La poesia di Marcello Buttazzo, racconto intenso di innamoramenti

Nella silloge "Fra le pieghe del rosso" il tema principale è quello dell'amore

La poesia di Marcello Buttazzo è racconto intenso di innamoramenti, “entro il dolce rumore della vita”, come avrebbe scritto Sandro Penna. Con i Quaderni del Bardo Edizioni ha recentemente pubblicato la silloge “Fra le pieghe del rosso“.

In questa raccolta, il tema principale è quello dell’amore, corporeo, incarnato nei fusti dei ciliegi come in corpi d’incanto. I versi contemplano le lunghe attese che preludono al tempo in cui è dato cogliere i fiori ormai dischiusi al cielo o di suggere il senso della vita dalle labbra della donna amata. Un amore innocente, fanciullesco, pronunciato con le sillabe chiare di un “madrigale amoroso“. Il poeta cerca la pienezza del rosso, l’amore maturo come un frutto. Rosso, come il corso incessante del sangue. Marcello Buttazzo incontra l’incanto dell’ispirazione spiando tra le pieghe del rosso. Negli occhi della propria musa, a cui si rivolgono la maggior parte delle liriche, egli incontra – riflesso – l’unico possibile scenario ancora aperto sul sogno.

Amore che pervade, attraversando senza barriere corpo e spirito. “Percorri / ventricoli e sangue / come fiume carsico“. Sullo sfondo, i paesi del Salento, forse proprio la Lequile abitata dal poeta, il suo cielo, le sue albe fattesi preghiera, promessa, antifone del giorno venturo. Il poeta gioca come un fanciullo coi suoi “origami di parole“, solo dopo aver tentato l’ardimento di percorrere ogni strada del corpo della propria amata, fino a sentire “la musica del costato”, immaginando di passare tra le ossa come un fiume fluente. In questo dialogo, come in ogni storia d’amore, il crogiolo del sentimento dà i natali a nuove parole, neologismi come “azzurrerai”. È l’intimità della poesia, un sincero dialogo con l’interiorità. “Verrai / davvero verrai / e m’azzurrerai / orizzonte ultimo / definitivo, / il più vero”. Il poeta intende far sapere al lettore che questo vorticare planetario intorno alle labbra e lo sguardo della musa non gli impedisce di vedere il mondo circostante, ma la sua scelta è di tenerlo lontano dalle gravitazioni d’anime che egli canta. Così che nessun chiodo possa trafiggerlo. “Di là dalle cupe evenienze / mi faccio avvolgere / dai tuoi occhi / che sono lampo, / un fazzoletto / di mare iridescente, / un cuscino / di fresco sapore”.

Il poeta, come l’uccello lirico tra i mandorli fioriti, annuncia nuove primavere, l’ora scoccata del tempo da trascorrere fuori, all’aperto. È il legame coi luoghi, da abitare come casa del proprio ancestrale radicamento. L’amore, ma anche la vita, quella presente e quella delle memorie perdute, delle mattine sbocciate “con parrucca di nebbia”. Sentimento immanente che sgorga da ogni dove, scorto persino nel flusso di una fontanella del paese. “Ti chiamo / e il tuo nome / risuona nel rosso / nel rosso d’amore”.

Marcello Buttazzo