Emergenza acqua, facciamo il punto: dalle preoccupazioni di oggi agli allarmi per il futuro

29 novembre 2024 | 17:04
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Emergenza acqua, facciamo il punto: dalle preoccupazioni di oggi agli allarmi per il futuro

La cattiva gestione, per decenni, della rete idrica è stata la principale causa del disastro di questi mesi. Le responsabilità sono note, ma adesso occorre abbassare il tono degli allarmi sulla qualità dell’acqua e alzarlo sulla possibile privatizzazione dei servizi idrici

La cattiva gestione, per decenni, della rete idrica è stata la principale causa del disastro di questi mesi. Le responsabilità sono note, ma adesso occorre abbassare il tono degli allarmi sulla qualità dell’acqua e alzarlo sulla possibile privatizzazione dei servizi idrici. Oggi dobbiamo pretendere la rimozione di tutte quelle cause, la sanzione, almeno sociale, dei responsabili del disastroe, soprattutto, la creazione di una rete idrica efficiente, sicura, tecnologicamente avanzata. Dobbiamo pretendere che nel breve tempo venga limitato l’approvvigionamento dal fiume Basento, anche per non alterare la funzione ambientale del corso fluviale. E dobbiamo pretendere che emergano responsabilità sulla eventuale cattiva gestione dell’emergenza in questi mesi.

Le preoccupazioni dei cittadini, più che giustificate, di queste settimane non devono trasformarsi in allarmismi ingiustificati. Alcuni esperti terzi, da noi contattati, ci spiegano che i corsi d’acqua, ossia i fiumi hanno una propria naturale capacità autodepurativa o, se volete, rigenerativa. Si stima che dopo 4-5 km da possibili fonti di inquinamento urbano, agricolo o industriale, il fiume recuperi quasi del tutto la sua chiarificazione e la sua purezza. In sostanza, la capacità autodepurativa di un fiume “consiste nella sua attitudine di ecosistema a depurare le sue acque da qualsiasi inquinante se la contaminazione degli agenti è ancora al di sotto di determinati parametri quali-quantitativi.” In tal caso è evidente che il fiume non deve essere in condizioni eccessivamente pietose. Perciò il rilevamento più importante riguarda le acque in uscita dall’impianto di totale e definitiva potabilizzazione. E’ la qualità di quelle acque a doverci interessare più di ogni altra cosa.

Detto questo, a farci riflettere oggi è anche un comunicato stampa di Acque del Sud SpA. Apprezziamo il Piano Industriale per il triennio 2025-2027 che prevede importanti investimenti, ma c’è qualcosa che ci spinge a riflettere soprattutto sul futuro della gestione delle reti idriche e dei servizi idrici. Il presidente del CdA, Luigi Giuseppe Decollanz ci fa sapere che la Società è diventata anche partner ufficiale della Community Ambrosetti Valore Acqua per l’Italia ed è anche entrata a far parte della famiglia “Utilitalia”, Federazione tra le più importanti utilities del paese in ambito idrico ed energetico. Bene, noi abbiamo il dubbio che Valore Acqua per l’Italia di Ambrosetti sia un Think Tank, al pari della Fondazione Utilitatis, che spinge nella direzione della privatizzazione della gestione delle reti idriche e dei servizi idrici. Vogliamo sbagliarci. Tuttavia, intorno a queste organizzazioni ci sono Società con interessi privati. La stessa Acque del Sud SpA è proiettata ad acquisire quote da società private. Al momento è una società privata a capitale interamente pubblico.

“Già nel referendum del 2011 gli italiani avevano votato a favore dell’abrogazione di due norme in materia, in due diversi quesiti:  contro la possibilità di privatizzare la gestione dei servizi idrici e sulla remunerazione del il capitale investito dal gestore del servizio idrico. Nonostante la vittoria dei “sì” non sembra sia cambiato molto.  “Oggi il commercio dell’acqua è diventato estremamente redditizio. A causa della sua crescente scarsità a livello mondiale, i fornitori di acqua – siano essi privati, municipali o statali – stanno diventando sempre più importanti.” L’acqua giocherà sempre più un ruolo fondamentale nei giochi geopolitici.

Nel nostro Paese le reti idriche sono di proprietà pubblica ed è vietata la loro vendita a soggetti privati, anche se la società acquirente avesse capitale interamente pubblico. La loro gestione può essere però affidata a soggetti privati. Il problema che si pone per il futuro è che si vada lentamente verso la vendita a privati attraverso stratagemmi oggi ignoti. Ecco perché bisogna stare attenti: i privati non puntano all’acqua tout court, ma alle infrastrutture, alle reti, alle dighe, agli invasi. Se ho in mano la rete ho in mano il consumo, la produzione, i rubinetti, i sistemi di irrigazione. Tuttavia, ai privati potrebbe interessare non tanto la proprietà quanto la gestione, magari accompagnata da investimenti la cui remunerazione diventerebbe un problema pubblico. Ecco perché occorrerebbe una normativa senza ambiguità che vieti non solo la vendita a soggetti privati ma vieti anche l’affidamento della gestione a soggetti privati.  Molte delle società che girano intorno ai gestori pubblici hanno interessi nell’idroelettrico, ossia nello sfruttamento dei salti idraulici. E gli azionisti di alcune di queste società non appartengono alla categoria del “buon Samaritano”.

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