Mafia in Basilicata, dalla ricchezza al potere: la posta in gioco nel Metapontino

La Basilicata in pochi anni ha scalato posizioni di “tutto rispetto” nel panorama nazionale dei fenomeni criminali

Nel 2007 in base a uno studio di Adam Asmundo (Università di Palermo) la Basilicata aveva l’indice di intensità del power syndacate (la capacità di esercitare da parte della criminalità organizzata un controllo capillare del territorio e condizionarne la vita economica e sociale) pari a 1,77: provincia di Matera 2,58, provincia di Potenza 1,44. Un indice piuttosto basso che riguarda l’intensità dei fenomeni considerati: associazione mafiosa, numero beni confiscati, estorsioni, omicidi per mafia, consigli comunali sciolti.

Per quanto riguarda, invece, l’enterprise syndicate (la capacità del crimine organizzato di realizzare profitti da attività illegali) la Basilicata sempre nel 2007 non rileva alcun indice significativo.

Nel 2007, Asmundo, quantifica alcuni costi, diretti e indiretti legati alla presenza della criminalità organizzata sul territorio lucano, che valevano approssimativamente l’1,9% del Pil, un totale di oltre 208 milioni di euro pari a 350 euro per abitante. Si tratta di una stima prudenziale dei costi, sia del power sia dell’enterprise  syndacate, legati a: le spese di anticipazione che rappresentano l’insieme dei costi sostenuti, a vari livelli (personale, familiare, aziendale, collettivo o pubblico), a fronte della possibilità che il delitto si verifichi; le spese di conseguenza che raggruppano l’insieme dei costi e dei mancati guadagni derivanti dal verificarsi del delitto; l’insieme delle spese di reazione che è rappresentato dalle spese per le azioni di contrasto alla criminalità, alle spese per le attività inquirenti (costo delle indagini delle forze dell’ordine e della magistratura), alle spese per le attività giudicanti (magistratura giudicante) e alle spese per l’esecuzione delle pene, che rappresentano una stima dei costi medi di detenzione. Insomma nel 2007 queste erano, secondo lo studio dell’Unipa, alcune parziali condizioni della Basilicata in rapporto al fenomeno della criminalità organizzata.

Vediamo oggi altri dati, anche questi parziali  che emergono dalla classifica annuale del Sole24ore sull’indice di criminalità nelle province italiane. Abbiamo dati di confronto tra il 2016 e il 2021. I dati fotografano i delitti “emersi” in base alle segnalazioni delle Forze dell’Ordine. Il numero delle segnalazioni rilevate è stato rapportato alla popolazione residente della provincia (2020).

Estorsioni: la provincia di Matera passa dalla posizione 67 nel 2016 alla posizione 34 del 2021. Potenza invece passa dalla 84esima posizione alla 68esima. Omicidi volontari consumati: la provincia di Matera passa dalla 58esima alla 38esima, sale di 20 posizioni in 5 anni. Potenza passa dalla posizione 87 del 2016 alla 34esima nel 2021.  Incendi: Matera è in quarta posizione nel 2021 ed era nella stessa posizione nel 2018 (non abbiamo il dato del 2016). Potenza passa dall’ottava del 2018 alla quinta del 2021. Associazione di tipo mafioso: Matera nel 2016 occupava la 67esima posizione, mentre nel 2021 in soli 5 anni passa nella top ten, in sesta posizione. Potenza dalla posizione 84 passa alla 83, anche se per quanto riguarda il dato di associazione per delinquere non di stampo mafioso si piazza in 13esima posizione mentre Matera è alla 75esima (dato 2021).

È evidente che questi dati, seppure molto parziali, estratti da una statistica più ampia e non collegati al vecchio studio dell’Unipa, dimostrano  comunque che la Basilicata in pochi anni ha scalato posizioni di “tutto rispetto” nel panorama nazionale dei fenomeni criminali.

Per questo ribadiamo, senza timore di azzardo, che ormai vi è una dimensione politica costitutiva del fenomeno criminale nella regione. “Da questo punto di vista, la mafia si caratterizza come un gruppo politico in senso weberiano, poiché presenta le caratteristiche principali di tale categoria di gruppo, vale a dire un sistema di regole e di norme, un apparato in grado di farle rispettare, una dimensione territoriale, la coercizione fisica” (Santino 1994).

E ripetiamo, con altre parole, che chiaramente prevale l’obiettivo del potere rispetto a quello dell’accumulazione della ricchezza. Ma questo obiettivo deve fare i conti con le alleanze esterne. La controffensiva criminale a Scanzano Jonico è pericolosa anche perché potrebbe innescare forme di imitazione in altri territori. E’ pericolosa anche perché potrebbe essere finalizzata alla leadership di altri gruppi al momento in difficoltà e riorganizzarli in reticoli più solidi. I criminali di Scanzano parlano anche agli altri loro “colleghi” nascosti o in carcere.  Come diceva il pentito Calderone, “noialtri siamo mafiosi, gli altri sono uomini qualsiasi” (Arlacchi 1992): anche a questo obiettivo puntano i clan del Metapontino?

E dunque non possiamo escludere che gli uomini dei clan ora in carcere e in attesa di sentenza stiano adottando una strategia di difesa giocata sugli attentati di questi giorni. Attentati incendiari piuttosto strani, poco ortodossi e, per certi aspetti “scomposti”. Eppure possibili. E se fosse qualcuno di loro il regista dei roghi di questi giorni? Dobbiamo perciò  immaginare non solo una prova di forza dei clan nei confronti della magistratura e delle comunità locali, ma una prova di forza all’intero delle stesse organizzazioni criminali che rovescerebbe la medaglia: “adesso siamo noi a comandare e non voi che siete in galera e sotto processo”. Fiancheggiatori e uomini in “vestito grigio” stanno lavorando senza sosta in queste ore. La posta in gioco è alta: denaro in nero, riciclaggio, narcotraffico, armi.