Il pattificio lucanico nella Basilicata logorroica

Parlano, parlano, parlano. Sono sempre in sella, magari cambiando cavallo e finimenti, e qualcuno ha anche sistemato mogli, mariti, amanti, affini e collaterali

Patto per il rilancio, patto per lo sviluppo, patto per la crescita, patto per il lavoro, patto per la legalità, e possiamo continuare così per tutto l’ultimo ventennio almeno. Tanti patti tra istituzioni, sindacati, industriali, governo, enti locali e mai nessuno che dica che fine abbiano fatto quelle belle parole illustrate ogni volta in pompa magna in saloni affollati da giacche e cravatte. Mai nessuno che abbia dato conto del percorso e dei risultati. Sembra che quelle firme siano state messe sulla sabbia.

Un po’ di visibilità, vecchie chiacchiere vestite a nuovo, qualche slide ad effetto e la paccottiglia è servita. Ma non basta. Ci hanno propinato anche i tavoli. Tavolo per l’occupazione, tavolo per l’agricoltura, tavolo per la ricerca e l’innovazione, e così via. Patti per primo e tavoli per secondo. Ma non basta. Ci hanno inondato di protocolli d’intesa di ogni specie. E che dire degli accordi di collaborazione? Gli accordi restano e la collaborazione scompare.

A sedersi dal lato dei protagonisti, specie nell’ultimo decennio, sempre le stesse persone, che con una faccia tosta specializzata, continuano ancora a sfornare patti. Siamo diventati un pattificio.

Intorno a loro esperti dell’ultima ora ben foraggiati per mezza giornata di lezione su dati, metodologie, strategie. Presidenti di qua e di là, direttori di sopra e di sotto pronti all’orgasmo logorroico davanti a una platea di bocche aperte. Esercizi retorici per mostrare i muscoli del cervello agli astanti annoiati che non vedono l’ora di esercitarsi a loro volta.

Ogni volta è la prima volta. Dieci anni fa si trattava di un “Patto storico, che segna la svolta, che finalmente risolverà l’annosa questione”. E dieci anni dopo di nuovo un Patto storico, che segna la svolta che finalmente risolverà l’annosa questione. Il Patto cambia il nome, loro non cambiano mai. Tra un decennio e l’altro, tra un anno e l’altro, non si sa mai che fine abbiano fatto la svolta e l’annosa questione. Anzi, la svolta ha sempre il passo del gambero e la questione è sempre più annosa.

E mentre loro “patteggiano” la Basilicata va in malora. Certo, non manca la volontà di provare a fare qualcosa di buono. Non manca l’onestà intellettuale di agire per il bene collettivo, per l’interesse generale. Fatto sta che alcuni protagonisti dei patti e dei tavoli e dei protocolli sono sempre in sella, magari cambiando cavallo e finimenti, e qualcuno ha anche sistemato mogli, mariti, amanti, affini e collaterali. Ma la Basilicata non è ancora sistemata, se non per le feste.

(Già pubblicato, il 20 febbraio 2020, ma nulla è cambiato)