Trivelle e Pitesai: “Per chi governa l’acqua e la bellezza non contano nulla”

Mediterraneo No Tiv e No Scorie hanno ripresentato, al Ministero della Transizione Ecologica le osservazioni sulla inidoneità delle ricerche ed estrazioni petrolifere in Basilicata, nello Jonio e nell'Adriatico meridionale

Di seguito il comunicato stampa delle associazioni Mediterraneo No Triv e No Scorie sul Pitesai.

“Abbiamo ripresentato presso il Ministero della Transizione Ecologica le nostre osservazioni sulla inidoneità delle ricerche ed estrazioni petrolifere in Basilicata, nello Jonio e nell’Adriatico meridionale, nell’ambito della procedura di consultazione pubblica Vas Pitesai. Aree che invece il governo vorrebbe destinare alla ricerca ed estrazioni di idrocarburi liquidi e gassosi.

Il governo e il ministro Cingolani parlano e agiscono come se il tempo si fosse fermato nell’era fossile e preistorica, rifiutandosi di accettare la sfida per una vera transizione ecologica che tutti i paesi moderni stanno attuando. Governo e Ministero della Transizione Ecologica mostrano “zero progettualità” nell’attuare veri progetti alternativi e democratici sulle rinnovabili nonostante i fondi del debito PNRR contratti con la UE. Mentre non ce’ alcuna azione per favorire i consumatori in progetti collettivi alternativi per diminuire il costo dell’energia e i profitti delle lobby energetiche il ministro Cingolani annuncia ulteriori aumenti delle bollette elettriche. Si vuole redigere intanto un Pitesai con nuove trivelle in terra e mare che minacciano l’immenso patrimonio rappresentato dall’acqua,dal mare e dalla bellezza del nostro meridione d’Italia.

Per noi è stato fin troppo facile documentare che la Basilicata è un enorme bacino idrico, ricco di sorgenti, fiumi, falde, laghi da tutelare e preservare. Anche un bambino sa che il petrolio inquina l’acqua e che esiste una incompatibilità, senza dover ricorrere alle spiegazioni dei professori universitari. Se siamo incompatibili come territorio per le scorie nucleari, lo siamo ancora di più per il petrolio e per i reflui petroliferi. Trivellare la Basilicata negli anni passati è stato un grosso errore ambientale, economico e sociale. Un errore ripetuto anche dall’attuale Giunta regionale e dal suo presidente Bardi che hanno autorizzato Tempa Rossa e firmando il nuovo accordo (a perdere e senza garanzie ambientali) per il rinnovo della concessione Val d’Agri. I dati impietosi di Istat e Svimez mostrano povertà ed emigrazione che sono la prova provata di un fallimento politico che ha portato sul nostro territorio solo speculazione energetica e danni ambientali, alla salute e alle economie locali, lasciando eredità gravose alle future generazioni, anche in termini di discariche di rifiuti tossici e nocivi.

Sulla stessa scia delle tutela delle acque dell’Appennino meridionale è possibile consultare sul sito del Ministero le osservazioni al Pitesai presentate da Acquedotto Pugliese. Il nostro patrimonio idrico e la qualità della nostra terra costituiscono i veri beni strategici nazionali e meridionali per il futuro economico della Basilicata e delle tre regioni confinanti di Puglia, Calabria e Campania (anche l’acciaio dell’Ilva si produce con l ‘acqua lucana). Ecosistemi unici, ma fragili, sono presenti lungo tutto l ‘appennino meridionale. Essi dipendono dalla qualità delle acque custodite in un territorio tra i i più belli e variegati d’Italia, ricco di montagne, colline, pianori terrazzati, valli (che non va difeso solo dalle scorie nucleari). Un territorio forte nell’agroalimentare, principale economia lucana e italiana di esportazione nel mondo, come confermato dai dati del PIL e dell’occupazione in crescita.

Ma la bellezza dei luoghi va oltre la terra ferma. L’ecosistema del Mar Jonio è collegato a quello dei fiumi lucani. Tesori che custodiscono al loro interno altri valori inestimabili, e non ci riferiamo al solo PIL turistico del meridione. Sono i tesori archeologici della Magna Grecia (di terra e di mare) mai cercati e portati alla luce che rappresentano un patrimonio italiano unico al mondo. I fragili canyon sottomarini del Mar Jonio non sono secondi a quelli dell’Arizona (ma nessuno lo sa e pensano di “spararci” air guns che rischiando di farli franare). L’ecosistema mar Jonio è ricco di biocenosi, coralli bianchi e rossi (non esistono solo in Australia). I nostri delfini sono stanziali (qui vivono e si riproducono). Il nostro golfo è preferito dalle balenottere in un ‘area già classificata dall’Ispra come potenziale area di conservazione di alto mare e acque profonde (Spami). Il Mar Jonio, compreso quello greco, deve essere destinato al secondo paradiso dei cetacei dopo quello tra la Toscana e la Francia, tutelando così anche la pesca rispettosa dell’ambiente, e la ricchezza che il Mar Mediterraneo e i territori del Sud possono ancora produrre.

Associazioni Mediterraneo No Triv e No Scorie