Basilicata. Quel Potere “criminale” che non è la mafia

È un fenomeno non identificato e perciò difficile da combattere. Noi oggi gli diamo un nome: La Cosa

Da tempo ormai c’è una “criminalità” scientificamente organizzata che non puoi chiamare Mafia, perché va oltre e batte sentieri inarrivabili. Non è mafia, quella del codice penale, è un’altra Cosa. Non è neanche “massoneria”, troppe regole. È un fenomeno che non ha alcun nome, e per questo è difficile identificarlo e combatterlo. Si muove nella legalità per creare condizioni di ingiustizia. Ingiustizia funzionale ai disegni di dominio politico, economico e sociale. Si tratta di club esclusivi e occulti che tuttavia, per nascondere i loro obiettivi, agiscono alla luce del sole. Legalità e legittimazione istituzionale sono i loro punti di forza sociale. Apparentemente gli esponenti di questi club si muovono nel rispetto assoluto delle leggi. E certe leggi, in Basilicata, sono figlie delle lobby di quei club. Per identificare questo fenomeno, bisogna imparare a distinguere ciò che è legale da ciò che è giusto. Uccidere, oltre che un reato, non è giusto. Tuttavia uccidere in guerra è legale. Uccidere un condannato a morte è legale. Tutti, però, sappiamo che uccidere non è giusto. Oggi diamo nome a questo Potere legale, legittimo, eppure sostanzialmente “criminale”: La Cosa.

Cosa e Cosina

Chi sono gli esponenti della Cosa? Appartengono quasi sempre allo stesso status sociale: grossi imprenditori, politici importanti, alti dirigenti, magistrati. E tutti gli altri? Tutti gli altri sono affiliati e sottoposti, che agiscono al livello inferiore e funzionale, la “Cosina: piccoli imprenditori disonesti, politici di basso rango, funzionari che aspirano a carriere facili, sindacalisti venduti, cancellieri e avvocati, commercialisti, bancari compiacenti, giornalisti senza midollo. Il campo di azione della Cosa si estende dalla sanità, agli appalti pubblici, le aste fallimentari, dai finanziamenti ai contributi in tutti i settori: agro alimentare, industriale, ambientale, energetico, culturale. I vertici della Cosa agiscono sul medio e lungo periodo, preparano con meticolosa cura i percorsi (legali e legittimi) verso un traguardo, scientificamente studiato e monitorato, ingiusto, socialmente disprezzabile, dannoso per la collettività. Quelli della “Cosina” sono addetti alla costruzione e manutenzione delle fasi intermedie del percorso verso il traguardo: delibere, determine, capitolati d’appalto, convenzioni, regolamenti, azioni di disturbo o di accelerazione di eventi finalizzati a legittimare il percorso, eventuali modifiche normative, artificiosa creazione di condizioni di emergenza laddove occorra, eccetera.

Il medico affiliato

Facciamo un primo esempio di pianificazione a medio termine di un traguardo legittimo e legale. L’esponente politico Caio deve favorire la nomina di un medico, affiliato alla Cosa, a dirigente di un reparto. Il medico non ha i requisiti e dunque occorrono diciamo 5 anni per acquisirli. In quei 5 anni il medico fa un master, poi lo si nomina responsabile di qualcosa, poi vice del primario e, infine, magari attraverso regolare concorso, primario. Tutto legale, ma profondamente ingiusto. È un esempio, generico, ma che riguarda diversi settori della pubblica amministrazione. E lasciamo da parte il capitolo delle nomine.

L’assegnazione degli appalti

I vertici della Cosa, sanno in anticipo dell’arrivo di risorse finanziarie pubbliche o di bandi e avvisi per l’assegnazione di lavori e forniture. Si mettono d’accordo su quali imprese affiliate alla Cosa devono aggiudicarsi gli appalti e dove. Presa la decisione, loro scompaiono dalla scena. Tutto il resto è affidato tacitamente a quelli della “Cosina”, i quali organizzano tutto per bene e in anticipo le fasi del percorso che deve portare al traguardo nel pieno rispetto della legge. Le imprese unte dalla Cosa, si mettono d’accordo sulle modalità di partecipazione e sui ribassi, dopo aver discusso, se necessario, con i funzionari circa i requisiti da inserire nel bando e nel capitolato. La procedura si svolge così nel pieno rispetto delle norme, il traguardo è raggiunto nel quadro della legalità. Nel caso l’impresa unta dalla Cosa dovesse mancare di qualche requisito di legge, la pubblicazione del bando viene ritardata in attesa che la “fortunata” azienda si adegui anche grazie alla mediazione di esponenti di vertice della Cosa.

Più che i lavori, contano i progetti

In molte circostanze la Cosa è interessata più agli incarichi di progettazione che alla realizzazione dei lavori, e comunque, nella filiera degli appalti, l’assegnazione dei progetti preliminari ed esecutivi ha un rilievo primario. Milioni di euro di progetti sono così distribuiti tra i liberi professionisti affiliati alla Cosa. In diversi casi, si tratta di progetti elaborati, pagati più che bene, per lavori mai eseguiti di opere incompiute o anche inutili. In altri casi si tratta di opere che con il tempo devono essere riadeguate, recuperate e che richiedono altri finanziamenti per altre progettazioni per altri lavori da appaltare e da eseguire. Un pozzo senza fondo che alimenta la ricchezza, il potere e il consenso della Cosa. Si pensi ai milioni di euro di progettazione e di lavori della rete idrica e irrigua in Basilicata nel fu Accordo di Programma del 1999. O si pensi allo schema idrico Basento Bradano.  Nonostante tutto, siamo punto e a capo. In arrivo altre risorse per la progettazione e per i lavori, con nomi diversi ma della stessa sostanza. È un esempio, tanto per non dilungarci. Si pensi adesso alle risorse per il contrasto al dissesto idrogeologico, o anche a tutte le risorse previste nel Pnrr e nei gli altri Fondi europei: al centro, notate, in questo momento c’è l’assegnazione degli incarichi di progettazione.

Le emergenze

Una delle fasi dei percorsi gestiti dalla Cosa è, quando occorre, l’emergenza. Per giungere con profitto a questa fase entrano in gioco diversi affiliati, in particolare i funzionari pubblici. Si ritarda il completamento della documentazione per l’ottenimento di un finanziamento dello Stato o della UE, si ritarda la documentazione per la realizzazione di un’opera pubblica, il rendiconto di spesa per finanziamenti già ottenuti o ottenuti in parte. Si fa scadere un contratto di appalto oltre la data prevista. A quel punto si agisce in emergenza: affidamenti diretti, finanziamento di opere inutili, proroghe di appalti, lavori urgenti, eccetera. Ci sono anche situazioni in cui si ritarda perché i vertici non si accordano, preventivamente, su chi deve aggiudicarsi i lavori. E quindi anche se l’opera è necessaria e magari veramente urgente, si tergiversa.

Gli errori e la magistratura

Nella gestione degli affari, la Cosa commette qualche errore, è umano. Di solito però gli errori vengono commessi al livello della “Cosina”. Funzionari che sbagliano, imprenditori che esagerano, liberi professionisti faciloni. Insomma, dinamiche che possono sfuggire di mano. Una denuncia e via alle indagini della magistratura. A finire nelle inchieste sono uomini e donne della “Cosina”. Qualcuno viene pure condannato. Altri assolti, archiviati o prescritti. Quasi tutti evitano scrupolosamente di coinvolgere i vertici della Cosa. E per questo vengono premiati con scatti di carriera o con altre forme di riconoscenza. I vertici della Cosa non sopportano i riflettori della magistratura, non sopportano l’idea che la loro reputazione venga scalfita. Il ricco capitale di prestigio e reputazione è una delle condizioni fondamentali per agire alla luce del sole negli affari della Cosa e mantenere alte le loro “quotazioni romane”. Non a caso loro hanno sempre fiducia nella magistratura, anche perché un cancelliere compiacente, un giudice amico nelle stanze del Tribunale si trovano sempre, meglio ancora quando questi sono ai vertici della Cosa. Capita così che cittadini onesti da accusatori diventano imputati, o subiscono il tritacarne giudiziario senza avere mai giustizia perché hanno osato sfidare il potere della Cosa. Naturalmente odiano i giornali che li chiamano in causa in qualche modo e non raramente si affidano ai loro avvocati per procedere con querele temerarie e intimidatorie. Querele che a volte, anche se inequivocabilmente infondate, vanno a segno, chissà perché.

Qualche tempo fa un primario ospedaliero ha ammesso candidamente e pubblicamente di aver manipolato un concorso con l’avallo dei suoi dirigenti. Nessuno lo ha inquisito. Questo è un esempio di affiliato alla Cosa che agisce nella Cosina, protetto dai vertici. E fermiamoci qui per il momento.

Parallelismi

Mafia. Gli affari illeciti dei gruppi associativi criminali arricchiscono solo i capi, mentre i loro “soldati” e affiliati, anche se non se la passano male, ricevono una piccola parte della ricchezza. I profitti sono appannaggio di poche persone, tutti gli altri sono “stipendiati”. Inoltre, la ricchezza accumulata in un territorio è prevalentemente reinvestita in altre zone distanti dal luogo in cui si è generata. Gran parte dei profitti criminali finiscono in consumi opulenti di beni e servizi non prodotti sul territorio ma provenienti da altre zone. Un’altra parte dei profitti, che finisce nelle rendite immobiliari e nella finanza speculativa, va ad alimentare ricchezza altrove. Gli investimenti locali non aggiungono nulla e sottraggono. E mentre sottraggono aggiungono paure, incertezze, disagi, pessimismo.

La Cosa. Gli affari della Cosa arricchiscono i vertici, mentre gli affiliati della Cosina pur intascando cospicui benefici, non possono definirsi ricchi, ma benestanti. La ricchezza accumulata in Basilicata è prevalentemente reinvestita in altre zone distanti dalla regione, anche all’estero. Finisce nelle rendite immobiliari e nella finanza speculativa, ma anche nell’acquisizione di quote in Società o aziende remunerative, spesso attraverso prestanome.

La criminalità organizzata usa la minaccia della violenza, e spesso la violenza per imporre la sua volontà. La Cosa usa il ricatto occupazionale ed economico, il peso del potere.

I gruppi criminali associativi lucani e limitrofi non mettono piede nella media e grande industria, tantomeno nell’industria petrolifera. In Basilicata non hanno né la forza né la capacità per farlo. La Cosa ha mani e piedi nella media e grande industria, compresa quella petrolifera, nei grossi affari sull’energia, sulle infrastrutture e sull’agricoltura, perché ha la forza e la capacità per farlo.

La mafia ti può uccidere fisicamente. La Cosa, invece, ti porta al fallimento, attiva la macchina del fango e dell’isolamento, ti costringe alla fuga, all’emigrazione, alla disoccupazione, alla povertà, alla morte civile. Ma solo se disobbedisci.

La Cosa ha un centro unico di comando?

La Cosa è il Potere in Basilicata, indipendentemente da chi governa la Regione. Non ha un centro unico di comando, ma diversi luoghi e spazi di azione con filamenti che collegano mondi apparentemente separati, pezzi di pubblica amministrazione, coacervi di interessi finanziari e imprenditoriali, pezzi delle istituzioni e della politica, dell’editoria e dell’informazione. Unico scopo gestire le risorse e mantenere il dominio, decidere sui flussi di denaro pubblico, spartirsi la torta degli affari, accumulare ricchezza e dunque Potere. Mondi in competizione eppure alleati quando le circostanze lo richiedono. Il vertice della Cosa è costituito dal tavolo convocato per definire le forme e le regole delle alleanze in vista della conclusione di affari che richiedono cooperazione. A quel tavolo siedono i capi delle diverse articolazioni della Cosa.

La Cosa e la Mafia

I fenomeni mafiosi lucani sono al momento confinati nel recinto del codice penale. Si tratta di gente esperta in estorsioni e spaccio e che prova ad entrare nel mondo degli affari investendo in qualche iniziativa imprenditoriale, magari appropriandosene con le minacce e l’usura, anche al solo scopo di riciclare i proventi illeciti. Insomma, al momento la criminalità associativa lucana non esprime grandi cervelli e forti competenze per affrontare sfide più complesse: sono ditte, non grandi Società e i loro esponenti non sanno ancora indossare bene giacca e cravatta. Tuttavia non è da escludere che sia in atto un’evoluzione verso la maturazione di altre ambizioni.  In tal caso, se le convenienze della Cosa dovessero ad un certo punto coincidere con gli interessi di una mafia più evoluta, e viceversa, ci troveremo di fronte ad un Potere completamente legittimato da interessi e comportamenti legali, ma sostanzialmente criminale. Ma non è neanche escluso che mafiosi “forestieri”, quelli che già hanno le mani in pasta nell’economia e nella finanza, quelli che vestono bene e sanno indossare orologi costosi, siano interessati alle convenienze della Cosa. E dunque basta ipocrisie.

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