L’amara delusione di Annamaria e della sua bambina: diritti negati nel momento più difficile

“Ho chiamato il Cup (Centro unico di prenotazione) per una visita del neuropsichiatra infantile a mia figlia e mi hanno detto che per quest’anno non c’è posto”

“Ho chiamato il Cup (Centro unico di prenotazione) per una visita dal neuropsichiatra infantile per la bambina e mi hanno detto che per quest’anno non c’è posto”. A parlare è una mamma lucana, del Vulture-Melfese, che non sta nei panni e denuncia un sacrosanto diritto negato ai minori.

Annamaria (nome di fantasia) sa bene come funziona la trafila perché anche il suo primo figlio per lievi disturbi dell’apprendimento ha da alcuni anni l’insegnante di sostegno. “Ogni anno – spiega – per poter ottenere delle ore di sostegno e per poter accedere ai corsi di logopedia all’Aias, è necessario un certificato rilasciato dal neuropsichiatra infantile dell’Azienda Sanitaria”. Sin qui tutto normale. In Basilicata a fornire questo tipo di visite e certificati sono “le strutture distrettuali di Potenza, Matera e Rionero”.

Ma proprio a Rionero, a quanto pare, “la figura del neuropsichiatra dell’infanzia manca da un anno e mezzo: il dottore che c’era prima era campano, poi si è trasferito e al suo posto non è arrivato nessuno”, ci dice la donna. Il perché non sia stato rimpiazzato non si comprende. Risulta addirittura imbarazzante.

Sta di fatto che le strutture Asl dei due capoluoghi, al momento, non riuscirebbero a coprire in modo adeguato questo importante servizio. Ed è qui che la donna torna, giustamente, a infuriarsi. “Anche se io volessi fare una visita privata ai miei bambini, pagando di tasca mia, non servirebbe perché è richiesto questo benedetto certificato rilasciato da struttura pubblica, Asl, e per di più bisogna rinnovarlo di anno in anno”. Per una loro incapacità, quindi, “io non posso iscrivere la piccola al corso di logopedia dell’Aias. E per quest’anno, come mi ha riferito il Centro di prenotazioni, non è possibile fare la visita richiesta; non c’è posto”. Come dire, la dislessia, come gli altri disturbi specifici dell’apprendimento, possono attendere.

“Mi metto nei panni di genitori che hanno ragazzi con disturbi anche più gravi e non mi faccio capace di questo deficit”, osserva, amara, la mamma lucana. La quale, non senza irritazione, conclude. “È assurdo. Ci si sente abbandonati proprio da chi dovrebbe tutelare la salute dei nostri figli”. E ancora: “Ritardare l’intervento di un anno, inoltre, potrebbe peggiorare i deficit nell’apprendimento e nel linguaggio, specie in un’età così delicata”.

Che dire, proprio in questa fase di pandemia, in cui si insiste sull’importanza dell’istituzione scolastica, una storia del genere svela un cortocircuito che fa male; è uno schiaffo al diritto allo studio e all’apprendimento delle categorie fragili. Fosse anche un fatto isolato, sarebbe ugualmente grave.