Crisi idrica, la politica si fa la doccia con l’acqua rimasta

La risoluzione approvata in Consiglio regionale non serve a superare i problemi, ma serve a calmare gli animi e a dilatare le responsabilità
La risoluzione sulla crisi idrica approvata all’unanimità in Consiglio regionale appare come il solito palliativo utile a calmare le acque politiche nell’immediato. La sensazione è che il documento impegni la Giunta Regionale a fare cose che non potrà fare o che sta già facendo. Nel primo caso l’opposizione mette in saccoccia materiale utile alle critiche, speriamo non strumentali, nel momento in cui emergeranno le “inadempienze”. Nel secondo caso la maggioranza incassa a credito il lavoro già iniziato e che molto probabilmente porterà a termine. Infatti, nel documento si richiamano impegni già assunti dalla Giunta e attività già in corso. Queste circostanze suscitano molte perplessità circa il taglio retorico che caratterizza il testo della risoluzione.
A rendere consistente questa perplessità in primis l’impegno a “istituire una Cabina di Regia Regionale per la Gestione Strategica della Risorsa Idrica, con funzioni di coordinamento tra Regione, Acque del Sud, Acquedotto Lucano, Consorzi di Bonifica, Autorità di Bacino, centri di ricerca e stakeholder. Le famose Cabine di Regia, da queste parti, non ci sembra abbiano prodotto risultati apprezzabili. Luoghi di discussioni infinite, utili a rallentare i processi con la scusa della partecipazione democratica, con funzioni di coordinamento impossibili da esercitare. Immaginate al tavolo sindacati, associazioni, dirigenti, centri di ricerca, e chi ne ha più ne metta, che devono coordinare se stessi e magari prendere decisioni che, al contrario, richiedono tempestività e assunzione netta di responsabilità. Vi invitiamo a leggere la risoluzione. Chi ha seguito tutta la vicenda dell’acqua lucana in questi anni potrà farsi un’idea della fragilità di quel documento.
Tuttavia, dobbiamo ammettere che un organismo come il Consiglio regionale altro non può fare: provare a mettere ordine nel caos della gestione e contrastare i danni prodotti dalla frammentazione delle funzioni in capo a enti diversi. L’unico problema è che lo fa con i proclami unanimi sotto forma di risoluzione. Non funzionerà. Ne riparleremo alla fine del 2026. Tutto ciò che riguarda il futuro è opportuno che prenda le mosse da una seria autocritica sul passato. L’autocritica non si è vista né sentita. Anzi, nella famosa Cabina siederanno alcuni dei responsabili dei disastri di questi lunghi anni.
Non si risolvono i problemi scavalcandone altri. E i problemi scavalcati, ignorati, in questo caso sono sempre gli stessi: i nominati dirigenti negli enti strategici lucani, presidenti, amministratori unici, direttori generali dipendenti non dalla politica, ma da gruppi di esponenti di partito che si contendono gli spazi di potere in quei luoghi. Dove? Consorzio di Bonifica, ancora in mano al sempiterno e camaleontico Giuseppe Musacchio, l’Egrib, Acquedotto Lucano. Avvocati, funzionari pubblici, dipendenti regionali trasformati in mega manager chissà come e chissà perché. Dobbiamo ripeterci, la Basilicata ha un problema serio: l’inadeguatezza della classe dirigente a tutti i livelli. Un problema enorme ed è strano che nessuno lo veda. Non lo vede la politica popolata da molti improvvisati statisti. Non lo vede la società civile sonnolenta e in molti casi addomesticata dalle prebende seduttive di quella classe dirigente inadeguata. “I migliori” esistono, ma spesso sono costretti all’esilio. Ecco, la Basilicata ha bisogno di gente migliore, di dirigenti all’altezza delle sfide, orientati esclusivamente dall’interesse generale e dalla tutela dei beni pubblici. Senza di loro non ci sono Cabine di Regia e risoluzioni capaci di funzionare.
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