Siamo un giornale sotto processo

Qualcuno dalle parti del Tribunale ci deve delle spiegazioni

Finalmente l’altra stampa, anche se soltanto per dovere di cronaca, parla di estorsioni a Tempa Rossa. Niente di che, semplice cronaca giudiziaria. Si parla di infiltrazioni criminali tra appalti e subappalti. Il capo della Procura di Potenza fa sapere che è “stata rilevata la gestione talora da parte di soggetti legati alla criminalità organizzata della manodopera che viene impiegata presso questi centri petroliferi». Lo stesso Procuratore nei giorni scorsi ha parlato di infiltrazioni criminali nelle aree di estrazione. Si ritorna a parlare del mafioso Vincenzo Pistritto, del mercato locale del lavoro inquinato da interferenze malavitose. Non possiamo che essere soddisfatti di questo ritorno alla realtà che noi raccontiamo da anni. E lo raccontiamo non con le carte del Tribunale, ma guardando i fatti, scavando nei luoghi e nell’esperienza delle persone che quella realtà la vivono. Scoprendo e osservando i fatti con i metodi e i mezzi del giornalismo d’inchiesta, quello povero però, il nostro. Spesso descriviamo l’attualità più nascosta, innescandola in scenari futuri che puntualmente si affacciano sulla cronaca. Lanciare l’allarme preventivo su fatti non ancora verificati dalle procure ma che regolarmente accadono a distanza di mesi o di anni, fa anche parte del nostro lavoro. È rischioso, ma è un rischio che abbiamo scelto di correre.

Ebbene, di criminalità nelle aree di estrazione petrolifera, di infiltrazioni negli appalti e sub appalti, di mediazione mafiosa nel mercato del lavoro a Tempa Rossa e non solo, di intrecci pericolosi tra esponenti politici e imprenditori, di forti anomalie nelle assunzioni e nel rispetto dei contratti di lavoro, abbiamo pubblicato inchieste, video, editoriali, articoli, testimonianze.

Noi però, per tutto questo, siamo sottoposti a una raffica di querele per diffamazione, per aver detto prima, in anticipo, le stesse cose che oggi afferma il Procuratore e le stesse cose con cui siamo certi, la magistratura avrà a che fare in futuro.

Non solo una raffica di querele, ma una accelerata di rinvii a giudizio, spesso senza il passaggio dal Gup. Qualcuno dalle parti del Tribunale dovrebbe chiedersi perché mai accade questo. E dovrebbe spiegarcelo. Addirittura si arriva a condensare in un unico procedimento la contestazione di più articoli o di una serie di articoli. Addirittura entrano in un fascicolo documenti di altri fascicoli. È come mettere sotto processo un giornale. E vada per i processi assurdi ai quali siamo sottoposti da anni, ma adesso è troppo.

Ci aspettavamo querele dai petrolieri, e sono arrivate. Ci aspettavamo querele dai signori dell’eolico, e sono arrivate. Ci aspettavamo querele da imprenditori “integerrimi”, e sono arrivate. Ci aspettavamo querele da dirigenti “irreprensibili”, e sono arrivate puntuali. Ci fermiamo qui.  Quasi tutte concentrate nello stesso periodo. Ce lo aspettavamo non perché certi di aver diffamato qualcuno, ce lo aspettavamo perché certi di aver detto la verità. Il nostro mestiere non è diffamare è informare. E se a qualcuno certe informazioni o certe opinioni non sono gradite, non è affare nostro. Un giornale non può essere processato. Per questo reagiremo. E invitiamo a reagire anche chi dovrebbe tutelare la professione giornalistica, il diritto di cronaca e di critica.