Basilicata: appalti e subappalti sulla pelle dei lavoratori

Il cosiddetto “mondo del lavoro” in Basilicata presenta molti lati oscuri. Accanto alle realtà imprenditoriali e sindacali sane, si muove un universo parallelo fatto di abusi, di irregolarità di sfruttamento

Il cosiddetto “mondo del lavoro” in Basilicata presenta molti lati oscuri. Accanto alle realtà imprenditoriali e sindacali sane si muove un universo parallelo fatto di abusi, di irregolarità e di sfruttamento. Non sappiamo quanto sia vasto il fenomeno, ma sappiamo che esiste, soprattutto nell’arcipelago delle piccole imprese che lavorano nell’indotto dei grandi gruppi industriali a Melfi, a Viggiano, a Gorgoglione. Sulle condizioni di lavoro alla Stellantis, abbiamo già fatto parlare alcuni operai, ma c’è dell’altro. Su quanto accade a Tempa Rossa e dintorni e in val d’Agri, abbiamo scritto e raccolto testimonianze di ricatti, ritorsioni, sfruttamento, intimidazioni a danno dei lavoratori e dei disoccupati.

Questo mondo che appare nascosto, inaccessibile all’opinione pubblica, in realtà è sotto gli occhi di tutti. “Chi vive certe condizioni non può fare altro che tacere, nascondere la verità perché in alternativa non c’è altro che la disoccupazione”. A parlare è Giovanni (nome di fantasia), accompagnato da un suo collega, che aggiunge: non c’è alternativa, non sai a chi rivolgerti per ottenere diritti e giustizia”. Giovanni, spiega che non c’è da fidarsi nemmeno di chi sulla carta dovrebbe tutelarlo. “Non sai sé è complice dei dirigenti aziendali o se è una persona onesta: il rischio di sbagliare non voglio correrlo, ho figli”.

Con Giovanni parliamo della zona industriale di Melfi. Le condizioni dell’indotto sono a dir poco drammatiche, ci spiega Giovanni che mentre parla si rivolge al suo collega per chiedere conferma: “lavoratori inquadrati al livello più basso da moltissimi anni, turni e straordinari non pagati, false cooperative o s.r.l. di comodo per assumere e sfruttare al meglio la manodopera usufruendo di agevolazioni contributive e fiscali non dovute e tutto ciò con la complicità di molti sindacalisti”.

Il sistema degli appalti e sub appalti intorno ai grandi gruppi industriali è una specie di labirinto che confonde chiunque: leggi ad hoc, agevolazioni fiscali e sulle assunzioni, dietro le quali si nascondono raggiri apparentemente legali.

La situazione non è diversa nelle zone del petrolio, anzi. Almeno in un’azienda i lavoratori sarebbero costretti a restituire parte del salario al datore di lavoro, non sappiamo quanto sia vera la testimonianza anonima di quegli operai che abbiamo incontrato alcuni mesi fa. Fatto sta che nessuno ha smentito questa ipotesi. In altre aziende i lavoratori sarebbero costretti a rinunciare alla tessera sindacale e ad accettare livelli più bassi di inquadramento. L’alternativa è la disoccupazione. Rocco, residente nella valle del Sauro, ce lo spiega bene: “se ti rifiuti di cedere ai ricatti, ci sono altri cento pronti a prendere il tuo posto accettando qualsiasi condizione.”

Gli “illeciti” commessi dalle aziende degli indotti sono spesso coperti dall’appaltatore primario  per evitare guai con i loro codici etici e per non finire nel meccanismo della responsabilità solidale che lega la multinazionale alle imprese in subappalto. Esistono dunque regole non scritte che impongono di tollerare fin quando è possibile comportamenti scorretti, o addirittura illegali da parte delle aziende in sub appalto, ovunque vi siano grandi gruppi industriali. Gruppi che a loro volta, come accade con  Total a Tempa Rossa, alimentano dubbi e sospetti sul rispetto degli accordi e sulla gestione della trasparenza.

In alcune zone, come abbiamo più volte provato a raccontare, si creano dei veri e propri sistemi di copertura e di convenienze reciproche al servizio delle aziende dell’indotto e con la complicità dell’appaltatore primario, anche con la compiacenza di esponenti politici. Basti pensare al fatto che la rete si infittisce quando il subappaltatore subappalta a sua volta ad altre piccole imprese una parte dei lavori o delle forniture. Si consolida, come accade a Tempa Rossa e in val d’Agri, un potere economico accentrato nelle mani delle solite poche aziende che a loro volta distribuiscono briciole a piccole imprese e a ditte individuali, quasi sempre le stesse. In questo groviglio di catene, al lavoratore o al giovane disoccupato non resta che soccombere: o schiavo, o morto di fame. E se sei donna, c’è di peggio.

Eppure, basterebbe contrappore a quel sistema di potere, meccanismi di tutela e di copertura dei lavoratori e dei giovani disoccupati e inoccupati ricorrendo alla semplice applicazione delle norme esistenti, degli accordi sottoscritti, dei protocolli cosiddetti etici. Ma tant’è…

Questi territori periferici, sono fatti di piccoli e piccolissimi Comuni  fragili e indifesi di fronte al dominio di giganti del capitalismo predatorio.  In verità ad essere fragili e indifesi sono i cittadini, i lavoratori, i giovani, perché in quei piccoli municipi c’è sempre il bravo di turno che contratta le sue meschine convenienze alla tavola degli appalti. Qui Golia vince perché Davide non è ancora nato.