Legambiente: Stop sussidi alle fonti fossili

"Per fronteggiare la crisi climatica servono impegni concreti a partire dalle maggiori economie del Pianeta"

“Azioni e impegni più concreti per il clima a partire delle maggiori economie del pianeta e politiche più coraggiose. Gli anni da qui al 2030 saranno cruciali per contenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 °C. Per questo non c’è più tempo da perdere, dalla Pre-Cop 26 di Milano e dalla COP26 di Glasgow di novembre ci aspettiamo risposte concrete a partire dall’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili spingendo sulle rinnovabili e accelerando la transizione ecologica che rappresenta una grande opportunità e non un problema”. È questo l’appello che Legambiente lancia nel giorno in cui i grandi della terra si incontrano a Milano in vista della COP26 di Glasgow.

Nonostante le tante parole di questi anni, l’Italia continua a incentivare i sussidi ambientalmente dannosi (SAD) a scapito del Pianeta. Anche nel 2020 sono pochissimi i tagli fatti e le azioni concrete messe in campo. A parlar chiaro i dati raccolti da Legambiente nel nuovo report Stop sussidi ambientalmente dannosi. Nel 2020 ammonta a 34,6 miliardi di euro il costo totale dei sussidi ambientalmente dannosi, suddivisi tra i settori energia per complessivi 12,86 miliardi di euro l’anno; il settore trasporti con 16,6 miliardi di euro di sussidi tra diretti e indiretti; il settore agricolo con 3,1 miliardi di euro; quello edile con 1,1 miliardi di euro l’anno e quello legato alle concessioni ambientali con 812,59 milioni di euro l’anno. Eppure di questi 34,6 miliardi complessivi, 18,3 sono eliminabili entro il 2025 cancellando i sussidi per il mondo delle trivellazioni, i fondi per la ricerca su gas, carbone e petrolio; ma anche le agevolazioni fiscali per le auto aziendali, il diverso trattamento fiscale tra benzina gasolio, gpl e metano. Senza dimenticare il Capacity Market un sussidio dannoso che prevede per i prossimi 15 anni generosissimi incentivi per nuove centrali a gas e l’accesso al superbonus anche per le caldaie a gas. Tutte risorse che potrebbero essere rimesse in circolazione nel giro di pochi anni a favore della transizione energetica: rinnovabili, reti, efficienza, mobilità, bonifiche e molto altro anche per evitare il caro bollette. E sopperire ai versamenti mancati a favore dei paesi poveri come previsto dal Protocollo di Kyoto.

Numeri e analisi che Legambiente presenta oggi, per lanciare un messaggio diretto al Governo Draghi e al ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani: è ora di invertire la rotta abbandonando le fonti fossili che pesano anche sul rincaro bollette frutto della dipendenza del gas, incentivando sempre di più le rinnovabili facendo decollare la transizione ecologica ed energetica. A preoccupare ad oggi è anche il dato complessivo sui sussidi stanziati negli ultimi 10 anni: dal 2011 ad oggi, sottolinea Legambiente, sono stati circa 136,4 i miliardi di euro stanziati tra finanziamenti diretti a centrali che utilizzano petrolio, gas e carbone, che inquinano e producono emissioni gas serra; ma anche sconti su tasse – accisa, iva e credito d’imposta – per una lunga lista di utilizzi di benzina, gasolio, gas, ecc. – nei trasporti, nel riscaldamento, nelle industrie. Sconti sui prezzi, esenzioni e differenti trattamenti fiscali.

Per questo l’associazione ambientalista lancia oggi cinque proposte chiedendo: 1) di inserire nella prossima legge di Bilancio la cancellazione di tutti i sussidi alle fonti fossili entro il 2030; 2) di aggiornare annualmente il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e di quelli favorevoli, definendo una roadmap di uscita dai sussidi e mettendo in evidenza i passi avanti fatti negli anni; 3) di eliminare subito i sussidi diretti alle fossili per lo sfruttamento dei beni ambientali; 4) di rivedere la tassazione sui combustibili fossili per portare trasparenza e legare la fiscalità alle emissioni di gas serra. 5) Inoltre è importante che l’Italia faccia la sua parte in tema di aiuto ai Paesi poveri colmando entro la fine del 2021 il miliardo di euro mancante, per adempiere agli impegni di Parigi che prevede per il nostro Paese un impegno di 4 miliardi di dollari per il periodo 2015-2020. Il nostro Paese,dunque, a partire dal prossimo, si impegni a mobilitare almeno 4 miliardi l’anno per garantire la sua giusta quota dell’impegno collettivo di 100 miliardi dei Paesi industrializzati. Le risorse necessarie possono essere reperite facilmente attraverso il taglio dei sussidi alle fonti fossili.

“Non è più accettabile – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente -continuare a rimandare un problema che rappresenta una criticità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica. Anche se il tema è entrato nel dibattito politico, non bastano annunci e commissioni ad hoc, se il risultato è ancora quello di vedere rimandato il tema del taglio e della rimodulazione dei sussidi a sfavore della collettività e del bene comune. È importante che l’Italia definisca al più presto una roadmap di uscita dalle fossili e dai sussidi che preveda interventi entro il 2025, anche in vista della chiusura delle centrali a carbone che non può essere affrontata solo con una semplice riconversione a gas condannando questo Paese alle importazioni di gas fossile per ulteriori 20/30 anni. Inoltre per fronteggiare la crisi climatica, è importante – spiega Ciafani – che l’Italia aggiorni al più presto il suo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) per garantire una riduzione delle nostre emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030, andando ben oltre l’obiettivo del 51% previsto dal PNRR e confermando il phase-out del carbone entro il 2025 senza ricorrere a nuove centrali a gas. Il nostro auspicio è che dalla Pre-Cop di Milano che si è aperta oggi possa arrivare dal nostro Paese anche un impegno concreto di questo tipo”.

“Intervenire sui sussidi ambientalmente dannosi – dichiara Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata – vuol dire liberare ingenti risorse, almeno 35 miliardi di euro l’anno, a favore di interventi che permetterebbero di rilanciare investimenti in innovazione ambientale in grado di portare non solo cambiamenti strutturali nei diversi settori di intervento ma anche di creare benefici per le famiglie e per le imprese. Questo aspetto risulta ancora più significativo per la Basilicata per il ruolo che essa ricopre a livello nazionale nella filiera del petrolio e del gas che è tra quelle che maggiormente beneficiano di sussidi ambientalmente dannosi che rischiano di incentivare l’avvio di nuove attività estrattive”.