La Basilicata e la “carrozza senza cavalli”
Una classe dirigente locale che cazzeggia tra chiacchiere, tavoli, patti, intese e protocolli, mentre la Storia va in un’altra direzione
L’industria automobilistica di quelle dimensioni nei primi anni 90, l’industria petrolchimica negli anni 60-70, gli insediamenti petroliferi in val d’Agri e nell’area della concessione di Tempa Rossa sempre nei primi anni 90 hanno qualcosa in comune. Qualcosa che, nel contesto lucano, appare in quella fase come “senza precedenti”. Un concetto che prendo in prestito da Shoshana Zuboff che lo usa per spiegare tutt’altro (2023).
Ciò che è senza precedenti – scrive Zuboff – è immancabilmente irriconoscibile. Perciò lo interpretiamo automaticamente ricorrendo a categorie familiari, e in tal modo rendiamo del tutto invisibili proprio le sue caratteristiche inedite. Un esempio è la nozione di “carrozza senza cavalli” usata da chi doveva confrontarsi con l’invenzione senza precedenti dell’automobile. Un altro esempio – scrive sempre Zuboff – è l’incontro tra gli indigeni e i primi conquistadores spagnoli. “Quando i Taino dei Caraibi precolombiani osservarono per la prima volta i soldati spagnoli, sudati e barbuti, che arrancavano sulla sabbia coperti di broccato e armature, come avrebbero potuto riconoscere il significato, l’unicità e la portata di quel momento? Non potevano certo immaginare la propria distruzione, e così ritennero che quelle strane creature fossero divine e le salutarono con elaborati riti di ospitalità.”
Ecco, in quegli anni la società lucana, la politica anche strumentalmente, in particolare le popolazioni interessate dal “senza precedente”, interpretarono l’accadimento, e non potevano fare altrimenti, con le categorie più familiari: lavoro, pane, sviluppo, ricchezza, progresso, modernizzazione, eccetera. Non potevano immaginare che il petrolio non avrebbe portato ricchezza alle popolazioni e che, anzi, avrebbe distrutto le ricchezze locali che nessuno vedeva come fonte di progresso del territorio nel quadro di originali politiche di sviluppo. Quel senza precedente ha portato inquinamento, malattie, spopolamento. Lo stesso si dica per gli insediamenti petrolchimici di Pisticci, Ferrandina e di tutta la val Basento dove apparvero qualche anno dopo soltanto macerie.
Anche l’insediamento Fiat a san Nicola di Melfi possiamo leggerlo come un “senza precedente”, in un territorio a vocazione agricola e turistica. E anche in quel caso per leggere l’accadimento si è fatto ricorso a categorie familiari quali lavoro, occupazione, sviluppo, eccetera. La politica e certo sindacalismo costruirono una narrazione facile, semplicistica e non potevano immaginare che cosa sarebbe accaduto all’industria e all’economia reale negli anni successivi. Non potevano immaginare Stellantis e tutto il resto a cui assistiamo in questi giorni. A maggior ragione se nessuno di loro aveva la capacità di leggere le trasformazioni in corso in quegli anni.
Chi doveva farlo, soprattutto negli ultimi anni, ha preferito mettere la testa sotto la sabbia e accontentarsi della sopravvivenza personale nel perenne presente rimandando continuamente la resa dei conti con la realtà. E la realtà racconta che nel frattempo il mondo cambiava. La finanziarizzazione dell’economiastava distruggendo l’industria e impoverendo i salari, spingendo verso la precarietà e la disoccupazione. La prevalenza del profitto rendeva padroni del territorio le multinazionali del petrolio e dell’energia. L’incapacità da parte delle classi dirigenti locali e delle amministrazioni pubbliche di utilizzare le royalty per azioni di sviluppo emergeva con evidenza. L’inadeguatezza della politica e degli amministratori creava ampie sacche di spreco di risorse pubbliche, miliardi di euro serviti a nulla, anzi spesi per arricchire piccole frange di privilegiati.
Il “senza precedente” si trasformava in “precedente” nelle sue conseguenze, nei suoi effetti. Un precedente che in pochi hanno considerato perché pochi, da queste parti, quando devono affrontare una sfida, un fenomeno, un’opportunità studiano, consultano gli esperti, analizzano i cambiamenti a vasto raggio, esplorano l’orizzonte. Molti, invece, politici, sindacalisti e imprenditori fanno dichiarazioni che i fatti smentiscono il giorno dopo; aprono e chiudono tavoli sempre gli stessi, sottoscrivono protocolli, intese, patti, senza rendicontare un risultato. Cazzeggiano. Oggi siamo al carro dei cambiamenti senza alcuna possibilità di orientarli, ma possiamo solo subirli accogliendoli come fecero gli indigeni dei Caraibi con i conquistadores spagnoli. E non sarebbe la prima volta. La Basilicata va rifatta, ma non con il trucco.