Esposti all’amianto Valbasento: “tu denunci la malattia, ma l’Inail non risponde”

Piove sul bagnato per gli ex lavoratori che si sono ammalati per essere stati a contatto con la fibra killer: "non solo il virus crea difficoltà ma anche la burocrazia"

“Solo per il riconoscimento della malattia ad una persona deceduta è un anno e mezzo che attendiamo risposte dall’Inail; tocca andarci con l’avvocato”. A mettere il dito nella piaga, nella Giornata mondiale per la Salute e la Sicurezza sul lavoro, è Mario Murgia, presidente dell’Associazione Esposti Amianto Val Basento.

Prima di tutto il Covid, il grande nemico invisibile. “Nell’ultimo anno e mezzo – spiega Murgia – non è stato possibile procedere con la Sorveglianza Attiva dei lavoratori esposti ed ammalati sul lavoro a causa dell’amianto”. E fa l’esempio di Matera dove la Pneumologia è stata occupata dai pazienti covid e dove un focolaio in Chirurgia ha portato alla moltiplicazione delle infezioni. “In queste condizioni non era possibile fare controlli, eseguire Tac a ex lavoratori già fragili”. E così, facendo riferimento all’area del Basso Basento e Collina Materana, “alcuni casi che prima erano di bassa entità si sono aggravati. Se prima erano semplici tumori, nel frattempo sono partite le metastasi”.

Piove sul bagnato. Quando l’emergenza pandemica sarà finita “solo allora si potrà verificare quanti danni ha prodotto la mancata prevenzione e cura delle patologie legate all’esposizione all’amianto sui luoghi di lavoro”. Se prima si poteva “monitorare” sia con la Medicina del lavoro, sia coi medici e con gli ospedali preposti, questo strumento da marzo 2020 è andato scemando sino a scomparire del tutto. Paura di varcare le soglie dei nosocomi, rischi concreti di contagio ed energie sanitarie tutte dirottate sul grande flagello con cui stiamo facendo i conti. Cronaca dei danni collaterali del covid. E non solo collaterali. Chi aveva malattie correlate all’asbesto, infatti, si è rivelato più fragile al virus. “Alcuni ex lavoratori che avevano seri problemi polmonari – conferma il presidente dell’Associazione esposti amianto ValBasento – sono morti proprio per il virus, che ha trovato terreno fertile su corpi già fortemente debilitati”.

L’altro “flagello”, l’Inail. Come se non bastasse il covid, c’è anche un altro grande ostacolo per questa categoria di lavoratori. Parliamo dell’Inail (Istituto nazionale Assicurazione infortuni sul lavoro). “Se negli anni l’avanzo attivo dell’Ente è cresciuto per centinaia di milioni di euro, nel frattempo è diventato sempre più difficile ottenere il riconoscimento della malattie professionali da cui scaturiscono i necessari aumenti sulle rendite assicurative e sugli assegni pensionistici”. Come dire, da un lato l’Istituto si arricchisce con le quote degli stessi lavoratori, dall’alto è sempre meno disposto a concedere attestati di ‘esposizione all’amianto’ e quindi a riconoscere la malattia professionale. Una doppia beffa per migliaia di lavoratori, che si sono ammalati e spesso, purtroppo, sono anche morti. Proprio per fare un esempio concreto, Murgia cita il caso di un operaio deceduto nell’area del Vulture-Melfese, a causa di un mesotelioma pleurico. “E’ un anno e mezzo che chiediamo all’Inail di chiudere l’iter, di rilasciare l’attestato di esposizione all’amianto, ma finora non ci hanno risposto”. E ancora: “Se mandi una mail non ti risponde nessuno, se chiami è lo stesso, ci tocca mettere in mezzo un legale. E’ vergognoso”. Ed è un tema, questo dell’Inail, che sconta ritardi e reticenze un po’ in tutta la penisola. E intanto i suoi bilanci crescono “al ritmo di una Finanziaria”, conclude, amareggiato, Mario Murgia.