Stellantis. “A che serve l’aumento di 100 euro se siamo senza futuro?

A margine della settimana delle assemblee "i cattivi pensieri" di un operaio. "Hanno firmato un accordo e poi sono venuti a dircelo”

E’ finita subito la luna di miele tra sindacati di categoria e lavoratori Stellantis a Melfi. Dopo le assemblee di questa settimana (fuori solo la Fiom Cgil che non ha firmato l’accordo), qualcosa inizia a scoppiare. Un malcontento simile ad una pentola a pressione che ha trattenuto troppo vapore. “Quando ho chiesto durante le assemblee al mio sindacalista di riferimento quali sono le nostre garanzie lavorative per il futuro, mi ha risposto che questo non lo sa, che non lo può sapere”, racconta un lavoratore che ha partecipato agli incontri.

“Ci aumentano di 100 e qualche euro al mese il salario e va bene – osserva il lavoratore che opera alla Plastica – ma se poi mi fai lavorare solo due giorni a settimana a che mi serve l’aumento? Te lo sei già preso indietro con la Cassa Integrazione”. Detta a parole sue, “l’ultimo accordo economico che vale per due anni e che prevede un leggero aumento mensile e una tantum che sarà corrisposta in seguito, non rispondono ai bisogni profondi” della classe operaia di Melfi. “Ho chiesto al sindacalista se l’azienda ci assicura il lavoro per i prossimi anni e mi ha detto che non può rispondere, e quindi a cosa mi serve l’aumento?”, ribadisce. Poi entra nel dettaglio. “Un mio collega è stato strappato da un turno e ora lavora con noi, all’altro turno, perché mancano persone, io stesso devo fare più postazioni perché mancano persone, quindi vuol dire che non siamo in esubero, vuol dire che manca personale”, si inferocisce l’operaio. Che aggiunge: “E invece offrono 2400 euro per andare a Pomigliano, altri soldi per le trasferte a Termoli, mentre qui siamo sotto numerati, sempre di meno e dobbiamo correre come matti. Perché lo fanno?”.

E’ un fiume in piena il lavoratore e va dritto al nocciolo della questione: “La verità è che molti di noi, senza dirlo, ci vedono un disegno preciso per indebolire Melfi – attacca – prima hanno fatto licenziare i giovani del job act, ora lo stanno facendo con noi 50enni a condizioni che sono per paradosso anche meno vantaggiose. Conviene solo a chi aggancia la pensione”. Dal suo punto di vista “vogliono sfoltirci nel numero talmente tanto che poi tra due anni potranno dire che qui siamo rimasti in pochi quindi non conviene neanche più puntare sullo stabilimento lucano e sulla Basilicata dove non ci sono infrastrutture e servizi e non conviene più investire”. Sono cattivi pensieri i suoi, non troppo diversi da quelli di tanti altri colleghi “che ora all’improvviso non parlano più per un po’ di polvere negli occhi avuta col nuovo contratto e qualche euro in più in busta paga”. Tra un po’, aggiunge, “torneranno a farci saltare i turni perché mancano i componenti, salvo ritornare, i componenti, la mattina dopo. Ma come arrivano, con gli elicotteri, o arriva direttamente Gig Robot a lanciarli?”.

Tutte perplessità che tra il serio e il faceto il lavoratore ha tentato di far valere a margine delle assemblee. “Ma dall’altra parte non ho ricevuto risposte e ho visto solo colleghi totalmente ubriacati dal nuovo contratto”. Dal 2024 a Melfi sono previsti 4 nuovi modelli e l’annunciato passaggio all’elettrico. “Questa è l’unica certezza che abbiamo, per il resto brancoliamo nel buio e dovremmo fidarci, alla cieca, di sindacati che ci dicono che è un buon accordo, ma a chi vogliono prendere in giro”. E fa una previsione: “Qualche mese di tempo e vedrete se le cose che vi ho detto non usciranno allo scoperto. E poi sì che lo capiremo il buon accordo. Ma sulla nostra pelle”.