L’eroismo di Napoli: in Italia e in Europa fu la prima città a liberarsi da sola

Antonio Amoretti, partigiano delle Quattro Giornate di Napoli: "la battaglia di Graziella Salvatore contro il 'rovescismo storico' è anche la mia"

Avevo 16 anni, sono sceso nelle strade del mio quartiere, la Sanità, con la pistola di mio padre e ho fatto la mia parte. Ne vado orgoglioso.

A 95 anni non pensavo di dover ritornare sull’argomento. L’articolo di Graziella Salvatore, L’antilevismo lucano/Salvate il soldato Hiroo Onoda (Basilicata24, 7 novembre) che ringrazio per avere ricordato allo scrittore Gaetano Cappelli semplicemente la verità, che lui – senza rispetto per la storia – nega, mi chiama direttamente in causa: credo di essere, purtroppo, l’ultimo partigiano delle Quattro Giornate ancora in vita.

La battaglia culturale e civile di Graziella Salvatore contro il rovescismo storico è stata anche la mia. E continua a esserlo. Per una vita ho infatti portato la mia testimonianza, i miei ricordi e la mia conoscenza dei fatti ovunque avessi la possibilità di farlo. Non mi sono mai sottratto alle domande. E di episodi ne ho raccontati tanti, non so nemmeno più quanti, alcuni purtroppo si sono persi nel buio della mente. Fortunatamente, è tutto documentato e pubblicamente disponibile: in rete numerosissime sono le interviste, non solo le mie, e tanto materiale documentale: i libri di storia, poi, quelli scritti da storici seri, che hanno consultato le fonti – orali e scritte -, quelli che si sono impolverati le mani negli archivi, ricostruendo pazientemente, e con rigore, la catena degli accadimenti e il loro significato.

Una ricostruzione che ancora continua e continuerà a lungo, tanti sono gli episodi di lotta, i morti trucidati e le gesta che aspettano di essere sottratti all’oblio: la mappa delle violenze, degli scontri e dei protagonisti di quelle giornate è incompleta. Tanti tasselli sono stati, però, già aggiunti. Io stesso ho ricordato il ruolo delle donne e quello dei femminielli. Il contributo dei monarchici e – non c’è di che scandalizzarsi – anche di alcuni fascisti. Ho ricordato il carattere terroristico dei bombardamenti degli alleati, che il 4 agosto del ’43 sventrarono la città di Napoli, senza che vi fosse alcuna ragione per farlo, certamente non una ragione militare. Ho anche contestato la versione che nell’immediato dopoguerra si affermò, sostenuta anche da chi apparteneva agli ambienti in cui io stesso militavo. Si diceva: le Quattro Giornate sono state il frutto di una mobilitazione spontanea, di un popolo. Una mobilitazione dettata dalla fame e dalla minaccia delle deportazioni. Niente di paragonabile alla Lotta di Liberazione che vide soprattutto le regioni del centro e del nord coinvolte per circa un anno e mezzo. Le Quattro Giornate furono in realtà molto di più di questo. L’insurrezione fu pianificata, le sue azioni organizzate e, nei limiti del possibile, anche coordinate militarmente. Ne fui testimone. D’altronde, come si sarebbe potuto sconfiggere l’esercito tedesco, consistentemente presente in città e armato fino ai denti? Con i moschetti e gli atti di eroismo degli scugnizzi? Suvvia! I fatti hanno avuto la meglio sulle versioni di comodo. Ce ne è voluto di tempo, ma oggigiorno nessuno può argomentare una tesi diversa da questa: Napoli è stata la prima città in Europa a liberarsi da sola dall’occupazione nazifascista.

Solo chi è ignorante dei fatti o è in mala fede può dire il contrario. Ho deciso di intervenire per una ragione molto semplice. Nella mia vita ho preferito sempre confrontarmi con i giovani, in aule affollate e curiose. Ancora oggi, malfermo sulle gambe e quasi cieco, se mi invitano non mi tiro indietro. Ho cercato sempre – e cerco – di mostrare loro cosa significasse, e quale importanza avesse, la cura della memoria, insieme al rispetto della verità. Queste sono le radici robuste in cui affonda il futuro che li attende. Anzi, il futuro che sapranno costruirsi con le loro mani e la loro volontà. La dignità degli individui, così come quella di un popolo, la si conquista e la si difende giorno dopo giorno, senza rivendicare primati (inesistenti) e senza oltraggiare la storia. Antonio Amoretti Partigiano delle Quattro Giornate di Napoli e Presidente Onorario A.N.P.I Napoli (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia)

Nella foto, Maddalena Cerasuolo (anni 23) e, alla sua sinistra, Antonio Amoretti (anni 16)

Maddalena Cerasuolo e Antonio Amoretti