Cava Monte Crugname: l’autorizzazione vìola la legge

Valvano scrive a Latronico: Le aree del progetto nel 2015 furono interessate da un incendio e la legge 353/2000, prescrive che “... le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni”

Arriva la conferma su quanto da noi anticipato in un articolo del 3 giugno scorso a proposito dell’autorizzazione della cava di Monte Crugname a Melfi. “Sulla questione della Cava di Monte Crugname è palese la violazione dell’art 10 della legge 353/2000”. L’art.10, comma 1°, della legge n.353/2000, prescrive che “……. le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni”. Le aree del progetto, infatti, sono state interamente percorse da un incendio in data il 18 luglio del 2015. A segnalarlo in una nota inviata all’Assessore Latronico questa mattina è il segretario regionale del Psi nonché consigliere comunale, Livio Valvano.

“C’è un equilibrio tra interessi naturalmente contrapposti che le istituzioni devono garantire e quell’equilibrio smarrito sulla vicenda della nuova cava a Melfi che va ripristinato partendo dalla apertura di una inchiesta necessaria a fare luce su questa delicata vicenda. Sulla nuova Cava di Monte Crugname a Melfi, autorizzata dalla Giunta Regionale in data 04/05/2022- si legge nella nota di Valvano- ho dovuto riscrivere oggi una nuova nota alla Regione Basilicata, all’Assessore Latronico in particolare (e ad altri uffici), dopo aver letto e ascoltato in questi giorni le interviste successive alla comunicazione della Soprintendenza e a una mia nota scritta, trasmessa il 23/05/2022, con la quale segnalavo alcuni aspetti: l’inclusione dell’Area di cava all’interno del Parco del Vulture (delibera del Consiglio Comunale di Melfi del 23/06/2021 e del 28/07/2021), aspetto totalmente trascurato dal Dipartimento Regionale all’Ambiente; i risultati dello studio archeologico promosso dal Comune di Melfi, svolto dall’Università di Foggia e coordinato dalla Soprintendenza di Basilicata che evidenziano la presenza di elementi che dovrebbero spingere le autorità a tutelare quel territorio”.

Per Valvano “dalle risposte pubbliche dell’assessore Latronico, che per la verità non mi attendevo, ho ricavato il dovere morale di sottolineare ed evidenziare nuovamente alcuni aspetti che evidentemente sono stati notevolmente trascurati nella definizione del procedimento istruttorio e nella decisione politica finale. Sono convinto che ci sia stata una carenza di valutazione perché da ottobre 2021 a maggio 2022 (cioè al momento dell’autorizzazione regionale) non sono sopraggiunti elementi nuovi e l’unica novità è stata la sostituzione dell’assessore regionale all’ambiente. Tra tutti emerge la palese violazione dell’art.10 della legge 21/11/2000 n.353, considerato che le aree del progetto sono state interamente percorse da un incendio in data 18/07/2015. L’art.10, comma 1°, della legge n.353/2000, prescrive che “……. le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni”. Va sottolineato che l’evento del 2015 è visibile sul portale incendi della Regione Basilicata, consultabile da chiunque, compreso gli Uffici del Dipartimento Regionale all’Ambiente, evento che il Sindaco della città di Melfi segnalò per iscritto con la nota del 16/06/2020. Con la successiva nota del 22/06/2020, il Sindaco della Città di Melfi modificava il parere urbanistico in precedenza reso, circostanza che avrebbe dovuto indurre gli Uffici del Dipartimento Regionale all’Ambiente a rivedere l’istruttoria e le sue conclusioni. Purtroppo non è accaduto nulla”.

“Con la nota trasmessa oggi ho anche voluto segnalare all’Assessore Latronico che l’art.136 del decreto legislativo n.42/2004- prosegue la nota di Valvano- attribuisce facoltà alla Regione di dichiarare “il notevole interesse pubblico” di quell’area, attivando la Commissione ex art. 137 dello stesso decreto. Si tratta della procedura che l’Assessore Latronico conosce bene, già utilizzata per il Castello di Monteserico, la cui istruttoria poggia su solidissime basi, in considerazione di quanto comunicato dalla Soprintendenza di Basilicata (con le note 05/12/2019, 04/09/2020, 26/10/2021, 24/05/2022), dei contenuti dello studio archeologico dell’Università di Foggia, coordinato dalla stessa Soprintendenza e dai contenuti tecnici del piano paesaggistico che la Regione si appresta a varare dove è stato individuato un corridoio ecologico della rete natura 2000, rientrante nella rete ecologica del redigendo piano paesaggistico. E’ possibile che la Regione oggi conclude un procedimento di autorizzazione di una nuova cava che sconvolgerà, nel senso che spazzerà via alcune specie e domani, con il piano paesaggistico, individuerà in quell’area un corridoio ecologico da tutelare?Ecco perché mi sono permesso di segnalare l’esistenza di elementi sufficienti a indurre l’Ente Regione – conclude la nota di Valvano- e, in particolare, l’assessorato Regionale all’Ambiente ad attivare la speciale procedura disciplinata dall’art.136 e segg. del codice dei beni culturali e del paesaggio (il D.Lgs. 22/01/2004 n.42)”.