La guerra dei maiali: “quella porcilaia non si deve fare”

Aziende di prestigio dell’agro-alimentare lucano rischiano un colpo mortale. La strana storia di un impianto industriale che appare agricolo in una zona artigianale

Siamo a Stigliano (Matera), contrada Acinello incuriositi dall’azienda Albano che vorrebbe avviare un allevamento intensivo di 4mila suini, con tutti gli annessi e connessi: un impianto industriale in piena regola, anche se negli atti ufficiali si scrive che i capi allevati saranno 3998. “Un impatto devastante – dicono alcuni imprenditori – in una zona artigianale in cui sono insediate piccole unità produttive tra le quali aziende agro-alimentari anche biologiche che danno lustro nel mondo alla Basilicata: olio pregiato, pasta di altissima qualità, formaggi ricercati anche sui mercati esteri.” Ma è questo il motivo per cui quella porcilaia sarebbe dannosa? Non proprio, ci sarebbe dell’altro. Andiamo a vedere.

Ci incuriosiscono un esposto alla Guardia di Finanza presentato da alcuni imprenditori della zona e un ricorso al Tar firmato dagli stessi imprenditori. Uno di loro, da noi contattato, ha poi aggiunto ulteriori elementi a questa storia. Le contestazioni contenute nell’esposto nel ricorso al Tar riguardano quasi tutte i permessi rilasciati dal Comune di Stigliano e le contraddizioni emerse nella documentazione presentata dall’impresa individuale Albano nel corso delle procedure per le autorizzazioni del caso.

Il Comune di Stigliano sulla base della documentazione e – secondo i ricorrenti – “con una certa superficialità, rilascia autorizzazioni e permessi ampiamente contestabili.”

Una vicenda intricata

C’è dunque un esposto alla Guardia di Finanza che qui alleghiamo per chi volesse leggerlo e approfondire anche nei dettagli la vicenda, e c’è un ricorso al Tar, anche questo allegato qui. Per quanto riguarda l’esposto alle Fiamme Gialle, presentato, nel dicembre 2020, sembra sia in corso un’indagine della Procura della Repubblica di Matera. Per quanto riguarda il ricorso al Tribunale Amministrativo, presentata nel dicembre 2020, il Tar si è espresso con una sentenza del 13 gennaio 2021 che qui alleghiamo per completezza di informazione. La sentenza respinge le richieste dei ricorrenti. Tra i motivi del rigetto il fatto che “l’attività produttiva cui sono ricondotti i danni, temuti non è in corso di svolgimento, né risulta ancora autorizzata”. Vale a dire che “per il momento non esiste pericolo perché la futura azienda non è ancora in produzione”. Non siamo giuristi, ma ci pare strano che in Italia valga il principio per cui, “prima ti faccio costruire, nonostante le carenze e le contraddizioni nella documentazione per le autorizzazioni, e poi fatta l’opera verifichiamo se è o non è dannosa”.

Le richieste alle autorità 

La vicenda può essere sintetizzata attraverso le richieste di sequestro preventivo inoltrata con l’esposto alla Guardia di Finanza. I firmatari dell’esposto nel dicembre 2020 precisano che:

“E’ stata autorizzata, senza VIA (valutazione di ambientale)  né AUA (autorizzazione unica ambientale), la realizzazione di un allevamento industriale intensivo di suini pesanti da ingrasso, con presenza annua di 3.998 maiali, su area agricola confinante con la Zona PIP di Contrada Acinello in Stigliano, con localizzazione di due enormi stalle a 12 metri, si ripete 12 metri, dal confine della Zona Pip dove sono localizzate le attività artigianali dei ricorrenti: tanto, in lampante violazione delle previsioni di legge che prevedono che  le industrie insalubri di prima classe, quali incontestabilmente sono gli allevamenti intensivi di animali, “devono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni. Quanto meno, sarebbe stato opportuna una verifica preliminare di assoggettabilità alla VIA.”

“L’effettiva realizzazione di tale allevamento industriale, con due vasche di smaltimento di liquami da migliaia di metri cubi e spandimento sui terreni limitrofi asserviti all’improvvida iniziativa, determinerebbe – oltre che un grave rischio per la salute di coloro che, titolari, dipendenti e clienti, vivono quotidianamente le attività insediate nella zona Pip – la “morte” certa delle attività dei ricorrenti e, più in generale, di tutta la zona Pip di C.da Acinello all’interno della quale sono stati già realizzati e potranno ancora esserlo, oltre ai capannoni produttivi, anche le abitazioni degli artigiani e gli alloggi per i custodi.”

“Ripetuti inviti alla ponderazione ed al rispetto della vigente normativa ad opera dei Dipartimenti di Prevenzione Collettiva della Salute Umana e di Prevenzione della Sanità e del Benessere Animale dell’ASL di Matera non hanno sortito alcun effetto. “Soccidanti del Nord Italia, per il tramite di soccidari locali, investono in attività che in altre regioni, in pari condizioni, non sarebbero mai state autorizzate: il tutto, a discapito del nostro territorio, della nostra salute e dei coraggiosi operatori che combattono quotidianamente la loro personale battaglia per tenere in piedi le poche attività economiche che con enormi difficoltà riescono a sopravvivere nel nostro entroterra.” (Pareri Asm)

“L’intervento di costruzione delle due stalle è da poco iniziato ma procede alacremente pur in assenza di un efficace nulla osta sanitario e pur non avendo la ditta Albano ottemperato alle prescrizioni espressamente imposte dall’ASL (“…preliminarmente all’avvio dei lavori”).”

“Solo un blocco delle attività eviterebbe il perpetrarsi di una situazione in riferimento alla quale il Dipartimento di Prevenzione Collettiva della Salute Umana ed il Dipartimento di Prevenzione della Sanità e del Benessere Animale dell’Azienda Sanitaria Locale di Matera, il 27 novembre 2020, hanno ribadito “ancora una volta che in mancanza del puntuale e corretto assolvimento di tutto quanto prescritto da questa azienda con le note innanzi richiamate, il parere preliminare espresso il 29 settembre 2020 risulta privo di ogni efficacia in quanto risultano non ancora compiutamente garantiti e rispettati i parametri e le norme disposte a tutela dell’igiene e della Sanità Pubblica e del Benessere Animale” Trattasi di lavori da poco iniziati, che non avrebbero mai dovuto iniziare e che procedono senza autorizzazione sanitaria! Come già accertato dalla Polizia Municipale e dalla Comunità Montana, sono inoltre in corso l’occupazione non autorizzata ed il danneggiamento di parte della strada del PIP di Acinello attraverso la quale si sta accedendo senza permesso alla porcilaia in costruzione. “

A che punto è la faccenda?

Dopo la sentenza del Tar sono ripresi i lavori della porcilaia, ormai quasi conclusi. Intanto, pare che la Procura di Matera stia indagando. Tuttavia ci sono altri elementi che si inseriscono nella vicenda e che ci obbligano a fare alcune domande. Da dove preleverà l’acqua per l’impianto industriale la ditta Albano? Sarà utilizzato un contatore a destinazione domestica e agricola, per uso industriale? Trattandosi di territorio a caratterizzazione biologica, dove saranno scaricati i liquami? È vero che qualcuno semina su terreni destinati ad uso artigianale? E se così fosse, quel grano dove andrebbe a finire? È vero che esiste uno “Studio di Fattibilità Ampliamento” depositato dalla ditta Albano per ottenere un finanziamento Ismea (contributo a f.p. + mutuo agevolato) su terreni destinati ad agricoltura biologica e che per questo non sarebbe possibile disperdere liquami sui quei terreni? E se il finanziamento fosse già stato ottenuto, come sarà possibile, eventualmente, giustificare la dispersione dei liquami sugli stessi terreni interessati dall’Ismea? Per carità, tecnicamente potrebbe esserci tante soluzioni, ma ci piacerebbe conoscerne qualcuna.

Una curiosità. Un imprenditore della zona ci dice che c’è un parlamentare oltre ai tanti impegni istituzionali, si darebbe molto da fare per aiutare gli agricoltori lucani fornendo loro informazioni e suggerimenti sui bandi, anche Ismea, a livello nazionale ed europeo, che rappresentano delle opportunità da cogliere per lo sviluppo dell’agricoltura. Se è vero, a questo parlamentare andrebbe riconosciuto pubblicamente il merito per l’impegno concreto a sostegno del territorio. Ma non possiamo farlo perché l’imprenditore non ha voluto dirci il nome. Ha però aggiunto che parlamentari come lui potrebbero aiutare gli imprenditori del luogo a sbrogliare certe matasse che finiscono in tribunale e che con semplici riforme normative, anche a livello regionale, si potrebbero evitare. Chissà.