Cerealicoltori lucani reclamano il “giusto prezzo” per il raccolto
Con l’inizio della raccolta Cia-Agricoltori nutre “timori di speculazioni finanziarie sul nostro mercato, in concomitanza con l’auspicato sblocco delle navi ucraine cariche di frumento da Odessa”
I cerealicoltori lucani reclamano il “giusto prezzo” per il raccolto di grano coltivato in questi mesi a costi esorbitanti, con stime del +40% sulla mietitura per il rincaro del gasolio agricolo (+100% su 2021), che galoppa dopo l’annuncio dell’embargo sul petrolio russo. Con l’inizio delle operazioni di raccolta, Cia-Agricoltori nutre “timori di speculazioni finanziarie sul nostro mercato, in concomitanza dell’auspicato sblocco delle navi ucraine cariche di frumento da Odessa”.
Dopo l’sos lanciato nei giorni scorsi sul rischio “dimezzamento” raccolto cerealicolo in questa campagna in particolare nel Vulture-Melfese, Alto Bradano e Collina Materana, Leonardo Moscaritolo responsabile GIE-cerealicolo della Cia-Agricoltori e vice presidente della Cia Potenza, fa i “conti in tasca” ai suoi colleghi. Oltre ai rincari dei fattori produttivi già sostenuti, le previsioni delle prossime operazioni in campo non sono affatto rosee per il folle rincaro del gasolio agricolo (dagli 0,70 cent/lit del 2021 agli attuali 1,50 euro). Cia stima che i produttori dovranno affrontare la mietitura con un costo per ettaro di 100 euro rispetto ai 70 del 2021 (+40%), mentre si calcola un aumento del trasporto verso i centri di stoccaggio del +50%, dove anche la refrigerazione del grano sconterà il generale aggravio dei costi energetici. A questo si aggiunge il costo più che raddoppiato di tutta la manutenzione e la ricambistica necessaria alle macchine agricole.
Inoltre, per le aziende che non riusciranno a coprire i costi di produzione sarà difficile seminare nuovamente grano in autunno, col risultato di una maggiore dipendenza di materie prime agricole dall’estero. Un accordo russo-ucraino non diventi, dunque, l’alibi perfetto per gli interessi dei trader, che spingono al ribasso del prezzo proprio nell’imminenza della raccolta. A tutto svantaggio degli agricoltori italiani, che già soffrono uno scarso potere contrattuale rispetto a intermediatori e commercianti. Le aziende cerealicole dovranno, infatti, vendere subito il frumento, strozzate dai gravosi investimenti necessari a fronteggiare i vertiginosi aumenti dei costi energetici e la fiammata dei fertilizzanti di provenienza russa (+400%).
In merito alle speculazioni nel nostro Paese, Cia ricorda che le rotte dell’export di frumento da Kiev comprendono solo in minima parte l’Italia e un’intesa fra Putin e gli ucraini avrà ripercussioni positive esclusivamente per i Paesi africani e del Medio Oriente, principali importatori dalle zone del conflitto. Da noi arriva dall’Ucraina solo il 2,7% delle importazioni di grano tenero per la panificazione e zero di grano duro per la pasta. La stessa Unione europea copre suo fabbisogno solo il 15% dell’import totale di cereali dall’Ucraina e insieme a Usa e Canada produce 215mln di tonnellate di grano, con cui può sopperire senza problemi alla mancanza del grano da Kiev. Le banche d’affari internazionali hanno, però, condizionato con le loro operazioni finanziarie gli scambi commerciali dell’economia reale, distorcendo le dinamiche della domanda e dell’offerta delle commodities agricole.