsi con altri meccanismi e farsi “sistema”.

Se così non è, qualcuno ce lo dica, rispondendo a due domande semplici e simboliche: perché Sergio Schettini è ancora al suo posto? Perché i “carnefici” fanno carriera e le vittime sono costrette a soffrire nel loro isolamento?