La Basilicata, il Sud e il Ponte sullo Stretto
Se si vuole comprendere il perché il Mezzogiorno sia così privo di infrastrutture basta vedere la puntata su La7 del 4 maggio di ‘In altre parole’
Se si vuole comprendere il perché il Sud sia così privo di infrastrutture e, come scrive Marco Esposito, sia un ‘Vuoto a perdere” basta vedere la puntata su La7 del 4 maggio u.s. di ‘In altre parole’.
Con Gramellini e Vecchioni è andata in onda l’ennesima sceneggiata della ipocrisia politically correct di certa intellighenzia nordica a favore del Sud e con Di Giovanni il tafazzismo di certa intellighenzia meridionale piena di quello che Carlo Levi definiva il complesso di inferiorità dei meridionali e la conseguenza acquiescenza nei confronti degli interessi del Nord.
Oggetto del dibattito il Ponte sullo Stretto, che non si deve fare perché prima c’è da fare ben altro: la ferrovia a Matera, il treno tra Agrigento e Catania e via dicendo.
La necessità di infrastrutture al Sud è enorme, e da 163 anni non si fanno infrastrutture al passo con i tempi e in queste condizioni qualcuno mi dovrà spiegare perché al Nord si fa il Mose E la Pedemontana, si fa la BreBeMi E l’Alta Velocità, si fanno gli ospedali E le scuole. Insomma al Nord è tutto un E, al Sud invece diventa tutto una O. Il Ponte sullo Stretto O cosa? Nulla. O, perché al Ponte sullo Stretto c’è sempre una O migliore, ideale e taumaturgico più necessario da contrapporre; nulla perché non si contrappone mai niente di concreto da realizzare e frutto di un piano al servizio di una visione.
Ora non chiedo questo piano a Gramellini, Vecchioni o Di Giovanni, che possono solo ripetere i più triti luoghi comuni vista la pigrizia mentale degli intellettuali italiani, ma i partiti del No al ponte, PD e M5S, visto che al Sud chiedono voti, propongano insieme al No un piano di investimenti al Sud in alternativa al Ponte e per lo meno di pari importo.
Per esempio: tutte le città del Sud, anche limitandosi alle più importanti, non sono nodi di una rete di collegamenti e di trasporti, come quelle del Nord, ma solo i terminali dei collegamenti Sud Nord: il percorso utile a emigrare e ai viaggi della speranza. E quindi dove è il piano di infrastrutture al Sud per collegare ad esempio Taranto e Reggio Calabria con Alta Velocità e autostrada invece della pericolosissima statale ionica? Oppure dov’è il piano per realizzare la Lauria – Candela cancellata dal governo Prodi, perché dovevamo entrare in Europa e prendere l’Euro? Per inciso al Nord non fu cancellata nessuna infrastruttura significativa in quella circostanza. Manca persino un piano minimo a costo quasi zero come la razionalizzazione degli aeroporti. C’è sempre un benaltrismo vuoto di proposte concrete che spunta fuori solo quando si discute del Ponte o della ferrovia a Matera o dello stato dei collegamenti in Sicilia. Nel mentre il lungo gap infrastrutturale tra Nord e Sud, maturato in 163 anni dall’Unità D’Italia ad oggi, è enorme e va sempre più aumentando. Devo dire che il benaltrismo ha buon gioco, perché la gente del Sud, abituata a non avere nulla, quando si vede sul piatto un’opera di tale fatta si disorienta e dice: ma come? Se siamo fermi alle tradotte addirittura il Ponte?
Quindi coraggio: tirate fuori questo piano straordinario di infrastrutture al Sud, in alternativa al Ponte, per toglierlo dall’isolamento e rimetterlo al centro dei commerci del Mediterraneo e fare in modo che non sia più la periferia delle periferie d’Europa. Altrimenti tutto ciò e tutti, intellettuali e partiti nominalmente a favore del Sud, forniranno solo l’alibi per non fare mai niente.
Come quello che il Ponte sarebbe un regalo alla mafia, e come se il Mose non fosse stato un regalo alla più ampia rete corruttiva mai vista in Italia o come se viste le vicende di Antonveneta e delle Banche Venete in tutta la regione si fossero chiusi tutti gli sportelli bancari. O, peggio, come se al Sud lo Stato avesse rinunciato alla legalità e lo avesse abbandonato alla mafia.
E così arriviamo all’ultimo alibi per non fare nulla al Sud e al contempo salvarsi l’anima: le risorse, che al Nord si trovano sempre e al Sud mai. Se facessimo tutte le infrastrutture necessarie al Sud forse arriveremo anche a capire l’utilità del Ponte che dovrebbe essere una E e non più una O.
Prima o poi qualcuno ci dovrà spiegare come e perché ci stiamo indebitando con il PNRR e non lo utilizziamo per ammodernare il Paese. Oltre alle infrastrutture al Sud abbiamo una capitale che ha un sistema di metropolitane inesistente, ci sono un insieme infinito di opere da fare ovunque, come l’autostrada per Latina. Invece, come per i fondi europei, ci indebitiamo per la sagra del fagiolo, per finanziare gli agriturismi in posti irraggiungibili, per costruire centri di aggregazione giovanile dove i giovani non ci sono più, per continuare a supportare l’imprenditoria privata e spingerla ad innovarsi per poi farla riprecipitare nel baratro di un Paese con infrastrutture da primo novecento e quini non in grado di essere concorrenziale senza contributi pubblici. Continuiamo a proporre ricette che mai hanno funzionato e mai funzioneranno, come la fiscalità di vantaggio o la ZES unica o meno, per il semplice fatto che non rappresenta una proposizione di valore utile modificano di un fiato lo svantaggio strutturale delle produzioni del Sud.
Forse bisognerebbe fare un giro in Spagna e nelle sue città per capire come modernizzare il Paese con i fondi europei. Piantiamola però di dare sempre la colpa ai politici, quando abbiamo un ceto intellettuale così pigro e conformista che non è in grado di produrre nulla di utile come visione per il Sud se non le stucchevoli questioni antropologiche.