Estrazioni petrolifere: “Perché il pinguino Rockhopper ha perso Masseria La Rocca”

I No Triv di Brindisi Montagna, le ultime due Amministrazioni comunali, con le associazioni lucane organizzatesi nel Coordinamento No Triv Basilicata, hanno contribuito notevolmente, con la mobilitazione, con le assemblee pubbliche, ad invertire una rotta già segnata

L’istanza di permesso ricadente nel territorio del Comune di Brindisi Montagna (solo in minima parte anche nel Comune di Potenza) denominata “Masseria La Rocca”, che dopo avvicendamenti delle società richiedenti, cambi di denominazione e di rappresentanza unica legale (l’ultima distribuzione percentuale degli assetti societari ha visto Rockhopper Italia al 30%, in qualità di r.u., con Total E&P Italia al 38% ed ENI al 32%), da anni era un procedimento giunto ormai nella pericolosa fase decisoria, vale a dire dal decreto VIA alla Conferenza dei Servizi e all’emanazione del decreto di conferimento.

I No Triv di Brindisi Montagna, le ultime due Amministrazioni comunali, con le associazioni lucane organizzatesi nel Coordinamento No Triv Basilicata, hanno contribuito notevolmente, con la mobilitazione, con le assemblee pubbliche, ad invertire una rotta già segnata. Decisivo il condizionamento operato nei confronti del Consiglio Regionale e quindi della Giunta di Basilicata nel produrre delibere di diniego e (cosa tutt’altro che scontata) affrontare, fino alla Corte Costituzionale, i necessari gradi di giudizio.

Mai abbastanza potremo dirci grati dell’operato e delle competenze professionali messe a disposizione in questa importante battaglia dal costituzionalista Enzo Di Salvatore e dall’avvocato Paolo Colasante.

E’ grazie a loro che è stato tracciato il percorso che dal 2018 ha portato all’atto di preavviso di rigetto dell’istanza del Consiglio dei Ministri. Preavviso ovviamente impugnato “in automatico” da Rockhopper, che ha evidentemente avuto ragione di nutrire forti speranze fino all’ultimo.

E’ proprio a fine 2018 che inizia la giostra delle bozze del cosiddetto PiTESAI. L’emanazione dell’art. 11-ter della Legge n° 12/2019 cambia le carte in tavola. Al di là di arzigogoli e contraddizioni, per la prima volta compare un dispositivo normativo che prova a far convivere l’idea di una possibile pianificazione dei permessi di prospezione e ricerca e delle concessioni estrattive con le urgenze e le necessità della transizione energetica. Anche la giurisprudenza deve adeguarsi alla prospettazione di un quadro di pianificazione delle aree in mare e in terra, ma per poter portare a termine con successo l’iter difensivo dei beni comuni di Brindisi Montagna sarà necessario attendere la pubblicazione del famigerato PiTESAI. Non è qui il caso di ripercorrere i ritardi, i mal di pancia, le delusioni, i cambi di cavallo governativi, che hanno caratterizzato (e continuano a caratterizzare) il tortuoso percorso del PiTESAI (che oggi è stato impugnato da 24 Amministrazioni comunali italiane); fatto sta che lo scorso 11 Febbraio 2022 viene finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DM 548 del 28 Dicembre 2021, di approvazione del Piano per la Transizione Energetica delle Aree Idonee, previa conclusione positiva della Conferenza Unificata Stato/Regioni/ Enti ed Autonomie Locali (16 Dicembre 2021) ai sensi dell’art. 11-ter della L. 12/2019.

Sono già pronte, per quanto riguarda il caso “Masseria La Rocca”, le strategie legali conclusive, ma a decidere la recente “resa” della Rockhopper (costretta a rinunciare al ricorso contro il su menzionato preavviso ministeriale di rigetto dell’istanza) saranno, paradossalmente, proprio 2 criteri capisaldi decisi nel PiTESAI e nella Conferenza Unificata di sua approvazione.

Il territorio del progetto “Masseria La Rocca” ricade infatti per circa il 50% in un’area considerata “potenzialmente non idonea”. Inoltre, mentre la joint venture delle tre Companies capitanate da Rockhopper si era sempre battuta per accelerare i tempi per l’avvio delle estrazioni del petrolio (già dal 2016!…), condizione (poi cristallizzata) per la ratifica del PiTESAI in Conferenza Unificata è la possibilità di proseguire nell’iter istruttorio solo per le istanze di permesso finalizzate alla ricerca di gas (non quindi petrolio), a fronte di riserve certe ammontanti ad almeno 154 milioni di mc di gas, purchè ricadenti in aree “potenzialmente idonee”.

La convergenza in particolare di due fattori, quali la parziale non idoneità dell’area e la mancata vocazione al monopolio della ricerca di gas, ha deciso gli esiti della ormai ventennale vicenda di “Masseria La Rocca”.

Tutto a posto e a lieto fine, quindi? Anche di fronte alle convergenze tassonomiche dell’UE, alle distorsioni di Pniec e Pnrr sulla soglia dell’abisso recessivo? Anche al cospetto di politiche decisioniste ed ultrarestrittive che in nome della guerra in Ucraina e dello sganciamento a tutti i costi dal gas russo (ma non dal gas, che resta ossatura ad libitum della transizione) già prospettano razionamenti a fronte di inarrestabili speculazioni internazionali ed altrettanto inarrestabili aumenti alla pompa e in bolletta?

Il c.d. “Decreto Energia” è la spada con cui il Governo e le lobbies che lo portano a spasso come un cagnolino deve recidere ogni “complicità” tra associazioni per i beni comuni ed amministrazioni comunali; è la spada con cui fare le nuove liste di proscrizione dei “nemici della Patria” che si oppongono alla spremitura del limone dei pozzi depleti, della trasformazione di interi territori in hub energetici, allo stoccaggio forzato del gas su faglie sismiche, alla cattura e stoccaggio della CO2 per sperimentare con costi pubblici produzione e trasporto di idrogeno blu.

La strada per nuove avventure estrattive è sempre aperta, insomma, con tanto di disponibilità da parte dello Stato a metterci i soldi per garantirsi qualche metro cubo in più di “gas nazionale”. Al di là del fatto che il diritto delle Companies ad estrarre idrocarburi liquidi e gassosi non è stato intaccato; oltre al fatto che stanno fioccando i primi ricorsi contro il PiTESAI da parte di Compagnie che si vedono sottratti in prospettiva “interessi consolidati” (non da ultimo azionari), in un contesto di diffusa insolvenza debitoria con le banche d’investimento, chi potrà garantire che anche a livello parlamentare (ci sono già tentativi in atto in tal senso…) non si decida per la sospensione del PiTESAI?

Delle 17 istanze di permesso riguardanti la Basilicata solo un anno fa, oggi ne rimangono soltanto 3 (Il Perito, La Bicocca, La Capriola, tutte e tre della Delta Energy), proprio in virtù dei criteri previsionali del PiTESAI.

Ciò vuol dire che in Basilicata ci stiamo (concessioni e permessi operanti a parte) liberando dell’incubo estrattivo? Purtroppo no. Semplicemente si è avviata una stagione diversa, in cui il legislatore, perseguendo la strada della c.d. “razionalizzazione”, è costretto a fare i conti con i buchi di bilancio, con il pick oil, con la necessità di ridurre le importazioni ed avviare una consistente opera di programmazione di investimenti nelle rinnovabili.

Aver discriminato tra “aree idonee, non idonee, parzialmente idonee”, vuol dire disponibilità ad accogliere nuove istanze. Vuol dire quindi, utilizzando il linguaggio del PiTESAI, chiudere man mano le situazioni “ante operam” ed avviare il quadro delle situazioni “post operam”, senza mai dimenticare la centralità dei criteri afferenti al metodo CBA, secondo cui, in sostanza, nel bilanciamento costi/benefici tra permanenza della filiera e degli interessi estrattivi da una parte e ambiente e salute dall’altra, vince sempre chi ha i soldi in bocca…

Augurandoci di no, non può quindi escludersi che chiusa “Masseria La Rocca” le sliding doors del PiTESAI non ne aprano un’altra, con nome diverso e con coperture formali diverse.

Dalla lettura del combinato disposto del comma 8 art. 11-ter della Legge n° 12/2019 e del Decreto ministeriale n° 548 del 28 dicembre 2021, qui di seguito riportati, si evincono facilmente i riferimenti normativi utilizzati dalla competente Direzione MiTE nel decidere sulle sorti di “Masseria La Rocca”.

Alla luce dei fatti, in barba ad ogni spregiudicato interesse borsistico/estrattivo della Rockhopper Spa & C., possiamo oggi affermare con certezza che la battaglia su Masseria La Rocca sarebbe stata vinta comunque!

Se l’epicentro del tormentone dei vari gradi di giudizio del diritto amministrativo è stato il diniego dell’intesa da parte della Regione (il 2017 il Tar Basilicata annulla la Delibera della Giunta Regionale lucana del 12 Dicembre 2016 che esprimeva il diniego all’intesa per il conferimento del permesso di ricerca), con conseguente disposizione di attivare la decisione dell’intesa stessa da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 1, c. 8-bis della L. 239/2004, integrato da art. 1., c. 554 della L. 190 del 2014) con effetti sostitutivi, è importante evidenziare che alla base del diniego resta l’opera politica pregressa, vera molla della delibera del Consiglio dei Ministri che decise (12 Dicembre 2018) di non superare il diniego di intesa della Regione Basilicata. Non solo. Ripercorrendo infatti le motivazioni della delibera del Consiglio dei Ministri in questione, si comprende in maniera lampante come la vicenda Masseria La Rocca sia ricaduta nel pieno dell’elaborazione dei nuovi strumenti normativi sollecitati dalla UE, quali la Nuova SEN del 2017 (gli obiettivi UE di lungo termine al 2050 richiedono un sistema energetico più sostenibile e sempre meno dipendente dagli idrocarburi) ed il PNIEC (Piano Nazionale Energia e Clima, allora in fase di definizione, volto a superare l’interesse pubblico per gli idrocarburi quale fonte energetica strategica, a favore di rinnovabili, decarbonizzazione, efficienza energetica). La Delibera del Consiglio dei Ministri del Dicembre 2018 testimonia la coerente quanto importante affermazione del MISE sulla non prevalenza dell’interesse pubblico per il potenziale estrattivo dell’area di Brindisi Montagna rispetto alla mancata intesa regionale, in quanto ritenuto potenziale non strategico ai fini energetici. La non prevalenza trovava riscontro nell’interesse delle comunità locali a non avere nuove attività esplorative, in una Regione già interessata da molteplici attività estrattive e da svariati permessi conferiti. La Delibera del Consiglio dei Ministri statuiva quindi la sospensione del procedimento, prendendo atto del fatto che la proroga della determinazione di esclusione della procedura di VIA era già scaduta ad agosto 2017.

Il Governo centrale faceva insomma proprie le motivazioni della Regione, ma anche quelle espresse dal Comune di Brindisi e dal locale Comitato No Triv, deliberando il non superamento della mancata intesa della Regione Basilicata e la non prosecuzione del procedimento finalizzato al conferimento del permesso di ricerca.

La Delibera governativa va intesa in altri termini come il frutto di un’articolata e puntuale mobilitazione, che sul piano strettamente giudiziario avrebbe tranquillamente potuto costituire l’antefatto per la definitiva chiusura del procedimento autorizzativo. Cosa che non è stato possibile far valere nell’immediato, in quanto la sospensione dei procedimenti in attesa del PiTESAI non consentiva per legge neppure l’adozione dei provvedimenti di diniego (oltre che di rilascio dei titoli), ma oggi, anche senza l’approvazione e la pubblicazione del PiTESAI, quella Delibera avrebbe comportato comunque il rigetto dell’istanza di permesso di ricerca!  Coordinamento No Triv Basilicata