La memoria di una nuova generazione passa dalle istituzioni

La riflessione del segretario del Pd Basilicata, Raffaele La Regina

Di seguito la nota del segretario del Pd Basilicata, Raffaele La Regina, sul Giorno della Memoria.

“Avevo 18 anni nel gennaio 2012 quando, per la prima volta, entrai fisicamente nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Ricordo nitidamente il freddo penetrarmi le ossa, malgrado il mio North-Face nuovo di zecca, sciarpa e guanti. C’era la neve, tantissima neve, e quel freddo era davvero insopportabile. Mentre mi guardavo intorno, totalmente assorto da pensieri del tipo “sono ad Auschwitz, qui sono morti milioni di esseri umani”, nel punto dove un tempo vi erano le camere a gas un signore molto anziano iniziò a parlare. Era Sami Modiano, al suo fiano l’ex Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo.

Il racconto di Modiano fu straziante e quella sensazione di sofferenza per il clima rigido improvvisamente svanì. Iniziai a pensare a me stesso come a un altro, come scrisse Paul Ricoeur: a immaginarmi scheletrico e svestito nella neve. Ricordo le lacrime. Le mie e di tutte le persone che erano con me in quella visita. Partecipai a quel viaggio durante l’ultimo anno di Liceo, da segretario regionale della Consulta degli Studenti di Basilicata e, insieme a me, vi erano tutte le Consulte d’Italia. Le istituzioni – all’epoca era la Provincia di Potenza – ci diedero gratuitamente l’opportunità di vedere con i nostri occhi, di conoscere, di ascoltare. Non fui l’unico ad avere questa occasione: moltissimi prima e dopo di me, in quegli anni, ebbero la fortuna di avere le istituzioni che li esortavano a partire, a meditare, a nutrire le proprie coscienze, a ricordare. Oggi sono solo le scuole a promuovere questo tipo di iniziativa.

Sono passati dieci anni da quel viaggio e si è parlato davvero molto poco di viaggi della memoria di recente. Le istituzioni hanno il dovere di far conoscere, perché comprendere è impossibile, ciò che è stato. Quello che è successo incombe su di noi e ci richiama alla responsabilità. Andare lì per inchinarsi è necessario.

Auschwitz è terra europea, a costruire quel campo di sterminio siamo stati noi europei e le nostre comunità sono ancora infestate da fantasmi di ciò che è stato. Un’eredità spettrale con cui si devono fare i conti e i conti si imparano a fare a scuola. Perché l’olocausto è la negazione stessa della nostra civiltà europea, quella dell’illuminismo, del diritto, della bellezza, dello sviluppo. Sulla soglia di quei cancelli l’Europa ha fermato la propria corsa.

I fascisti e i nazisti sono usciti da nuclei familiari normali, da genitori che andavano in chiesa e che sudavano il pane. Figli che hanno subito la furia di un secolo, che non hanno saputo riconoscere il bene dal male, generando mostri inimmaginabili.

La memoria, spesso, è un fatto individuale. Quella legata alla Shoah, però, è un fatto collettivo che tutti noi siamo chiamati quotidianamente a coltivare, perché arriverà il tempo nel quale le testimonianze saranno esaurite e resterà la storia di ciò che è stato, e la memoria custodita da ognuno di noi. Ma la memoria si coltiva, sull’esempio di Liliana Segre, e questo compito spetta alle istituzioni affinché si ricordi continuamente che “nazismo, fascismo e razzismo non sono opinioni ma crimini”. Sono le parole di David Sassoli che ci ammoniva sulle malattie delle nazioni moderne che si ripercuotevano sull’Europa: la sacralizzazione delle frontiere e la ricerca di un’identità pura religiosa, etnica e culturale.

La mia generazione è cresciuta, invece, con la sacralità ed il rispetto verso le diversità e la convinzione che il pluralismo sia una ricchezza. A noi non importa se si è ebrei, cattolici, islamici o buddhisti. A noi non importa nulla se si è sinti, rom, o slavi. A noi non importa nulla se si è etero, gay, trans, binari o non binari. Siamo internazionalisti, fratelli e sorelle, democratiche e democratici e non vogliamo che i nostri valori vengano violati. Ecco perché dobbiamo chiedere alle istituzioni locali più attenzione, anche perché nei nostri trattati europei tutto questo è scritto con chiarezza.

Sono passati 77 anni da quando l’Armata Rossa spalancò i cancelli Auschwitz-Birkenau. Questa, invece, è storia e la storia non si cambia. Impediremo negazioni ed amnesie. Vigileremo, capiremo, interverremo dinanzi ad ogni pericolo. Non dimenticheremo mai, lotteremo sempre, conserveremo tutto e lo tramanderemo.

“Canta, canta, solleva in alto la tua voce di pena e di rovina.
Cerca, cercalo lassù da qualche parte, se ancora ci sta.”

A David Sassoli.