Sull’Appennino Lucano è tornato il capriolo

A testimoniarne la presenza è la ripresa di una fototrappola montata in un’area fluviale di Sasso di Castalda

Il capriolo è tornato sull’Appennino Lucano: a testimoniarne la presenza è la ripresa di una fototrappola montata in un’area fluviale di Sasso di Castalda (Potenza), nel cuore del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano. L’esemplare, videotrappolato nelle prime ore del 5 maggio scorso, è stato “scoperto” da Fabrizio Gerardo Lioy del Gruppo Ricerca Naturalistica di Fuorisentiero, durante il progetto di monitoraggio in corso del gatto selvatico europeo nell’Appennino Lucano.

Il video mostra il passaggio di un individuo femmina appartenente alla sottospecie italica (Capreolus capreolus italicus), una specie endemica italiana un tempo presente nell’areale lucano. Il capriolo italico è una specie autoctona italiana, classificato da IUCN come specie “Vulnerabile”. Negli ultimi anni la specie è stata oggetto di alcuni piani di reintroduzione nei Monti della Tolfa, Parco Nazionale dell’Aspromonte, Parco Nazionale del Cilento e Parco Regionale di Gallipoli Cognato.

L’esemplare videotrappolato non è il primo avvistamento della specie in Basilicata oltre i confini del Parco Regionale di Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane: in data 11 marzo 2021 una Guida del Parco Appennino Lucano, Emanuele Sileo, ha avvistato per la prima volta un capriolo nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano. In quel caso, la guida ha avuto la prontezza di filmarlo con un telefono, prima che l’esemplare fuggisse. Inoltre è da segnalare un altro avvistamento nel territorio del Parco Regionale del Vulture il 29 giugno 2021: in questo caso è stato videotrappolato, durante una ricognizione, un esemplare maschio di capriolo italico dal tecnico Donato Franculli, membro del Gruppo Ricerca Naturalistica di Fuorisentiero. Il video non è stato ancora divulgato, in quanto oggetto di uno studio sulla specie in territorio lucano.

La ormai attestata presenza di questa specie in Basilicata, seppur ancora sporadica, è un segnale positivo per la biodiversità regionale; il potenziale incremento numerico della specie andrebbe a regolare l’intero ecosistema boschivo, in quanto stabilirebbe una competizione con gli altri ungulati presenti in numero eccessivo, oltre ad equilibrare la presenza dei predatori.