Basilicata. I giorni della civetta nella Sanità lucana: perché sono morti quei bambini?

Che fine ha fatto l’indagine interna sulla chiusura della Neonatologia all’ospedale San Carlo di Potenza? Quali provvedimenti disciplinari sono stati adottati nei confronti dei responsabili? Chi firmava i turni all'epoca del disastro?

È il 25 luglio 2019 quando scriviamo che “con la salute dei bambini non si scherza”. Un mese dopo, il 21 agosto, scriviamo dell’ennesimo pasticcio al dipartimento materno infantile dell’Ospedale San Carlo, terapia intensiva chiusa: “Se, disgraziatamente, dovesse nascere un bambino asfittico chi lo rianimerebbe?” Nello stesso mese muore un neonato. Il piccolo sarebbe deceduto, il giorno dopo la nascita, per asfissia perinatale.

Insomma, in quelle settimane, preoccupa quanto accade nei reparti Ostetricia-Ginecologia-Neonatologia, e non lesiniamo denunce sul nostro giornale. Il 12 settembre 2019 siamo costretti a scrivere di “un altro neonato morto all’ospedale san Carlo”. Una sequenza di articoli-denuncia inquietante. La neonata era morta l’11 settembre. Nel gennaio 2019 era deceduto un altro neonato. Il decesso del bambino avvenuto l’11 settembre chiama certamente in causa la situazione interna al reparto di Neonatologia. Ci sarà una denuncia contro ignoti, ci saranno delle indagini, ci sarà una richiesta di archiviazione poi respinta dal Gip nel febbraio scorso. L’avvocato della famiglia del bambino, Vito Carella, scriverà una nota che fa riflettere:

“Ritenersi contenti per il rigetto, da parte del gip, della richiesta di archiviazione sarebbe eccessivo: è morta una bambina e questo è un fatto che nessun provvedimento giudiziario potrà cambiare. Sono soddisfatto, al momento, perché non si lascia definitivamente una madre a confrontarsi con dubbi irrisolti. Dubbi che riempiono anche la mia mente e la cui soluzione potrebbe fare della vicenda di Clelia (il nome è di fantasia) un monito per l’intera collettività. Mi chiedo, ad esempio, cosa sarebbe accaduto se – a pochi giorni dal parto – la madre della bimba, giunta in pronto soccorso al San Carlo per una minaccia di parto pretermine, non fosse stata costretta a trasferirsi in un ospedale di altra regione a causa della chiusura del reparto di terapia intensiva neonatale. Mi chiedo, in altri termini, se questa chiusura abbia avuto un ruolo causale nella vicenda. Se così accerterà la magistratura, questo potrebbe servirci a comprendere che quanto, due estati fa, è sembrato essere una “bega” interna a un reparto ospedaliero, è stato invece un episodio che ha propagato i propri effetti ben oltre i muri della struttura materno-infantile. Di ciò, allora, dovrebbero assumersi la responsabilità – morale, oltre che giuridica – i dirigenti di quella struttura, per non aver saputo evitare quella chiusura e, insieme a loro, quelli che li hanno scelti. Perché dirigere significa non solo tagliare nastri, ma anche e soprattutto “rispondere”. Perché i ghiacciai che sono sulla cima delle montagne che vediamo in lontananza – come diceva un mio professore ai tempi dell’università, per spiegarci che spesso le cause di una vicenda vanno cercate lontano – sono l’acqua che beviamo tutti i giorni.” 

La sequenza inquietante

25 luglio 2019, scriviamo. “È cronaca di questi giorni la situazione critica nel reparto di Neonatologia all’ospedale di Potenza. Pochi medici sottoposti a turni massacranti, a rischio tutti i servizi del reparto. L’avviso di mobilità del 21 febbraio 2019 è andato deserto. A marzo è stata richiesta graduatoria per disciplina di neonatologia all’Azienda ospedaliera Santobono di Napoli, che dopo diversi solleciti ha inviato il 5 giugno la graduatoria con 64 idonei, ma nessuno ha accettato. Nessun riscontro ha avuto la richiesta, a maggio, della graduatoria di neonatologia all’Azienda Ospedaliera Rummo di Benevento. Da ultimo, dopo diversi tentativi per reclutare camici bianchi, il San Carlo potrebbe contare sulla collaborazione dell’Azienda Universitaria Federico II di Napoli. A disposizione medici specialisti a 120 euro l’ora più rimborsi. Tranquilli, paghiamo noi cittadini.”

21 agosto 2019, scriviamo. “Le prèfiche (in senso figurato) che stiamo ascoltando in queste ore certificano ancora una volta l’ennesimo pasticcio nella sanità lucana. La chiusura, temporanea, della Terapia intensiva della Neonatologia all’ospedale San Carlo, per cui oggi tutti si stracciano le vesti, era annunciata da tempo. Il servizio momentaneamente sospeso per assenza di medici. Dei sette in servizio 6 sono in malattia. I piccoli pazienti sono stati già trasferiti fuori regione con gravi disagi per le famiglie e costi per la sanità lucana. I genitori dei piccoli ricoverati, giustamente, sono preoccupati. Ma come si è arrivati a questo?”

Come si è arrivati a tutto questo?

Se i reparti vengono gestiti come proprietà privata, se le regole e le leggi vengono costantemente violate, se le faccende personali prendono il sopravvento sull’interesse pubblico e sulla tutela della salute dei cittadini, situazioni come quella della Neonatologia sono inevitabili. E allora è opportuno fare un salto indietro nel tempo prima di porre alcune domande agli ex e agli attuali responsabili della sanità lucana. Perché, come abbiamo già scritto, fare le vittime come se la responsabilità fosse da addebitare alla malasorte, non risolve i problemi.

Le porte girevoli della sanità lucana

Nel gennaio 2016 prende servizio, vincitrice del concorso (manipolato), il direttore della Neonatologia dottoressa Camilla Gizzi proveniente dal Fatebenefratelli di Roma. La dottoressa si mette in aspettativa nell’ospedale romano. Come previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro e dal decreto legislativo 502/92, l’aspettativa ha durata di sei mesi prorogabile per altri sei mesi. Ma, a quanto pare, l’aspettativa della Gizzi dura 3 anni, ossia tre volte il tempo massimo concesso dalla legge. In questi tre anni il direttore risulta ancora in forza al Fatebenefratelli. Tant’è che quando, nel gennaio 2019, Camilla Gizzi lascia il San Carlo di Potenza, torna tranquillamente nell’ospedale romano di provenienza dopo che lo stesso ospedale le ha intimato il rientro. Perché Camilla Gizzi per tre anni, illegittimamente, ha il piede in due scarpe, una a Potenza l’altra a Roma? Perché dedica al San Carlo 3-4 giorni a settimana? E come funzionava il reparto in quel periodo? La responsabile delle risorse umane del San Carlo, Patrizia Vinci, non si è accorta di questa anomala situazione? Camilla Gizzi si dimette il 16 gennaio 2019 “per le vie brevi”. Quando mai in una pubblica amministrazione si va e si viene a piacimento e ci si dimette oralmente?

Le norme disattese

Nel 2017 Camilla Gizzi decide che il suo vicario debba essere la dottoressa Simona Pesce, compagna di Sergio Schettini direttore del dipartimento materno-infantile,  anche per l’anno 2018. I vertici aziendali ne deliberano la nomina. Sulla base di quale procedura? Un altro medico che avrebbe i titoli per svolgere la funzione vicariale ricorre al Tribunale denunciando la violazione delle procedure di selezione. La scelta del vicario avrebbe dovuto effettuarsi seguendo le norme del contratto collettivo nazionale di lavoro e del regolamento interno del San Carlo in cui è prevista una comparazione curricolare. Di quella comparazione non sembra esserci traccia.

Nella “disgraziata” ipotesi avessero comparato i curricula di Simona Pesce e del medico in questione, in base ai criteri di attribuzione dei punteggi stabiliti dal regolamento, l’esito della valutazione sarebbe stata palesemente favorevole a quest’ultimo: Simona Pesce 3,850, l’altro medico 16,17.

Come vedremo, non c’è stata alcuna comparazione. Intanto scopriamo che tra i criteri a base della designazione a vicario di Simona Pesce da parte di Camilla Gizzi c’è il risentimento personale nei confronti dell’altro medico. Infatti, è la stessa Gizzi a scrivere, tra le motivazioni che hanno fondato la scelta, che “il dott. (…), con parole di disprezzo che ancora mi feriscono, ha chiaramente espresso in vostra presenza (medici del reparto) la sua opinione sul mio operato”. Quel medico che lavora da molti anni al San Carlo, ci dicono fonti interne, avrebbe sollevato in più occasioni critiche sulla gestione del reparto con l’intenzione di suggerire soluzioni per migliorarne il funzionamento.

Il Tribunale bacchetta pesantemente l’Azienda San Carlo

L’8 ottobre 2018 il Tribunale di Potenza, emana l’ordinanza che chiude il giudizio cautelare intrapreso dal medico ricorrente finalizzato ad ottenere l’annullamento, sotto il profilo civilistico, degli atti di nomina di Simona Pesce alla funzione vicaria del reparto di Neonatologia. In sostanza il Tribunale rileva gravissime illegittimità che si concretizzano nella violazione della disciplina in materia e evidenzia che i motivi di tale condotta sono riconducibili a “un distorto esercizio della scelta datoriale”. Il Tribunale sancisce, tra l’altro, che non vi è stata alcuna comparazione di curriculum e ordina all’Azienda ospedaliera di procedere a una nuova valutazione curricolare per la scelta del vicario del reparto per gli ultimi mesi del 2018 (ormai il 2017 era andato e il 2018 era agli sgoccioli).

E chi se ne frega del Tribunale

Nonostante l’ordinanza del Tribunale, l’Azienda ospedaliera, con delibera n. 1188 del 22 ottobre 2018, dichiara di non essere d’accordo col giudice e conferma l’incarico di vicario alla dottoressa Pesce. Intanto c’è il problema della nomina del vicario per il 2019. Camilla Gizzi che fa? Designa nuovamente Simona Pesce. Sostenendo questa volta che la scelta è stata effettuata sulla base della comparazione dei curricula della medesima Simona Pesce e di un altro medico “essendo pervenuti alla sottoscritta al 31 dicembre 2018 i soli curriculum dei due”. E il curriculum del medico che aveva fatto ricorso al Tribunale denunciando l’illegittimità della precedente nomina della Pesce che fine ha fatto? Eppure, è stato consegnato sia alla dottoressa Gizzi sia alla direzione sanitaria il 20 dicembre. “Sì è vero – ammette la direzione sanitaria – ma si è perso”, per causa di un non meglio precisato disservizio interno. È il 16 gennaio 2019, stessa data delle dimissioni di Camilla Gizzi. E così la direzione sanitaria si impegna a rifare la procedura, includendo nelle operazioni da svolgere la omessa valutazione del curriculum del medico in questione. Ma a che cosa serve? Intanto, chi dovrebbe procedere alla comparazione, ossia il direttore della struttura Camilla Gizzi, non c’è più dal giorno stesso, 16 gennaio, in cui la direzione sanitaria, ammettendo l’omissione, ha comunicato l’intenzione di rifare la comparazione. Eppure, l’Azienda sapeva delle dimissioni della dottoressa Gizzi, e allora perché ha assunto un impegno, imposto per legge, che non avrebbe potuto mantenere?

Le soluzioni “creative” della direzione aziendale

Il reparto finisce così per non avere il direttore, dimesso e rientrato a Roma, né il vicario. Insomma si crea un vuoto e una apparente, forse preconfezionata, situazione di emergenza. E allora che si fa? Niente, si attribuisce la responsabilità di direttore della Neonatologia al dottor Nicola Di Lascio, contemporaneamente direttore della Pediatria all’ospedale di Lagonegro e vice capo dipartimento materno-infantile. È l’8 febbraio 2019, e la delibera è la n.134/2019 pubblicata nell’albo pretorio aziendale. Ma che modi sono questi? Ancora una volta è violato il regolamento che stabilisce un concorso interno, ancora una volta violata la legge. Bisognava rendere pubblica la vacanza del posto, bisognava seguire le procedure del contratto, del regolamento e delle norme, in particolare l’articolo 19 comma 1bis del decreto legislativo 165/2001. E poi, Pediatria e Neonatologia non sono la stessa cosa e la Terapia intensiva a Neonatologia è roba molto seria. Come fa il medico di Lagonegro a svolgere contemporaneamente le due funzioni così delicate? Quante volte quel medico è a Potenza per svolgere la funzione? La verità, probabilmente, è che il direttore, nei fatti, lo fa Simona Pesce.

Tra il 18 e il 19 febbraio i dirigenti dell’Azienda, in primis Massimo Barresi, ricevono un dettagliato invito ad annullare in autotutela la delibera 134. I dirigenti, in risposta all’invito, firmano tutti e quattro – Vinci, Berardi, Picerno e Barresi, una lettera in cui a parte i soliti zig zag burocratici affermano che: “La deliberazione del direttore generale n. 134/2019 si configura non come conferimento di incarico di sostituzione ma come un ampliamento, se pure temporaneo, delle responsabilità del Direttore di struttura complessa…” Ampliamento delle responsabilità! Che cos’è questa novità? È una nuova fattispecie contrattuale? Lo prevede una norma? È scritto nell’atto aziendale? Macché! Semplicemente è un gioco di prestigio.

Il concorso per direttore di Neonatologia

Tuttavia, l’allora direttore generale dell’Azienda, Massimo Barresi, pochi giorni dopo il suo arrivo al San Carlo, decide, con delibera n. 91 del 25 gennaio 2019, di indire un avviso pubblico per la copertura dell’incarico di direttore di Neonatologia.  Tra gli ammessi, in tutto cinque, Simona Pesce.  La convocazione del colloquio, salvo ulteriore rinvio, è fissata il 31 luglio successivo. E siamo alle solite.  La delibera di indizione del concorso è stata impugnata. Le ragioni dell’impugnativa sono evidenti. Perché fai un concorso quando c’è già una graduatoria ancora valida di una selezione già espletata nel 2015, quella nella quale la dottoressa Gizzi si è classificata prima( e sappiamo come) e l’altro medico, dottor Strangio, secondo? Quella graduatoria era, alla data del 16 gennaio 2019 (data della risoluzione del rapporto tra l’AOR e la Gizzi) ancora  efficace.

Alla richiesta di revoca del bando, con invito ad utilizzare le procedure corrette, il direttore generale dell’Azienda San Carlo, Massimo Barresi, risponde sostanzialmente con un “possiamo chiamare chi vogliamo”. La vicenda è stata sottoposta al vaglio della magistratura. Intanto il concorso si è fatto e si è giunti alla nomina del nuovo direttore della Neonatologia.

Molti dei protagonisti di questa storia sono stati imputati di falso e abuso d’ufficio. L’udienza preliminare è fissata per giugno 2021.

E torniamo all’agosto 2019

Dicevamo della chiusura, seppure temporanea, della Terapia intensiva di neonatologia. Per affrontare il problema viene chiamato in servizio a Potenza, il primario della pediatria di Melfi, Saverio De Marca. E il facente funzioni, Nicola Di Lascio che fine ha fatto? E il nuovo primario che fine ha fatto? Insomma, un pasticcio in piena regola. Per inciso Saverio De Marca era in forze alla Neonatologia del San Carlo, ma viene dislocato a Melfi come primario di Pediatria. Alla faccia dei problemi e delle urgenze alla Neonatologia di Potenza.

La Commissione d’inchiesta

In seguito a quei pasticci la Regione il 21 agosto 2019 diffonde un comunicato che, alla luce di quanto abbiamo rivelato, fa rabbrividire:

Il presidente Vito Bardi e l’assessore alla sanità Rocco Leone comunicano che “a seguito di improvvise e improvvide malattie che hanno costretto a letto sei dei sette medici attualmente in carico al reparto e uno a casa per infortunio, il reparto si è trovato totalmente privo di personale medico. Per evitare problemi ai piccoli pazienti la Direzione sanitaria unitamente al Consiglio medico ha deciso la sospensione temporanea di ogni attività trasferendo i piccoli in strutture adeguate. Questo al fine di tutelare la salute dei piccoli degenti. Nel frattempo sono state avviate misure a supporto delle famiglie per alleviare i disagi. È del tutto evidente che questa serie concatenata di eventi, imprevisti ed imprevedibili, che non ricadono nella diretta responsabilità di chi dirige l’ospedale San Carlo ha prodotto questo breve momento di crisi. C’è da dire che nel corso di questo anno la Direzione ospedaliera dell’Aor San Carlo ha fatto quanto in suo potere per eliminare la carenza di medici neonatologi che sono una branca altamente specialistica nell’ambito del reparto. Il 15 settembre prossimo venturo il reparto sarà nella sua piena funzionalità. Allo stato sono state poste in essere tutte le misure per fare superare ai piccoli pazienti e alle loro famiglie questo disagio. Il Dipartimento regionale alla Sanità ha avviato immediatamente su indicazione del presidente Bardi una commissione di inchiesta interna per verificare tutti gli aspetti di questa vicenda.”

Eventi imprevisti e imprevedibili? Ma per favore. Tutelare la salute dei piccoli degenti? Abbiamo visto. Commissione d’inchiesta? In questa regione quando non si è capaci di anticipare i problemi e di risolverli si fanno le Commissioni d’inchiesta, tanto per menare il can per l’aia delle responsabilità che, naturalmente, non sono mai di qualcuno. Ci risulta che la Giunta Bardi fosse stata allertata su quanto accadeva nel reparto già nei mesi precedenti.

Possiamo dire che le responsabilità del disastro risiedono nella politica con il suo potere sulle nomine, risiedono in chi dirige il dipartimento Materno-Infantile del San Carlo da anni? Possiamo dire che certe decisioni, certi giochi di interesse possono provocare anche la morte di un bambino? Possiamo dirlo: “Perché i ghiacciai che sono sulla cima delle montagne che vediamo in lontananza sono l’acqua che beviamo tutti i giorni.”

Le domande di oggi 14 maggio 2021

Caro Bardi, quando ufficializzerete le conclusioni di quell’indagine interna sulla chiusura estiva del reparto di Neonatologia? Chi ha firmato all’epoca i turni, Pesce o Di Lascio? Chi ha causato quel disastro? Quali provvedimenti disciplinari sono stati adottati? Le assenze dei medici, il fuggi fuggi, da che cosa sono stati provocati, dal clima interno al reparto o da altre cause? Perché si è permesso che accadesse tutto questo?