Indotto ENI Viggiano: nuove o vecchie difficoltà nei cambi appalto

UILM, ci viene da pensare che Eni, in realtà, non ha mai digerito fino in fondo il Patto di Sito

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Ogni cambio appalto sembra una piccola odissea eppure auspicavamo che il Patto di Sito, rinnovato il 5 Maggio dello scorso anno, potesse aver sanato interpretazioni o posizioni contrastanti che purtroppo continuano ad esistere   e che, addirittura, risultano acuite.

Per diversi cambi di appalto Eni, attraverso deduzioni e sintetizzazioni da parte di Confindustria e al solo fine di ridurre i livelli occupazionali, in maniera strumentale sta interpretando il Patto di Sito con posizioni che non corrispondono all’accordo e soprattutto alla realtà effettiva.

La cristallizzazione dei livelli occupazionali e salariali nei 240 giorni precedenti l’assegnazione della gara ha rappresentato l’elemento di novità del rinnovato Patto di Sito. Ad una certa data comunicata da Confindustria, relativa al lancio della gara, devono essere determinati il numero dei lavoratori e il salario.

Il primo elemento si chiama Fabbisogno ordinario della commessa, il secondo rappresenta il patrimonio salariale pregresso e futuro dei lavoratori.

Norme chiare, dunque, che vengono disattese con artefici o arrampicate, mistificando la realtà.

Il Patto di Sito, come più volte ribadito, nasce per tutelare e salvaguardare i livelli occupazionali, il fabbisogno ordinario, avente un’anzianità di almeno 12 mesi sull’appalto stesso.

Questo è il requisito fondamentale dell’accordo regionale.

Il Patto di sito altresì ha lo scopo di “promuovere le condizioni di contesto favorevoli per il mantenimento e lo sviluppo del sistema occupazionale lucano e, quindi, l’utilizzo nell’ambito delle attività oggetto degli appalti nel settore oil&gas e non oil di manodopera lucana, tenendo comunque in considerazione le specificità delle imprese uscenti ed aggiudicatarie, nel rispetto della efficienza aziendale”.

Il suddetto punto, dunque, esplicita bene l’obiettivo al quale si dovrebbe tendere per favorire negli appalti l’utilizzo della manodopera lucana.

Ma ciò non significa che nella procedura di un cambio appalto debbano essere estromessi lavoratori con l’alibi del luogo di nascita, seppur rientrano nel fabbisogno ordinario. E, d’altro canto, se è questo il principio ispiratore dell’azione di Eni, ci chiediamo: come mai Eni che “strappa” gli ordini di lavoro e li affida a non lucani dovrebbe poi vietare l’utilizzo di manodopera non lucana?

Nella realtà dei fatti, la famosa banca dati da cui eventualmente le aziende avrebbero dovuto attingere, cosa ha portato in termini di rioccupazione? Nulla!

La verità è che dietro tutte le manovre/interpretazioni di sorta c’è una sola esigenza: tagliare l’occupazione utilizzando i cambi appalto come strumento per dividere i lavoratori.

È necessario, come ricordato più volte, anche alla luce delle ultime difficoltà riscontrate nella procedura del cambio appalto Di Pietro/SkF, chiarire urgentemente con ENI  e con tutti i sottoscrittori del patto di Sito  le regole comuni, in modo da non lasciare spazio ad interpretazioni soggettive.

Non è più accettabile assistere ad annunci di facciata dai palchi di convegni prestigiosi, senza ovviamente la possibilità di un contradditorio, e poi discutere del depennamento di un lavoratore da un appalto!

Ci viene da pensare che Eni, in realtà, non ha mai digerito fino in fondo il Patto di Sito e il suo smantellamento significherebbe la completa anarchia sugli appalti.

E la politica lucana che dice su questo?  Auspichiamo che questo modello di anarchismo sociale sia ben lontano dal pensiero del nostro Presidente Bardi.

Eni deve ricordarsi “sempre” che la Lucania è stata ed è terra anche e soprattutto di Business, di barili, di dollari, di euro, di profitto e, dunque, di dividendi. Il rispetto che si deve alle comunità locali non può non tradursi nell’osservanza delle regole e degli accordi.

Sollecitiamo nuovamente la Regione Basilicata, come fatto già in precedenza, nella convocazione del tavolo regionale, per riprendere anche il filo circa la sorveglianza sanitaria e rendere esigibili gli altri impegni del Patto di Sito a partire dal Fondo Sociale, gli investimenti previsti e quelli alternativi.  Eni deve riprendere il dialogo sociale, abbandonato da tempo, con le Organizzazioni Sindacali al fine di pianificare ogni azione per garantire il prossimo futuro. Futuro che si costruisce con una precisa progettualità, con gli investimenti, con le attività e, dunque, con il lavoro. Bisogna che tutto ciò venga chiarito per mettere in campo, nei tempi giusti ed utili, politiche di qualificazione o riqualificazione professionale attinenti il programma stesso.

 

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