Ombre sul concorso dell’Azienda Sanitaria di Potenza
Un ricorso al Tar fa emergere presunte irregolarità per l’assegnazione di un posto da dirigente amministrativo
Parliamo del Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di n. 1 posto di Dirigente Amministrativo – U.O.C. Provveditorato-Economato indetto il 29 novembre 2019. Per partecipare bisogna avere la laurea in Giurisprudenza, in Scienze Politiche o in Economia e Commercio o altra laurea equipollente. Altro requisito, tra gli altri, l’anzianità di servizio effettivo di almeno cinque anni corrispondente alla medesima professionalità (ruolo amministrativo) prestato in Enti del Servizio Sanitario Nazionale nella posizione funzionale di settimo (cat. D), ottavo livello (cat. Ds), ovvero in qualifiche funzionali di settimo, ottavo e nono livello di altre pubbliche amministrazioni. Data di pubblicazione del bando, 5 febbraio 2020, scadenza per la presentazione delle domande, 5 marzo 2020.
A partecipare al concorso sono in 58 dei quali 54 sono ammessi, due ammessi con riserva e 2 non ammessi. Siamo al 29 aprile 2020.
Bisognerà aspettare fino al 29gennaio 2021 per la nomina della Commissione esaminatrice e il 19 aprile 2021 per la prova scritta. Gli esiti della prova arrivano il 29 aprile: a superarla 11 candidati, tra questi il futuro vincitore che ha il più basso punteggio sui titoli ma il più alto nella prova scritta.
Il 18 maggio 2021, i candidati che hanno superato la prova scritta partecipano a quella pratica. La prova, i cui esiti sono resi noti il 19 maggio, conferma 10 ammessi su 11. Anche in questo caso il futuro vincitore incassa il punteggio più alto su tutti gli altri.
Il 10 giugno è convocata la prova orale dopo che il 27 maggio è stata integrata la Commissione con un componente incaricato di condurre il colloquio in materia di informatica e a cui è altresì demandata la verifica della conoscenza della lingua inglese.
Lo stesso giorno si conclude la procedura di espletamento del concorso con la formulazione della graduatoria finale di merito dei candidati idonei risultante dalla somma complessiva dei voti riportati dagli stessi nelle prove concorsuali ed al punteggio complessivo attribuito ai titoli. Sui dieci arrivati in finale, il vincitore ha il punteggio più alto. La graduatoria è pubblicata l’11 giugno.
Agli atti sul sito dell’Asp non risulta pubblicata la graduatoria della prova orale, perciò non siamo in grado di conoscere gli esiti di quella prova, ma dobbiamo supporre che il vincitore abbia ottenuto un punteggio tra i più alti o magari il più alto.
A vincere il concorso la nipote di un’ex dg dell’Aor San Carlo di Potenza. Naturalmente questa nota parentale nulla c’entra con la procedura concorsuale e nulla toglie al merito della vincitrice alla quale facciamo i nostri migliori auguri. Tuttavia, ci sembra corretto, e questo dovrebbe valere per tutti i concorsi pubblici, che l’opinione pubblica, sia informata sul contesto lavorativo e familiare dei vincitori di concorsi nella pubblica amministrazione. Tra gli ammessi anche il genero e la figlia di un altro ex dg dell’Aor San Carlo. Chiusa parentesi.
Il concorso si è svolto con tutti i crismi della corretta procedura, a parte quel buco sulla graduatoria della prova orale che sicuramente è causa di una dimenticanza e che, siamo certi, si risolverà con la pubblicazione sul sito anche di quel documento appena il responsabile del procedimento si accorgerà del refuso.
Non è dello stesso parere l’avvocato di una delle concorrenti che ha inoltrato istanza di annullamento della deliberazione di scorrimento della graduatoria e di tutti gli atti “viziati”. Non solo, la concorrente inoltra ricorso al Tar per chiedere di “annullare gli atti impugnati e tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali, anche non noti alla ricorrente, perché illegittimi e/o perché viziati da violazione di legge e/o da eccesso di potere”.
Cos’è che non quadra?
La concorrente contesta l’attribuzione dei punteggi poiché la Commissione non avrebbe considerato a suo sfavore il titolo di dottore di ricerca in diritto amministrativo. Eppure, la norma prevede che il possesso del titolo di dottore di ricerca, deve prioritariamente essere valutato, ove pertinente, tra i titoli rilevanti ai fini del concorso”. Appare logico che un dottorato di ricerca in diritto amministrativo sia molto pertinente con il concorso.
Valutato al contrario il Master. “Eppure – scrive la concorrente nel ricorso al Tar – la ratio dell’abissale differenza di punteggio massimo attribuibile ai due titoli si deve al fatto che il Master, infatti, al contrario del dottorato di ricerca non prevede una procedura necessariamente selettiva, ha una durata inferiore al triennio (in genere pari ad un solo anno accademico) e non comporta lo svolgimento di alcuna attività di ricerca. Di qui anche l’evidente eccesso di potere per palese illogicità ed irragionevolezza nella scelta dei titoli valutabili e nella valutazione degli stessi operata dalla Commissione esaminatrice, che, illegittimamente non ha valutato e valorizzato il predetto titolo.”
E ancora viene spiegato che “appare evidente, insomma, che l’ordinamento giuridico e, in particolare, le norme in materia di formazione e di reclutamento nel pubblico impiego, pongono il titolo di dottore di ricerca in netta supremazia rispetto al Master e tale primazia legale (e i conseguenti criteri di valutazione) non può essere disattesa – come è stato fatto dalla Commissione esaminatrice nella procedura selettiva, peraltro, senza alcuna congrua motivazione e/o ragione concreta: trattasi di evidente eccesso di potere con conseguenze abnormi ed ingiuste”.
Tutto qui? No, spiega la concorrente. “La Commissione esaminatrice, non solo non ha riconosciuto tale titolo ricollegandovi uno specifico e autonomo punteggio, ma ha, invece, riconosciuto valore di titolo (attribuendo n. 1 punto) al semplice Master di II livello a prescindere dai crediti formativi riconosciuti (e dunque dalla durata del Master) ossia ad un titolo obbiettivamente inferiore.
Sembrerebbe che il padre della concorrente sia andato a parlare con il DG dell’Asp e con il Direttore amministrativo, i quali avrebbero ammesso l’errore senza tuttavia correggerlo anzi hanno proceduto a scorrere la graduatoria assumendo anche il secondo classificato.
Tra le presunte illegittimità segnalate dalla concorrente vi è l’omessa valutazione del voto di laurea e l’omessa valutazione del conferimento della lode.
L’art. 3 del DPCM 16 aprile 2018, stabilisce, infatti, che “i seguenti titoli di studio universitari, per i quali possono essere attribuiti, complessivamente, non oltre punti 41, sono valutabili con i seguenti punteggi per ciascun titolo: a) voto di laurea relativo al titolo utile per l’ammissione al concorso, punti 1 per ogni punto superiore alla votazione di 105 e ulteriori punti 2 in caso di votazione di 110 con lode”.
La normativa, insomma, impone di prevedere un punteggio aggiuntivo per premiare il voto di laurea elevato e, ancora di più, il conferimento della lode: la ratio è quella di consentire l’assegnazione dei posti a messi a concorso ai più capaci e meritevoli. La concorrente contesta anche la mancata pubblicazione a norma di legge dei criteri fi valutazione adottati dalla Commissione. Insomma, basta questo per gettare ombre su un concorso? Non spetta a noi giudicare, sarà il Tar a decidere speriamo in fretta.