Dall’Eipli a Acque del Sud: l’emergenza idrica e le lacrime di coccodrillo della politica

La Basilicata rischia di annegare nelle sue stesse acque: sotto accusa gran parte della classe politica e dirigente lucana degli ultimi 45 anni
L’inchiesta è abbastanza complessa, lunga, e contiene necessariamente dei link che richiamano documenti e articoli complementari per chi volesse avere un quadro più vasto e anche più chiaro del racconto. Con questo lavoro proviamo a dare una spiegazione ai pasticci della politica sull’acqua in questi ultimi 45 anni sintetizzando il racconto nei limiti del possibile e articolando gli argomenti nel modo più agevole per il lettore. Non abbiamo l’ambizione di stabilire la verità su quanto accaduto e accade, ma certamente abbiamo il dovere di aiutare i cittadini a capire perché la Basilicata rischia di annegare nelle sue stesse acque.
L’EIPLI, FIORE ALL’OCCHIELLO
“Nell’ansia di ricostruzione che ha caratterizzato l’immediato dopoguerra, l’istituzione dell’EIPLI, nel 1947, ha rappresentato il perseguimento di una delle maggiori aspirazioni delle popolazioni meridionali, le quali vedevano nella disponibilità di risorsa idrica l’indispensabile premessa per la trasformazione fondiaria industriale e urbana, necessaria per raggiungere quegli obiettivi sociali, culturali ed economici, che costituivano il sostanziale contenuto della dibattuta questione meridionale. (…) Le funzioni affidate all’Ente erano ambiziose, spaziavano dall’individuazione di tutte le risorse idriche superficiali e sotterranee, alla ricerca e sperimentazione di nuove tecniche di utilizzazione della risorsa idrica, fino alla disseminazione delle competenze in materia di irrigazione.” (In una relazione del Commissario pro-tempore, 2017).
“Questo è stato l’Eipli, costituito con decreto del Capo provvisorio dello Stato del 18 marzo 1947, n. 281, e posto sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con l’attribuzione di funzioni tecnico-esecutive in materia di bonifica, riforma fondiaria e irrigazione al servizio dei territori regionali di Puglia e Basilicata. “Una grande realtà che, grazie alla Cassa del Mezzogiorno, ha infrastrutturato tutto il Sud ed è stato l’Ente che oggi ci consente di avere le più belle e importanti infrastrutture idriche d’Italia se non d’Europa. Purtroppo poi abbandonate dalla inedia di chi lo ha gestito dagli anni 80 in poi. Per questo concordo nel dire che EIPLI non merita di uscire di scena con l’epiteto di carrozzone o ente inutile tanto da finire nel calderone dell’art. 21 del DL 201/2011, ma ha il diritto di essere ricordato per le grandi opere e la coraggiosa visione che aveva del Mezzogiorno.” (Luigi Giuseppe Decollanz, 2025)
Ecco, con queste parole iniziamo il nostro viaggio nell’Eipli, un Ente che ha fatto la storia delle infrastrutture idriche nel Mezzogiorno pensate, progettate, realizzate da grandi professionisti. Qui l’Annale 1949-1955, e qui l’Annale 1968, per chi volesse approfondire storicamente le attività dell’Ente: schemi idrici Ionico-Sinni, Basento-Bradano e Ofanto, a cui si aggiunge un quarto schema, molto più limitato degli altri tre, costituito dalle sorgenti del Tara; dighe del Pertusillo sul fiume Agri costruita tra il 1957 e il 1963, di Acerenza, di Monte Cotugno, di Genzano, della Camastra, di Conza, di Saetta, di Serra del Corvo; traverse dell’Agri, Sarmento, Trivigno, Sauro.
DAL 1979, PERÒ, IL FIORE COMINCIA AD APPASSIRE
Il Decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1979 definisce le competenze e le funzioni dell’Ente. In particolare, prevede la gestione delle infrastrutture idrauliche di seconda categoria, la progettazione e l’esecuzione di opere idrauliche nei bacini interregionali, nonché l’esercizio e la manutenzione delle opere di competenza. Inoltre, stabilisce il trasferimento di beni e personale alle Regioni Puglia, Basilicata e Campania, assegnando all’Ente funzioni residue specifiche. Dunque, molte funzioni sono trasferite alle Regioni.
Ed è proprio a partire dagli anni 80, con il trasferimento delle funzioni alle Regioni, che cominciano i guai. L’Ente viene commissariato. Si succederanno da quel momento in poi 13 Commissari (1979-2011) e 6 Commissari liquidatori (dal 2011 ad oggi). In quasi tutta la fase commissariale, almeno fino al 2018, l’Ente a tratti si trasforma in una terra di nessuno. Da un lato la gestione provvisoria, con risorse disponibili a singhiozzo e senza la possibilità di programmare obiettivi e interventi a lungo termine, dall’altro la gestione allegra delle risorse, degli appalti, delle consulenze, delle assunzioni. L’Ente, diciamolo, è stato spremuto da chiunque fino all’estrema unzione.
“Insomma da un lato venivano affidate ad EIPLI le sorti idriche del sud Italia, dall’altro lo stesso EIPLI dal 1979 in poi con una serie infinita di commissariamenti, veniva sostanzialmente abbandonato al suo destino, e con esso le magnifiche opere infrastrutturali gestite (costruite con i fondi della Cassa del Mezzogiorno), fino a giungere al 2011 (art. 21 comma 10 DL 201/2011) quando addirittura il Governo Monti lo dichiara cessato e posto in liquidazione definendolo “Ente inutile”. Monti, dunque, ne dispone la soppressione e la liquidazione in ottica traslativa. Fino a perfezionamento del trasferimento ad altro soggetto, l’Ente dovrà assicurare l’esercizio delle funzioni residue, facendo esclusivo riferimento ai ricavi da tariffa, e senza poter più contare sui trasferimenti statali, che per legge vengono soppressi a far data dal 2012.
Nel 2017 la situazione finanziaria è ormai drammatica. Viene sancita una pesante debitoria pregressa legata in prevalenza a numerosi contenziosi al mancato pagamento delle tariffe da parte dei Consorzi di Bonifica, dei Gestori dei Servizi Idrici, dell’ILVA e dei Consorzi Industriali, oltre che delle Agenzie regionali che si occupano dei servizi irrigui. In sostanza da tempo l’Eipli non è in grado di assicurare interventi di manutenzione delle opere. Le grandi infrastrutture idriche vanno lentamente in malora, anno dopo anno, a partire dal 1980 e fino a quando molti dirigenti e politici cascano dalle nuvole di recente con l’emergenza idrica del 2024.
Ad ogni modo l’Eipli porta a compimento alcune delle opere iniziate, per esempio la diga di Acerenza ultimata nel 1994, quella di Conza nel 1992, quella di Genzano nel 1990. In pratica la gestione Eipli delle grandi infrastrutture idriche dura fino al 31 marzo 2024. Subito dopo, con l’emergenza idrica, si scoprono vecchi altarini, compresa la fatiscenza delle reti gestite da Acquedotto Lucano, sui quali tutti gridano allo scandalo e nessuno come al solito si assume responsabilità.
Acque del Sud SpA nata il 1° gennaio 2024 avvia formalmente le proprie attività in sostituzione del defunto Eipli a partire dal 1° aprile 2024, ne parliamo più avanti. A questo punto anticipiamo che Acque del Sud non solo nasce per sostituire l’Eipli, ma anche per colmare decenni di inedia e immobilismo della politica locale, ossia delle Regioni, in primis della Basilicata. Acque del Sud nasce dunque come diretta conseguenza del totale abbandono dell’Eipli che nel 2023 si trova in una situazione di sostanziale collasso: pignoramenti per 80 milioni di euro, debiti per circa 150 milioni, obsolescenza tecnologica e totale ammaloramento delle infrastrutture idriche di cui nessuno negli ultimi 30 anni si era occupato. Senza contare le vicende giudiziarie, corruzione, peculato, turbativa d’asta, che nel frattempo lo avevano coinvolto, chiuse o quasi nel 2024. Andiamo per ordine e cominciamo a capire.
NEL FRATTEMPO: I CATTIVI PAGATORI
Lo storico dei bilanci dell’Ente a nostra disposizione riguarda il periodo 2016-2023, con qualche carenza tipo il bilancio consuntivo 2019. In quei bilanci troviamo una situazione paradossale sul versante dei crediti vantati dall’Eipli. Nonostante il commissariamento, l’Ente continua a svolgere il suo ruolo o quel che ne rimane, per almeno 30 anni, con una gestione – come abbiamo già detto – provvisoria e con risorse sempre più scarse e disponibili a singhiozzo.
I “cattivi pagatori”, che in qualche modo hanno pesantemente contribuito a mettere in ginocchio l’Ente, sono i Consorzi di Bonifica che insieme accumulano nel 2022 all’incirca 40 milioni di ero in aumento rispetto al 2021. I crediti maggiori riguardano il Consorzio Unico della Basilicata e il Consorzio “Bradano Metaponto”, rispettivamente con un debito verso l’Eipli di 11 milioni e 20milioni. Un altro debitore significativo è ArcelorMittal (Ilva di Taranto) con 4milioni e 670mila euro. I crediti vantati da Eipli nel 2022 ammontano complessivamente a 50 milioni di euro. Intanto l’Ente accumula debiti e nel 2023 la situazione è da definitivo collasso.
I Consorzi che non pagano le tariffe, frattanto sono in liquidazione, e sciolti, per effetto della Legge Regionale n. 1 del 11 gennaio 2017, che dà vita al Consorzio Unico di Bonifica della Basilicata. Insomma, i Consorzi non pagano, sono in liquidazione e, qualcuno, nel caso specifico il Consorzio Bradano Metaponto, usa l’arma del contenzioso per sospendere la riscossione dei contributi irrigui a copertura delle spese dell’Eipli, da parte delle aziende agricole. Cui prodest? Possiamo soltanto fare ipotesi. Chi nominava gli amministratori dei Consorzi? La politica. E gli amministratori dei Consorzi a chi rispondevano? Alla politica. E gli agricoltori che non pagavano i contributi grazie agli stratagemmi dell’amministratore del Consorzio per chi votavano? E poi ci raccontano che l‘Eipli era un carrozzone. No, lo hanno fatto diventare un carrozzone.
Nel 2019 ci sono tracce di tentativo di recupero dei crediti da parte dell’Eipli. Leggiamo nella relazione del bilancio di previsione 2019, il consuntivo non è reperibile: “Per quanto attiene il contenzioso, va innanzitutto segnalato che a fronte della fornitura della risorsa idrica, pur in presenza di costi direttamente connessi alla medesima fornitura i Consorzi di Bonifica a cui l’Ente è tenuto ad erogare la risorsa idrica nell’ambito dell’Accordo di Programma sottoscritto in Roma il 5 agosto 1999 e s.m.i. (da ultimo agosto 2016), si registrano notevoli ritardi nei pagamenti (…) Pertanto, alla luce degli obblighi di legge che impongono l’adozione di misure per il recupero dei crediti, anche in relazione agli obiettivi di risanamento, sono state attivate le procedure di recupero crediti, anche con citazione in giudizio dei creditori suddetti, al fine di addivenire ad una mitigazione degli effetti contabili connessi alla debitoria pregressa, ovvero riduzione del ricorso all’anticipazione di tesoreria, riduzione degli oneri moratori, riduzione dei contenziosi.” In pratica non è successo niente, recuperi zero, risanamento manco col binocolo.
Oggi i crediti del defunto Eipli ammontano a circa 50 milioni e il nuovo soggetto, Acque del Sud Spa, proverà a cartolarizzarli. 37 milioni derivano dai Consorzi, circa 6 milioni dall’Ilva di Taranto e il resto da altri. Chiusa parentesi.
NEL FRATTEMPO: ACQUA SPA
Siamo nel 2002. Nasce la società Acqua S.p.A. con l’obiettivo di diventare gestore unico delle risorse regionali idriche all’ingrosso. In pratica, la nuova Società dovrebbe sostituire il commissariato Eipli. Il capitale sociale di 1,7 milioni di euro è detenuto per il 99,82% dalla Regione Basilicata e per lo 0,18% dall’Agenzia regionale Alsia. Tra ambiguità e incertezze normative la Società si rivelerà presto un buco nell’acqua. In attesa che il Governo centrale proceda alla liquidazione dell’Eipli, Acqua Spa nei fatti svolge statutariamente funzioni che di fatto di sovrappongono a quelle di Acquedotto Lucano S.p.A. La liquidazione di Eipli sarà decretata, come abbiamo visto, solo nel 2011. In tutto questo tempo la Regione Basilicata ha tenuto in piedi un altro carrozzone. Posti, soldi, incarichi fino a quando anche questa società viene liquidata nel 2017 e cancellata dopo 7 anni, nell’agosto del 2024. Sette anni di commissario liquidatore costati ai cittadini oltre 200mila euro. La Società in seguito al Decreto Monti, 2011, avrebbe potuto sostituire l’Eipli? Probabilmente no, sia per ragioni normative complicate, sia per i necessari accordi richiesti con le altre Regioni Puglia e Campania. Su Acqua Spa ci passano tre governi regionali: Bubbico-De Filippo-Pittella.
Singolare la circostanza descritta in questo articolo. L’allora presidente Pittella e altri politici, compresi i sindacati, rassicurano alcuni vincitori di un concorso indetto da Acqua Spa che a breve saranno stabilizzati definitivamente perché le competenze dell’Eipli saranno trasferite in Acqua Spa. Ebbene, 7 mesi dopo, agosto 2017, il presidente Pittella interviene all’Assemblea della Società Acqua S.p.A. “per rappresentare la Regione Basilicata quale socio maggioritario e manifestare la volontà di porre la società in liquidazione e nominare il Commissario Liquidatore. Successivamente, l’assemblea straordinaria di Acqua S.p.A., nella seduta del 4 agosto 2017, delibera la messa in liquidazione della società e nomina il Commissario Liquidatore”. Misteri della politica. Viene promessa la stabilizzazione ai vincitori di concorso in una società che sarà liquidata poco dopo. Vogliamo sperare che quei ragazzi siano stati poi assunti dal Consorzio di Bonifica o da Acquedotto Lucano.
Nel frattempo c’è anche la storia dello schema irriguo Basento Bradano, uno scandalo tutto lucano. Soldi per progettazioni e modifiche di progettazioni senza che l’opera sia mai terminata. Il riferimento è soprattutto al cosiddetto “Distretto G”. Per approfondimenti clicca qui e qui.
Nel frattempo qualcuno usa abusivamente l’acqua del fiume Sauro per nutrire la produzione di idrocarburi. Clicca qui
IL PIANTO GRECO DELLA POLITICA
L’immobilismo della politica e il mancato accordo tra le Regioni sarebbero il prologo della nascita di Acque del Sud. L’art. 21, comma 11, della legge 214/2011 aveva fornito una soluzione: Le funzioni del soppresso Ente (l’Eipli, n.d.r.) con le relative risorse umane e strumentali, nonché tutti i rapporti attivi e passivi, sono trasferiti, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto al soggetto costituito o individuato dalle Regioni interessate, assicurando adeguata rappresentanza delle competenti amministrazioni dello Stato. La tutela occupazionale è garantita con riferimento al personale titolare di rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’ente soppresso”. Già da allora le Regioni Puglia, Basilicata e Campania avrebbero potuto costituire un nuovo soggetto in cui sarebbero state protagoniste. Ma niente. La Basilicata aveva già costituito Acqua Spa per conto proprio, poi liquidata, magari nella speranza che le altre si accodassero. Ma in queste dinamiche la politica mette al centro le nomine dei presidenti e dei consigli di amministrazione, mette al centro il potere autoreferenziale e quindi si litiga anziché discutere per raggiungere il risultato. Si è pasticciato e “litigato”.
Dopo un immobilismo di circa 6 anni arriva un’altra possibilità grazie alla previsione del comma 905 della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 che modifica l’articolo 21, comma 11 della legge 214/2011: “Le funzioni del soppresso Ente con le relative risorse, umane e strumentali, sono trasferite dal 30 giugno 2018 alla società costituita dallo Stato e partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze, e sottoposta alla vigilanza del Dipartimento delegato all’Autorità politica per le politiche di coesione e per il Mezzogiorno e dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Alla società possono partecipare le regioni Basilicata, Campania e Puglia, garantendo a queste ultime, nell’atto costitutivo, la rappresentanza in relazione alla disponibilità delle risorse idriche che alimentano il sistema e tenendo conto della presenza sul territorio regionale delle infrastrutture di captazione e grande adduzione…” Leggendo questa norma è facile capire che la Basilicata nella nuova Società costituita dallo Stato avrebbe avuto un peso notevole di rappresentanza in quanto conserva la maggiore quantità di risorsa idrica. Dal 2017 ad oggi che è successo? C’è stato qualcuno che ha seguito l’iter di quella norma? C’è stato qualcuno che ha messo in campo strumenti tecnici e politici per applicarla? I parlamentari lucani, i consiglieri regionali, la giunta regionale hanno contrastato a sufficienza le resistenze all’applicazione della norma? O erano essi stessi resistenti per ragioni a noi ignote?
Fatto sta che tra tentennamenti, giochi di potere tra Regioni e partiti politici, lunghe distrazioni politiche, ad un certo punto arriva il Governo Meloni e chiude la partita a modo suo. Nasce Acque del Sud Spa. Il peso delle Regioni è ridotto al minimo nella governance, devono spartirsi il 5%, mentre il 30% è aperto a capitale privato e il 65% resta in mano, almeno per il momento, al Ministero delle Economie e delle Finanze. In quel 30% sarebbero in prima posizione Acea e Acquedotto Pugliese. Perché non anche Acquedotto Lucano? Perché la differenza in termini di capacità e organizzazione industriale, in termini di risultati di bilancio, tra quello Pugliese e quello Lucano, è abissale. Non ci sono paragoni. Anche questo ci meritiamo grazie ai nostri “statisti”. Tuttavia, potrebbe accadere un miracolo.
E però, apriti cielo! Tutti a piangere per la povera Basilicata usurpata, “derubata della sua risorsa migliore, emarginata per far posto ai privati, la Regione perde il peso che aveva nella gestione dell’acqua”, eccetera eccetera. Intanto abbiamo visto come è stata gestita la risorsa quando la Regione “aveva un peso”. Un pianto greco le cui lacrime finiscono nella pentola delle strumentalizzazioni politiche reciproche tra destra e sinistra tra quelli di prima, di dopo e di adesso.
INTANTO L’EMERGENZA IDRICA CONTINUA
A pochi mesi dal versamento delle prime lacrime di coccodrillo arriva la grave crisi idrica. Nonostante fosse prevedibile, i prestigiatori dell’informazione ufficiale la fanno apparire come una maledizione improvvisa lanciata da malevoli entità soprannaturali. Dighe ai minimi storici, 140mila lucani subiscono un pesante razionamento dell’acqua. L’agricoltura piange siccità. Riemergono vecchi problemi continuamente nascosti sotto il tappeto o minimizzati dalla retorica politica: dispersione di acqua, solo nella provincia di Potenza, pari al 71%, uno scandalo, a livello regionale si disperde il 65%; obsolescenza della rete idrica nonostante le ingenti risorse a disposizione negli anni per ammodernarla; infrastrutture fatiscenti e mai completate. Insomma, siamo di fronte a una crisi che sembra senza via d’uscita. Per fronteggiare l’emergenza si ricorre all’acqua del Basento, alla potabilizzazione di un fiume che attraversa una delle 42 aree più inquinate d’Italia. Polemiche, manifestazioni, cittadini sul piede di guerra e la politica che gioca a scaricabarile. Non la facciamo lunga, tutti abbiamo vissuto quei mesi drammatici e non c’è bisogno di spiegare altro. Tuttavia, anche in quel momento si aprono le solite danze strumentali e retoriche degli uni contro gli altri: destra, sinistra, centro, sopra e sotto, tutti contro tutti e nessuno è responsabile.
Nel gioco delle parti si inserisce il timore di associazioni civiche e ambientaliste circa il rischio di privatizzazione dell’acqua. E nessuno si ricorda che i nostri amministratori regionali, eroi di altri tempi, l’acqua l’hanno privatizzata in qualche modo da anni. Perché quando l’uso della risorsa diventa esclusivo di privati, allora quella è una forma di privatizzazione: “13 sorgenti sono in concessione a multinazionali come Coca-Cola Hbc Italia, Norda che pagano ristorni risibili, ed oltre il 55% delle acque è utilizzato a scopi industriali tra cui gli impianti petroliferi di Eni e Total ed attività connesse come Tecnoparco che utilizza ingenti volumi di acqua provenienti dal Camastra.” La nostra sensazione è che se dovesse fallire anche Acque del Sud S.p.A. la privatizzazione, non delle infrastrutture idriche, ma quella vera, e cioè dell’acqua in quanto proprietà privata, si compirà inesorabilmente.
DAI NUOVI ACCORDI AL BONUS ACQUA
Siamo al 45esimo anno di malagestione della risorsa idrica. In previsione della prossima emergenza il Consiglio Regionale si è riunito il 6 maggio scorso. Per fare cosa? Accuse reciproche, promesse e il solito invito ai cittadini a non sprecare acqua. C’è da sperare che tutti gli investimenti previsti, grazie anche al Pnrr e alle altre misure nazionali ed europee vadano a buon fine e in tempi ragionevoli. Ora c’è l’Accordo di programma per “Investimenti in fognatura e depurazione”, e per “la tutela del territorio e della risorsa idrica”. Soggetti attuatori Egrib e Acquedotto Lucano S.p.A., le opere devono essere realizzate entro il 2026. Speriamo bene.
Nell’aprile 2023 viene firmato il Verbale di riunione dell’accordo di Programma Governo Risorse Idriche con la Regione Puglia e il Governo. Nell’accordo sono previsti aggiornamenti della componente ambientale della tariffa acqua e certificati i volumi che dalla Basilicata sono stati erogati in favore della Puglia, sui quali sarà applicata la tariffa dovuta, cosi da determinare con certezza il credito maturato dalla Regione Basilicata che alcune fonti quantizzavano in 80 milioni di euro. Tuttavia, il debito attribuibile alla Puglia, ossia ad Acquedotto Pugliese ammonterebbe a circa 30-40milioni di euro, il resto sarebbe in capo all’Ilva e ai Consorzi di Bonifica. Annunciando l’accordo Vito Bardi pensa subito a come utilizzare quelle risorse recuperate: “Grazie a queste risorse che andiamo a recuperare, che costituiscono solo l’inizio di un nuovo corso, potremo applicare in prospettiva anche alla risorsa idrica quanto abbiamo già fatto per il gas gratis a tutti i lucani”. Insomma, non investimenti sulla rete idrica fatiscente o qualche altro intervento per mitigare l’emergenza idrica che esploderà qualche mese dopo, ma il bonus acqua.
Tra Puglia, Basilicata e Stato, c’era già un Accordo di Programma finalizzato alla regolamentazione dei processi di pianificazione e gestione delle risorse idriche condivise tra le regioni Basilicata e Puglia firmato Il 5 agosto 1999 sottoscritto, ai sensi della L. 36/1994. All’epoca ci furono annunci entusiastici: Grazie all’Accordo di Programma sono stati composti vecchi conflitti e antiche incomprensioni, e con la definizione della tariffa dell’acqua all’ingrosso, è stato finalmente stabilito un criterio per la condivisione, tra le regioni interessate, dei costi da sostenere per raccogliere l’acqua, distribuirla e conservarla a beneficio delle future generazioni. Con i proventi tariffari è stato possibile dar corso ad interventi di manutenzione e conservazione ambientale del territorio, sostenere le spese energetiche necessarie per cedere le acque alle regioni vicine, ed è stato possibile effettuare interventi di riequilibrio territoriale a favore dei territori e delle comunità che sostengono il peso dell’approvvigionamento idrico ed ai quali sono state sottratte consistenti porzioni di territorio per consentire lo stoccaggio ed il vettoriamento delle acque. Ma evidentemente qualcosa non ha funzionato anche in questo caso. Quell’accordo firmato nel 1999 da Filippo Bubbico viene rinnovato da Marcello Pittella nel 2016. Insomma soldi ne sono arrivati e ancora altro denaro è in transito verso la Basilicata. Ci auguriamo che la storia non si ripeta.
NON DOBBIAMO DIMENTICARE
Le responsabilità del “naufragio” della Basilicata nella propria acqua, sono note. Molti dei responsabili politici compresi tutti coloro che per nomina politica hanno gestito enti pubblici e aziende partecipate strategici per la tutela del patrimonio idrico e naturalistico, hanno ancora a disposizione pulpiti per la predica. Alcuni di loro oggi si indignano, attaccano, chiedono commissioni d’inchiesta, accusano senza badare a uno straccio di “verità storica.” Altri più novelli, comodamente seduti in Consiglio regionale, si accorgono solo adesso del disastro. È evidente che ormai non serve rivangare ciò che è stato. Tuttavia, la storia, anche se non risolve i problemi, è sempre utile e spesso necessaria per evitare gli stessi errori e per evitare che si continui a raccontare frottole. Tutto ciò che accade oggi nella vita delle persone è quasi sempre, e in qualche modo, effetto di cause lontane.
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