Dopo tutto, meglio consegnare il Paese a Meloni: destra per destra, meglio l’originale

La provocazione di Pietro De Sarlo: quali sono i successi del Governo dei “migliori”?

In questo momento non sappiamo come finirà la crisi di governo. Quello che è certo è che se si vorrà un governo che continui a fare gli interessi dei soliti noti i numeri ci sono, a prescindere da quello che farà il M5S. Dovranno però farlo senza la foglia di fico del Movimento.

A quelli che si sentono già orfani di Draghi dico che faranno bene a iniziare a elencare tutti i successi del governo dei migliori in vista della campagna elettorale.

Per esempio le migliaia di aziende messe in crisi solo per aver avuto fiducia nello Stato, nel settore edilizio con ben 17 variazioni normative in sei mesi con norme  spesso retroattive sui bonus edilizi; l’aumento del prezzo del gas frutto di una politica estera che non ci possiamo permettere; la mancata compensazione da parte dell’Europa per il maggior costo per le sanzioni alla Russia che gravano sul nostro Paese (per la Brexit Francia e Germania le ottennero); lo spread che viaggia intorno ai 200 rispetto ai 90 dell’ultimo periodo del Conte II; la sostituzione di Arcuri con il nipote di Sergio Mattarella, come se in tutto il Paese non ci fosse un curriculum più adeguato, oltre ai tanti amici dei salotti buoni messi qua e là; la bocciatura della UE della riforma Cartabia perché mette a rischio  i processi per corruzione e di mafia oltre alla indipendenza dei magistrati; la completa assenza di qualsiasi modifica del trattato di Dublino per cui accogliamo i biondi ucraini ma chi scappa da altre guerre o li lasciamo crepare in mare o nei lager turchi e libici; lo spettegolare, come tra vecchie comari astiose, con Grillo su Conte; l’aver ceduto parte del PNRR della agenzia spaziale italiana a quella europea; il DDL concorrenza che ripropone la privatizzazione dei servizi pubblici locali, ovviamente solo quelli profittevoli come l’acqua, nonostante il referendum del 2011; la sottomissione al ‘dittatore Erdogan’; il maldestro tentativo di diventare presidente della Repubblica; l’aver umiliato il parlamento  tanto da inviare la finanziaria 2022 solo poche ore prima della discussione alla Camera, la prima finanziaria italiana di sempre approvata senza il parere della apposita commissione mentre l’arbitro Mattarella dormiva; la miriade di progetti insensati del PNRR; l’aumento delle spese militari e la riduzione di quelle per la sanità e potrei continuare.

Non mi viene in mente nessuna richiesta fatta all’Europa che sia stata accettata, anzi non mi viene in mente nessuna richiesta se non quella ridicola sul tetto del gas.

Riguardo ai meriti di Draghi del passato rinvio a quanto già scritto su questo giornale. 

Sergio Mattarella nel suo discorso di inaugurazione del secondo settennato ha detto: “Poteri economici sovranazionali tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico”.

Forse Draghi è lì per questo ed è il simbolo di un Paese da sempre privo di dignità e sottomesso prima a Franza e Spagna e ora a Franza e Alemagna, basta che se magna, o almeno i soliti.

Se ci pensiamo bene la buona immagine di Draghi deriva da quello che ci raccontano i media dei salotti buoni e il loro braccio politico: il PD.

Nonostante questo i fatti elencati sono certi e reperibili tra i trafiletti di quarta in cui sono semi nascosti.

Comunque se qualcuno ha in mente atti o fatti compiuti da Draghi a beneficio del Paese intero e non alla sua frazione più ricca durante il suo governo o prima nella sua lunga e luminosa carriera lo dica ora o taccia per sempre.

Perché a breve ci sarà la campagna elettorale e il PD sarà impegnato a rifarsi un look di sinistra dopo aver tagliato pensioni, diritti dei lavoratori, diritti sindacali, aver contestato l’unica misura contro la povertà varata da 20 anni a questa parte, aver chiesto il MES e avere come unico programma politico cipensamariosantosubito.

Al PD sono scafati, sanno bene che i sondaggi sono ingannevoli e che il ‘partito nazione’ tiene solo in funzione della elevata astensione: bacino da cui recupera poco. Come ci spiega Pagnoncelli  può contare su un numero fisso di quelli dei quartieri alti. Poi c’è lo zoccolo duro degli elettori – militanti, che per riflesso condizionato dell’appartenenza al vecchio PCI, accetta tutto per cieca fede nella ‘dirigenza’.

I giovani sono assenti e per fatti anagrafici questo zoccolo si assottiglia sempre più.  Poco per dormire sonni tranquilli, specialmente senza un accordo elettorale proprio con il detestato M5S.

Letta ha quindi iniziato l’operazione giovani/simpatia e a farfugliato di giovani che devono trovare una occupazione decente e che occorre mettere fine agli apprendistati gratuiti. Solo ora si risveglia dal letargo dopo i 9 punti di Conte sulle questioni sociali. Ma dopo aver fatto i pataccari per decenni, spacciando pirite per oro zecchino, saranno ancora credibili?

Per pescare tra i giovani ci provarono con le sardine. Ma il loro leader, Mattia Santori, ha incespicato anche di fronte alle interviste più spiaggiate, oltre ai recenti eccessi di spinelli, e lo sforzo di farne un personaggio credibile è miseramente naufragato.

Ora tocca a Elly Schlein. È la Serracchiani delle origini, prima che diventasse anche lei un cavallo bolso. Giovane, sembra non parlare a vanvera, carina q.b. e poi ha un nome esotico che fa tanto chic nel provincialismo da cui è afflitto il Paese. Ripete a memoria il libro stampato della sinistra, lo stesso che viene riposto in cantina dopo ogni elezione.

Il prodotto ‘Elly’ tiene bene in tv, e quindi i media dei salotti buoni ne hanno iniziato la commercializzazione. Il provino è andato in onda il 9 luglio u.s. a La7. Il pallido Mieli si è trasfigurato. Parenzo ha fatto da tappetino e Concita la ola.

Elly però non è nuova di pacca, come la Serracchiani d’antan. È vice governatora di Bonaccini, PD. Quello che sponsorizza il DDL Gelmini relativo alla autonomia differenziata.

Per i distratti questo prevede che gli accordi Stato – Regioni vengano sottratti al Parlamento, quasi si trattasse di un affare privato, e prevede il mantenimento della spesa storica. Ossia regioni nutrite a pane e cicoria e altre con ogni ben di dio, for ever. Insomma una secessione di fatto.

L’autonomia differenziata è una delle figlie del PD. Già Gentiloni, con un governo in articulo mortis, a febbraio 2018 firmò un primo accordo, maturato al buio dei putrescenti bassifondi della politica, con Zaia, Bonaccini e Fontana. Qual è ora la linea sul tema dei pataccari del PD? Qui, al Sud bacino storico del Partito Nazione, lo vorremmo sapere.

Il M5S prima di fare alleanze con il PD, che ha tramato per distruggerlo per poter fare liberamente gli interessi dei soliti noti, deve chiedere chiarezza su tutto ciò. Altrimenti meglio consegnare il Paese a Giorgia Meloni. Destra per destra meglio l’originale.

R.S.V.P., prima delle elezioni preferibilmente.

Pietro De Sarlo