La Basilicata fra lo sviluppo mancato e la transizione necessaria

"Qualcuno ha scritto che l’ecologia senza lotta di classe è giardinaggio. In Basilicata oltre all’assenza storica di un modello di sviluppo e di una dimensione sociale della giustizia, è venuta meno anche l’idea di ecologismo stesso"

Dal Report di Banca D’Italia sull’economia della Basilicata uscito il 23 giugno 2021, emerge come il valore della produzione è calato nel 2020 a causa della forte contrazione dei corsi petroliferi innescata dalla crisi pandemica e riassorbita solo a inizio 2021 mentre, in termini di quantità estratte, la produzione di petrolio greggio è invece aumentata del 36,5 per cento circa rispetto all’anno precedente. Nei primi quattro mesi del 2021, la produzione ha continuato a crescere ulteriormente. Tutto questo a fronte di un dato specifico che lascia perplessi: le royalties sono diminuite nel 2020 del 10,1 per cento, portandosi a circa 110 milioni di euro. A causa degli andamenti del mercato, le royalties dovrebbero registrare un’ulteriore diminuzione a circa 97 milioni di euro nel 2021 secondo Banca D’Italia. A questo si aggiungono i bassi livelli di compensazione ambientale risalenti all’accordo Tempa Rossa del febbraio 2020 stretto con Total, Shell e Mitsui, titolari della concessione “Gorgoglione”, in base al quale le compagnie si impegnavano a erogare alcuni contributi all’ente regionale ed a effettuare investimenti sul territorio. Questi trasferimenti, che sono aggiuntivi rispetto alle royalties, possono essere suddivisi in una parte variabile, il cui valore dipende dalla quantità prodotta e dal prezzo, e in una parte fissa. La parte fissa ammonta a circa 340 milioni di euro, distribuiti su venticinque anni (in media circa 14 milioni all’anno, pari allo 0,09 per cento del PIL regionale) ma che hanno prodotto poco o nulla: marciapiedi, strade e qualche evento pubblico. E le infrastrutture sociali?

Circa 33 milioni sono destinati ad una rete di monitoraggio ambientale e 7 milioni alla realizzazione di eventi e di attività promozionali. La parte restante sarà invece destinata a programmi di sviluppo: 175 milioni gestiti direttamente dalla Regione, e 125 per progetti identificati dalle compagnie.

La parte variabile, potenzialmente più consistente, prevede per ogni barile prodotto nei prossimi trent’anni un contributo di 50 centesimi di euro, indicizzato al prezzo del petrolio, e un altro di 30 centesimi, non soggetto ad aggiornamento. Il contributo per la produzione relativa al 2020 ammonterà così a circa 9,7 milioni di euro. Nell’ipotesi che il prezzo rimanga fisso ai livelli di fine 2020 (circa 51 dollari al barile) e che la produzione sia sempre pari alla capacità massima, il contributo ammonterebbe a circa 500 milioni di euro per i prossimi trent’anni (20 milioni di euro annui, pari allo 0,13 per cento del PIL regionale). Se il prezzo medio fosse invece il doppio di quello di fine 2020, il contributo ammonterebbe a circa 830 milioni di euro (33 all’anno, pari allo 0,22 per cento del PIL).

L’accordo prevede inoltre la fornitura gratuita di 40 milioni di metri cubi di metano all’anno per trent’anni, quantità che corrisponde a circa il 10 per cento del fabbisogno regionale. Valutato al prezzo medio del 2020, il valore della fornitura annuale ammonterebbe quasi 5 milioni di euro.

Il confronto pubblico e la trasparenza non sono mai stati un vezzo dell’amministrazione lucana. Dal 30 giugno 2021 sarebbe dovuto essere online, sul sito internet della Regione Basilicata, il dato aggiornato sull’utilizzo delle Royalties di Tempa Rossa. Ad oggi non è disponibile nessuna cifra, nessuna trasparenza.

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Eppure, la sovranità popolare delle risorse è garantita persino dai trattati internazionali sui diritti umani, secondo cui “per realizzare i loro fini, tutti i popoli possono disporre liberamente delle proprie ricchezze e delle proprie risorse naturali”. Il popolo lucano dovrebbe quindi esercitare questa sovranità, autorizzando o meno lo sfruttamento delle risorse del nostro territorio e l’eventuale modalità di sfruttamento e gestione delle rendite. Autorizzazione che potrebbe anche essere concessa tacitamente se solo fossero soddisfatte delle condizioni minime: informazione completa ed accessibile, indipendenza, deliberazione e dissenso. Per fortuna possiamo ritenerci indipendenti e liberi di esprimere il nostro dissenso, ma quanto ad informazione e deliberazione non possiamo dire lo stesso. Particolarmente difficile è avere informazioni su come le nostre risorse vengono gestite e come i proventi vengono utilizzati. Dal sito di Eni è possibile leggere che la regione Basilicata tra il 1996 ed il 2019 ha ricevuto un importo pari a 1,98 miliardi di euro in royalties, nel 2020 57 milioni alla regione e 10 ai comuni interessati dai siti di estrazione.

Analizzando le tendenze demografiche più recenti, risultata del tutto evidente quanto gli effetti della spesa pubblica della royalties non sono riusciti a contrastare il fenomeno dello spopolamento e dell’emigrazione. Anche per chi segue con particolare attenzione le vicende politiche locali, è difficile avere piena contezza di come queste risorse sono state impiegate negli anni. Speriamo in una smentita, ma consultando il sito della stessa Regione è complicato ottenere con facilità ed immediatezza qualche informazione a riguardo. Eppure, i cittadini dovrebbero essere informati e messi a corrente di come vengono gestite le risorse, senza pretendere che tutti abbiano il tempo e la voglia di andare a cercare documenti tra mille scartoffie. Non tutti hanno il tempo o la voglia, di passare ore a cercare informazioni, dopo giornate intense passate a lavoro (per i fortunati che ne hanno uno), ad accudire i figli o trovare il modo per sopravvivere. (continua nella pagina successiva)