Guerra, Mario Draghi favella e le televisioni semplificano
I buoni, i cattivi e le censure della Rai: “Siamo in guerra, anche no, sì, forse, ma dai no, invece sì”
I giornalisti Rai non possono avere a che fare con la Russia. Alessandro Orsini non può continuare a raccontare in Rai, il suo punto di vista sulla guerra. Giletti fa lo show da Odessa. “Luciano Canfora è putiniano”, e bla bla bla. Draghi parla a sproposito e alza la spesa per armamenti, a casaccio, perché, oltre alla questione morale si pone una questione di logica e razionalità in assenza di una politica di difesa UE e di un esercito UE. Intanto, crescono gli spazi televisivi e le tattiche giornalistiche pro belliche, insieme alle semplificazioni utili ad orientare il cittadino mediano sulla scelta tra buoni e cattivi.
Una narrazione a senso unico che sembra puntare sull’alta tensione con lo scopo di sostenere il prolungamento del conflitto russo-ucraino. Tutti sulla bomba del giorno, l’informazione minuto per minuto sul massacro in corso con qualche scivolata (inaccettabile) sulle fake news. Poco spazio alle spiegazioni, alla storia, agli argomenti per capire e per accelerare l’azione diplomatica e la fine del conflitto. Il tiro della corda è un gioco a cui l’Italia partecipa con tutti i suoi mezzi di informazione. Dovremmo, al contrario, costringere i Paesi belligeranti ad arrendersi alla Pace. Invece…
La commozione va in scena ogni istante, il dolore a distanza di telespettatori impauriti e l’intensificazione di emozioni eterodirette fanno il gioco dei guerrafondai e dei mercanti di armi. Mercanti italiani che all’estero godono di una forte reputazione tra i dittatori, i mercenari, i miliziani e gli assassini di ogni specie, aggressori e aggrediti.
Questo è un Paese impazzito, con un parlamento tra i peggiori della storia e un governo di dilettanti allo sbaraglio. Con un premier inquietante e ministri senza midollo. Siamo servi di tutti, della Nato, degli Usa, della Russia. Questo è il Paese che dopo aver steso tappeti rossi a Gheddafi il giorno prima, lo tradisce lasciando bombardare la Libia il giorno dopo. Eppure, la nostra storia ci avrebbe assegnato un compito speciale in questa Europa di matti: pace, cooperazione, fratellanza tra i popoli, ripudio della guerra.
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…” È una barzelletta. Dall’Egitto allo Yemen, dalla Libia all’Iraq la maggior parte delle armi italiane è esportata negli ultimi anni nelle zone più calde del pianeta. Con buona pace della Costituzione.
Ma Mario Draghi alla Camera favella: “Se non si aiuta (con le armi, ndr) l’Ucraina difendiamo il paese aggressore. È un terreno scivoloso che ci porta a giustificare tutti gli autocrati, tutti coloro che hanno aggredito paesi inermi, a cominciare da Hitler e da Mussolini”.
Se Draghi rappresenta l’Italia, allora l’Italia è un Paese di furbi, bugiardi e pericolosi voltagabbana. “Siamo in guerra, anche no, sì, forse, ma dai no, invece sì”.