L’infanzia rubata dalla pandemia, anche a Natale

Una capacità di comunicazione più efficace e mirata potrebbe evitare che siano proprio i bambini, domani, a dover pagare il costo di un Pnrr tarato proprio per il loro futuro

Un bimbo di 10 anni scende in cortile e citofona all’amichetto perché scenda anche lui da casa per poterci giocare assieme. Cerca una normalità. Cerca ciò che è sempre stato fatto da millenni: socializzare coi propri simili. Capita invece che quello stesso bambino (che ha citofonato) si senta rispondere, con tono perentorio: “No, non scendo, mamma non vuole”. E capita che il bimbo suoni al secondo citofono e che la risposta sia la medesima, con una piccola variazione sul tema: “Resto a casa, guardo la tv”.

Solo due anni fa un racconto del genere avrebbe sfiorato l’assurdo, il non immaginabile. Calato invece nel Natale di oggi, dei bimbi (5-11 anni) da sottoporre a vaccino, tutto appare maledettamente reale e tocca il ‘presente’ di milioni di bambini. Complice una campagna di vaccinazione ancora agli inizi nel nostro Paese e una certa incapacità di spiegarla sia a livello ministeriale che dei singoli pediatri (poveri loro, per carità), il risultato è nefasto. E incide proprio lì dove la solitudine non dovrebbe abitare, la fanciullezza. Non ci sono vinti, né vincitori. Il vero nemico è il covid. Ma in questo Natale che sfugge anche alla più malsana delle immaginazioni, pare che i soggetti più soli, per assurdo, siano proprio i bambini. “E vabbè, se l’amichetto non scende non posso fare altro che giocare a casa con il ‘drone’ che mamma e papà mi hanno regalato a Natale”, conclude il bimbo che ha perso ormai ogni speranza, in quel cortile di casa ricco di luci di Natale, ma spoglio di coetanei con cui sorridere e tirare due calci l pallone contro le porte dei garage. Anche senza drone, magari!

“Anche a scuola se sei raffreddato il bambino te lo tengono in una stanza a parte”, ammette una madre che ancora ha qualche remora a vaccinare il bambino “che si avvia alla fase dello sviluppo”. Ai padri e alle madri non si possono certo attribuire colpe, in questo caso. Forse una capacità di comunicazione più efficace e mirata, nella fase del Governo ‘Draghi’, avrebbe almeno rassicurato di più. Affinché non siano proprio i bambini, domani, a dover pagare con blocchi comunicativi e traumi, il costo di un (PNRR) Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, tarato proprio per il loro futuro!