Mafia: la Basilicata può morire di chiacchiere e di ipocrisie

Chi deve farsi perdonare per quanto sta accadendo nel Metapontino? Chi lo dovrà fare per quanto sta accadendo nelle terre del petrolio?

Ogni volta che la DDA di Potenza mette a segno un’operazione contro la criminalità organizzata, tutti riprendono dal cassetto gli appunti della volta precedente, per dire le stesse cose. Scopriamo che la criminalità esiste, che la mafia esiste, che c’è bisogno di presidi di legalità, che occorre uno sforzo della società civile, bla bla bla. Esponenti delle istituzioni, della politica, del sindacato, bla bla bla. In questi giorni la questione ammiraglia è l’istituzione della Direzione Investigativa Antimafia in Basilicata. Certamente serve per combattere la Mafia, ma non risolve granché sul fronte della mafiosità in un territorio che non conosce se stesso e ignora volutamente i suoi mali.

È vero quello che dice il procuratore Francesco Curcio: “lo Stato nel Metapontino deve farsi perdonare”. Il che vorrebbe dire che per troppi anni qualcuno ha sottovalutato i fenomeni. Noi aggiungiamo che per troppi anni qualcuno i fenomeni li ha ignorati e forse anche consapevolmente. Per troppi anni qualcuno, dalle parti di quello Stato che dovrebbe farsi perdonare, ha intimidito coloro che osavano parlare di mafia nel Metapontino additandoli come allarmisti e complottisti.

Ebbene, la domanda è quale Stato deve farsi perdonare? Chi nelle istituzioni rappresentative deve farsi perdonare? Troppo facile richiamare le responsabilità di un generico Stato. Diciamolo, si tratta di magistrati e uomini delle forze dell’ordine, si tratta di politici e imprenditori, i quali tutti dovrebbero chiedere scusa. Per farsi perdonare vittime, attentati, radicamento sociale delle organizzazioni mafiose, sviluppo delle start up negli affari criminali dello spaccio, delle estorsioni e del riciclaggio, occorre che taluni magistrati e politici chiedano scusa. Certo, il procuratore non può spingersi oltre quelle parole, ma noi giornalisti sì, possiamo, anzi dobbiamo. Tutta quella gente deve chiedere scusa. E molta di quella gente che dovrebbe chiedere scusa è ancora in piena attività.

Tornando alla faccenda della retorica e dell’ipocrisia generale dobbiamo ammettere che, nonostante le chiacchiere, la situazione è peggiorata. E dunque le chiacchiere non servono.

Noi abbiamo proposto una soluzione per evitare che la mafiosità che circonda l’economia locale nelle aree di estrazione petrolifera, dilaghi nei prossimi anni fino a determinare fenomeni peggiori e irreversibili. I chiacchieroni in questo caso sono rimasti in silenzio. Perché quando c’è da fare qualcosa di concreto, quella gente, si nasconde, fa finta di non sentire e di non vedere.

Quando accadrà il peggio nella valle del Sauro e nella val d’Agri, non sarà lo Stato che dovrà farsi perdonare, ma la politica, i sindacati, Confindustria, i petrolieri e tutte le corporazioni economiche che non vedono i serpenti dell’illegalità che strisciano nell’ombra del mercato locale del lavoro e degli appalti. Non vorremmo che tra i chiacchieroni ci siano anche allevatori di serpenti.