Danni da cinghiali: alcune pratiche agronomiche per ridurli

Il Consigliere comunale di MuoviAmo Tursi, Antonio Di Matteo, ha inviato una nota all’assessore regionale all’Agricoltura, per informarlo di alcuni esperimenti che sono stati condotti da alcuni agricoltori di Tursi (MT) per ridurre l’incidenza dei danni da fauna selvatica

Un primo esperimento è stato realizzato per tre anni consecutivi, in appezzamenti diversi, in un’azienda cerealicola. Si tratta dell’aratura del terreno a maggio con conseguente semina del frumento a novembre. L’aratura realizzata ad una profondità media di 30 centimetri ha ridotto della quasi totalità i danni da dissodamento realizzati dai cinghiali durante tutto il ciclo della coltura. Si presume che questo accada perché tutti gli apparati vegetali sotterranei di cui si cibano i cinghiali vengono distrutti. I danni alla coltura si manifestano quando i cinghiali si cibano delle spighe da dopo la fioritura fino alla raccolta.

Un secondo esperimento è stato realizzato per due anni consecutivi, in appezzamenti diversi, in un’azienda cerealicola. Si tratta dell’ausilio di un diserbante fogliare sistemico a pieno campo prima della semina. I danni da dissodamento realizzati dai cinghiali si sono ridotti notevolmente e si è ridotta la profondità degli scavi. Si presume che questa pratica vada a devitalizzare le piante, anche negli apparati ipogei, di cui i cinghiali sono particolarmente ghiotti. I pochi scavi riscontrati forse riguardano la ricerca di fauna terricola (lombrichi, insetti, ecc.). Anche in questo caso, i danni alla coltura si manifestano quando i cinghiali si cibano delle spighe da dopo la fioritura fino alla raccolta.

Un terzo esperimento è stato realizzato per un anno in un’azienda che ha avvicendato il frumento con il coriandolo puzzolente. Lo sviluppo su tutto il campo di una fitta vegetazione di coriandolo ha ridotto notevolmente i danni da dissodamento realizzati dai cinghiali. Si presume che questo accada perché l’aroma del coriandolo disturba l’attività di ricerca tramite il naso del cibo sotterraneo da parte dei cinghiali. La coltivazione del coriandolo non ha una rilevanza economica per le aziende agricole tale da rappresentare nei nostri areali un valido sostituto ai cereali.

Queste pratiche agronomiche non risolvono il problema dei danni da fauna selvatica per le aziende con coltivazioni estensive (frumento, legumi, fieno, pascolo, ecc.), ma vanno a ridurre notevolmente i danni da dissodamento che si possono verificare dalla semina fino alle fasi fenologiche precedenti alla fioritura e con qualsiasi grado di umidità nel terreno.

La realizzazione di queste pratiche agricole a livello comprensoriale potrebbe andare a ridurre in maniera sostanziale la disponibilità di cibo per i cinghiali durante il periodo dell’anno che va da settembre ad aprile. Una finestra temporale critica per i cinghiali perché rappresenta i mesi più piovosi e freddi, già molto difficoltosi per loro. Considerando che i cinghiali adattano la propria riproduzione sessuale alla disponibilità di cibo durante i periodi più critici dell’anno, l’utilizzo di queste pratiche agricole potrebbe di fatto inibire un eccesso di proliferazione nelle aree dove le coltivazioni sono estensive.

Un’altra variabile da tenere in considerazione è il nomadismo stagionale dei branchi di cinghiali. Infatti, abbiamo riscontrato sul territorio di Tursi un aumento del numero di cinghiali nei frutteti durante il periodo in cui ci sono i frutti pendenti sulle piante.

Un’ultima variabile è la effettiva capacità deterrente delle recinzioni elettriche che sta calando con l’aumento della pressione demografica dei cinghiali. Questo incremento li ha resi meno timorosi e soprattutto più propensi ad entrare nei terreni con recinzioni perché hanno capito che è proprio lì dentro che c’è maggiore cibo a disposizione.

Di Matteo ha voluto solleticare l’Assessore affinché la Regione Basilicata, in collaborazione con l’Università di Basilicata, si attivi per studiare meglio il comportamento dei cinghiali e quindi prevenire i danni che questi possano arrecare alle coltivazioni. La situazione non è più gestibile con la semplice iniziativa privata.