Pitesai, Comuni abruzzesi, campani e lucani fanno ricorso al Tar

No Triv: "non è un atto di pianificazione, ma un documento che detta linee guida per il rilascio dei permessi di ricerca e delle concessioni per l’estrazione di gas e petrolio"

Circa trenta Comuni abruzzesi, campani e lucani sono in procinto di depositare un ricorso al Tar Lazio contro il Pitesai, il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, adottato di recente dal Ministero della transizione ecologica. Il Pitesai – sostengono i Comuni, assistiti dall’avvocato Paolo Colasante – non è un atto di pianificazione, ma un documento che detta linee guida per il rilascio dei permessi di ricerca e delle concessioni per l’estrazione di gas e petrolio.

Molti sono i dubbi di legittimità, a iniziare dal fatto che il decreto ministeriale fissa criteri flessibili e non rigidi per il rilascio dei titoli minerari, lasciando, in questo modo, ampia discrezionalità nelle mani del ministero, con grave incertezza sulle sorti dei territori. Con questo ricorso – sostiene il Coordinamento Nazionale No Triv – gli enti locali intendono anche affermare la propria contrarietà a una visione politica che ha fatto il suo tempo e che rischia di compromettere l’integrità del proprio territorio. Il rafforzamento delle estrazioni non risolverà in alcun modo il problema dell’attuale crisi energetica.

Al contrario: le attività resteranno autorizzate per altri venti, trent’anni, e questo non consentirà al nostro Paese di rispettare gli impegni assunti sul piano internazionale con gli accordi di Parigi e quelli stretti in sede Europea, giacché entro il 2030 l’Italia dovrà ridurre le emissioni in atmosfera del 55% rispetto ai livelli del 1990 ed entro il 2050 dovrà raggiungere la neutralità climatica. Obiettivi, questi, che sarà impossibile raggiungere se non si deciderà di affrontare seriamente il nodo della transizione ecologica ed energetica.