Del mio mal superbo, una cantata scenica per Isabella Morra

La poetessa lucana celebrata dall'ensemble Florilegium Vocis in varie località del Sud

S’intitola «Del mio mal superbo», dal nome di un componimento di Isabella Morra, la cantata scenica in due parti con la quale l’ensemble pugliese Florilegium Vocis diretto da Sabino Manzo celebra in varie località del Meridione la poetessa lucana del Cinquecento rivalutata da Benedetto Croce. È lei il personaggio al centro del progetto «Apulian Mistery» vincitore del bando Puglia Sounds Tour Italia 2020/2021 con cui la cantata viene presentata venerdì 9 luglio (ore 20) nel chiostro del Convento di San Francesco, a Irsina, e il 10 luglio (ore 20) nel chiostro della Chiesa di San Rocco, a Matera.

Lo spettacolo è impreziosito dall’esecuzione dei madrigali del barese Pomponio Nenna, ma anche di Gesualdo da Venosa e Claudio Monteverdi, musiche finalizzate a ricreare il clima in cui visse la sfortunata letterata, uccisa dai tre fratelli perché sospettata di avere una relazione con un uomo sposato, il nobile (anche lui poeta) Diego Sandoval de Castro. Lo spettacolo prevede un adattamento teatrale dal dramma «Isabella Morra» dello scrittore francese Andrè Pieyre de Mandiargues firmato da Nicolò Marzocca, che cura anche la regia, con il Florilegium Vocis affiancato da Fabio Armenise all’arciliuto, dall’attore Giordano Cozzoli e dalla ballerina Simona Lattanzi. Importante la collaborazione dei Figuranti di San Nicola di Bari, cui si devono gli abiti di scena.

Il progetto s’intitola «Apulian Mystery» perché è in Puglia che nasce l’incontro tra la magia della musica e il racconto, il fantastico e il realismo di storie dimenticate, come quella di Isabella Morra, rimasta nell’oblio per quattrocento anni. Una poetessa dalla vita breve, spezzata dai suoi stessi fratelli.

Isabella nasce probabilmente nel 1520, figlia del feudatario di Valsinni (allora la poverissima Favale), il nobile napoletano Gian Michele di Morra, egli stesso umanista e poeta di origini normanne, schierato con i francesi per il possesso del Regno di Napoli contro gli spagnoli di Carlo V. Ma l’esito della guerra, con i francesi sconfitti, costringe Gian Michele all’esilio a Parigi con uno dei figli, mentre Isabella, rimasta a Valsinni con la madre e gli altri fratelli, vive una vita di solitudine nel castello di famiglia ricevendo, però, una solida educazione letteraria. Ed è proprio con la complicità del suo precettore che stringe una relazione (forse solo epistolare) con Diego Sandoval de Castro, governatore di Cosenza con un possedimento nel feudo di Bollita (oggi Nova Siri). Anche lui poeta, nel 1542 ha pubblicato un volume di rime di Petrarca, autore caro a Isabella. Ed è probabilmente nel segno dello scrittore aretino che tra i due scocca immediatamente l’intesa. Leggenda vuole che la relazione amorosa sia all’origine dell’assassinio di lei, ma non è escluso che la vera causa debba farsi risalire ad un altro tipo di intesa. Tra Isabella e don Diego ci sarebbe, infatti, un accordo per l’occupazione armata del feudo di Favale. Un tradimento punito dai fratelli di lei con il sangue. Ma, tra leggenda e realtà, le ragioni vere rimangono un mistero, mentre da un secolo non è più un segreto l’arte poetica di Isabella, dimenticata per secoli e riscoperta agli inizi del Novecento dal linguista Angelo de Gubernatis, che la paragona a Saffo e ne fa un emblema di donna vittima di violenza domestica. È lui a segnalare a Benedetto Croce non solo la vicenda umana della poetessa triste, ma soprattutto l’altezza della sua produzione letteraria, caratterizzata da quella vena tetra e da quella carica drammatica perfettamente corrispondenti al suo vissuto quotidiano.