Il Pnrr non salverà il Sud e il Paese, mentre l’autonomia differenziata darà il colpo di grazia

Ci stiamo indebitando non si capisce bene per fare cosa e al servizio di quale visione sul futuro

Ci sono due questioni che saranno determinanti sul futuro del nostro Paese nei prossimi decenni: il PNRR e l’Autonomia Differenziata. Ma entrambi gli argomenti fanno fatica a emergere nel dibattito pubblico e rimangono sottotraccia nelle segrete stanze del potere dove maturano e prendono forma negli anfratti meno illuminati e più maleodoranti della politica.

Della prima è presto detto. C’è un difetto di impostazione che è comune a tutti i piani di finanziamento pubblico, dall’utilizzo delle royalties petrolifere ai fondi europei e ora al PNRR: invece di individuare progetti utili per ogni territorio all’interno di un quadro organico e di visione su scala nazionale e poi trovare il modo per finanziarle si finanziano ‘missioni’ uguali per tutti i territori dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, con la pretesa che ovunque ci sia la stessa necessità di opere pubbliche e private. Il bravo amministratore – secondo questa linea -non è chi realizza una visione e su questa trova le risorse ma quello che legge i bandi e invece di realizzare quel che serve realizza quel che è finanziabile e arraffa quello che può. Così se si finanzia la costruzione di stalle si costruiscono stalle, anche dove i buoi sono scappati da un pezzo e non c’è nessun piano per farli tornare.

Insomma ci stiamo indebitando non si capisce bene per fare cosa e al servizio di quale visione sul futuro. D’altronde basta rivedere l’ultimo discorso di Draghi al senato che si lamentava dei partiti che ‘boicottavano’ i suoi sforzi per liberalizzare taxi e arenili, oltre ai servizi pubblici locali e la giustizia, come se queste cose fossero dirimenti per il risanamento della montagna di debito pubblico che abbiamo e per il nostro futuro. Altro lascito di ‘visione’ non mi pare di aver colto dal ‘migliore’, se mi è sfuggito qualcosa di significativo chiedo scusa.

Sulla autonomia differenziata se ne dibatte per gli impatti costituzionali e sugli aspetti economici. Ma come può essere costituzionale un disegno di legge che sottrae al parlamento gli accordi Stato Regioni, blindandoli e impedendone ogni successiva riforma? Lodevole in questo campo l’iniziativa del professor Villone, Marco Esposito e altri per un progetto di legge costituzionale e altrettanto lodevoli sono sia l’appello lanciato dalla Carta di Venosa al Presidente della Repubblica contro questo scellerato progetto, sia le numerose manifestazioni promosse dai comitati NO AD .

I presidenti delle regioni meridionali invece la giocano sul filo del ‘politichese’, sperando che la necessità di definire i LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni), che sono il requisito minimo per riconoscersi in una unica comunità politica, e il fondo perequativo blocchi il progetto poiché garantire gli stessi livelli di prestazioni del Nord al Sud farebbe saltare il banco dei conti pubblici nazionali. Già questo la dice lunga sulla tradizionale pubblicistica antimeridionale ma la dice anche lunga sulla lungimiranza dei governatori del Sud che rafforzano in questo modo l’idea di Sud incapace di autosostenersi e che aspetta le solite mancette dal Nord produttivo. Proposte da questi governatori per il futuro del Mezzogiorno? Zero spaccato!

Voglio ora spezzare una lancia a favore del ministro Roberto Calderoli, leghista secessionista della prima ora e autore del famigerato ‘porcellum’, che minaccia querele a destra e a manca a chi definisce la sua legge ‘Spacca Italia’. Non perché la sua proposta non spacchi l’Italia, anzi mai nome più appropriato è stato trovato per l’Autonomia Differenziata, ma perché il solco su cui si muove è nato dalla riforma del Titolo V, fatta dal governo di sinistra di uno dei tanti salvatori della Patria Giuliano Amato, da un primo accordo Stato – Regioni fatto dal governo in articulo mortis di Paolo Gentiloni nella primavera del 2018, proseguito alla fine della scorsa legislatura dal Governo Draghi con il DDL Mariastella Gelmini. Tra i firmatari degli accordi c.d. Gentiloni e Gelmini l’aspirante segretario del PD lo ‘spaccaitalia’ Stefano Bonaccini. Insomma è nel seno della sinistra che si sono trovati gli strumenti per spaccare il Paese, Calderoli ha solo la faccia e la storia giusta per farli apparire per quello che sono, ossia disegni secessionisti, e di rendere più chiare concrete e visibili le norme per continuare la predazione del Sud. Ma lo ‘spaccaitalia’ Bonaccini viene ospitato, e forse appoggiato, da Emiliano e De Luca nella corsa alla segreteria PD invece di essere respinto a pernacchie oltre il Garigliano, o il Volturno se preferite.

Ma il vero punto di questa questione, a mio modo di vedere, consiste nel contrastare il brodo di coltura dove si è pasciuto questo progetto e che consiste nell’assioma per cui i problemi del Sud abbiano una matrice antropologica e quindi siano irrisolvibili. Molti contrastano l’autonomia differenziata solo perché politically correct o per un ‘buonismo unitario’ per cui anche i poveri meschinelli del sud meritano la fratellanza delle italiche genti.

L’autonomia differenziata nasce da operazioni culturali come ‘Il sacco del Nord’ di Luca Ricolfi o ‘Perché il Sud è rimasto indietro’ di Emanuele Felice ed è, a mio modo di vedere, innanzitutto sul piano culturale che l’autonomia va contrastata smentendo uno dopo l’altro i pregiudizi sul Sud, come ha fatto Marco Esposito nei suoi libri, o come faccio io nel mio ultimo lavoro ‘Bla Bla Bla Sud. Perché il PNRR non salverà il Sud e il Paese’ 

Se cito il mio libro non è per dare forza ad una operazione commerciale, non comprerò di certo villa ‘Soumahoro’ né parteciperò ai talk dei salotti buoni delle ZTL perché sono poco iconico e troppo per bene, ma perché ritengo importante smantellare il castello di 160 anni di pregiudizi sul Mezzogiorno, le falsità della stampa, le meschinità della politica e soprattutto per dare un quadro corretto sulla base della mia esperienza sulle cause reali del divario Nord Sud e sulla conseguente strategia possibile per colmare tale gap.

Non pretendo di aver ragione o che le mie tesi siano corrette ma da cittadino qualsiasi pretendo che si esca dall’attuale quadro di menzogne e che si avvii una discussione collettiva e seria su tali questioni.