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Crisi idrica: la trielina gioca a nascondino nel torrente Tora

19 giugno 2025 | 18:42
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Crisi idrica: la trielina gioca a nascondino nel torrente Tora
Foto di repertorio

La sostanza cancerogena appare e scompare nella narrazione rassicurante delle istituzioni sulla qualità dell’acqua. Ma qualcosa non quadra

La prima parte del titolo di questo lungo approfondimento potrebbe essere quasi l’incipit di una filastrocca per bambini se non fosse che la trielina, anche conosciuta come tricloroetilene, è una sostanza considerata altamente cancerogena che può provocare problemi al fegato, ai reni, al cervello, ai testicoli e al sistema nervoso. Premessa necessaria, ora possiamo cominciare davvero.

E’ di questi ultimi giorni la notizia che l’acqua in Basilicata ricomincia a scarseggiare e che bisogna farne un uso consapevole per evitare una crisi come quella che ha colpito, in particolar modo, i 29 comuni del Potentino serviti dallo schema idrico Basento-Camastra solo pochi mesi fa. L’allarme lanciato prima da Acquedotto Lucano e poi da Egrib e Regione impone una riflessione, l’ennesima, sulla gestione della risorsa idrica e una ricostruzione di quanto accaduto negli ultimi due anni.

Per arginare la crisi, lo scorso autunno, ci si è affidati al fiume Basento la cui acqua è arrivata nelle case dei lucani colpiti dall’emergenza fino a gennaio inoltrato quando finalmente i livelli di acqua nella diga della Camastra hanno cominciato a risalire e le sorgenti a zampillare. Come si ricorderà il fiume è stato per mesi al centro del dibattito per la qualità delle sue acque ed in particolare per avere come affluente il Tora, torrente  tornato alla ribalta delle cronache nei giorni scorsi per la presenza di trielina (o tricoroetilene) riveniente dall’area dell’ex Daramic sito industriale dismesso sequestrato dalla Procura nell’ambito di una inchiesta per disastro ambientale. A indagini chiuse i carabinieri del Noe, l’11 giugno scorso, hanno trasmesso i risultati delle analisi al Comune di Tito.

Il sindaco di Tito, Fabio Laurino, dopo aver dato uno sguardo a quelle analisi ha deciso di emettere tre diverse ordinanze, una delle quali di “divieto assoluto – su tutto il territorio comunale – di utilizzo delle acque superficiali del torrente Tora per uso umano, agricolo, allevamento, irrigazione e per altre attività connesse”. Il Tora infatti attraversa l’area industriale che è finita nel Sin, il sito nazionale in attesa di bonifica. Cimitero di veleni, che non si scopre certo oggi, tra i fosfogessi della ex Liquichimica e il liquido per batterie della ex Daramic.

Dunque, dopo l’ordinanza del Comune di Tito la correlazione che in molti hanno fatto è questa: se l’acqua del Tora è inquinata, e non da oggi, com’è stato possibile che l’acqua del Basento, di cui il torrente Tora è un affluente, venisse utilizzata per uso potabile/domestico nei mesi della crisi del Camastra? Questa domanda, alla luce di quanto è (ri)emerso merita una risposta chiara. Risposta che, in piena emergenza, fu data dalla stessa Arpab.

Il Tora non è inquinato. Il 18 novembre 2024, infatti, la direzione scientifica dell’Agenzia Regionale per la protezione dell’Ambiente così risponde in un articolo apparso sulla stampa locale sull’inquinamento da tricloroetilene del Tora (così come emerso dall’inchiesta giudiziaria) e sui dubbi che l’acqua del Basento fosse buona: “L’articolo sulla presenza di tricloroetilene (la cosiddetta trielina) nel torrente Tora è fuorviante. L’autore dell’articolo confonde le acque di falda con le acque superficiali. Il dato riportato (cioè quello contenuto nelle analisi disposte dalla Procura ndr) si riferisce alle acque sotterranee nell’area Sin (Sito di interesse nazionale) di Tito dove c’è lo stabilimento ex Daramic al centro di un’inchiesta giudiziaria relativa alla scoperta di trielina. La zona è attualmente sottoposta a bonifica e le falde contaminate sono state opportunamente confinate da barriere idrauliche per evitare una propagazione. Nulla a che vedere, dunque, con le acque superficiali del torrente Tora anch’esse sottoposte a monitoraggio continuo e costante dall’impresa esecutrice dei lavori di bonifica della zona Sin e dall’Arpab nell’ambito di controlli ambientali previsti per legge e di mission istituzionale”.

Dunque Arpab, a novembre scorso, dice che le acque superficiali non sono contaminate. Il sindaco di Tito qualche giorno fa ha vietato l’uso delle acque superficiali del torrente Toraper una contaminazione di cui si sapeva da tempo, ma in modo ufficiale almeno dal 10 maggio 2023, quando  a Tito scatta il sequestro probatorio dell’area ex Daramic ricadente nel sito di interesse nazionale del Ministero dell’Ambiente e in attesa di bonifica. In una conferenza stampa l’allora procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, illustra i dettagli dell’operazione condotta dal Noe di Potenza. “trielina 80 volte superiori al limite di legge nel torrente Tora e 270 mila volte superiore al limite nelle zone limitrofe alla fabbrica”. I reati per cui si procede sono quelli di disastro ambientale, inquinamento ambientale e altro.

Trielina che va e che viene. Appare e scompare. Di certo scompare nel 2024 perché anche la Procura di Potenza, che indaga su eventuali responsabilità per la crisi idrica, a un certo punto, quando i rubinetti dei 140mila lucani erano a secco, e la soluzione Basento era l’unica percorribile per chi gestiva la crisi, commissiona delle analisi a un ente terzo. Così l’acqua del Basento, è potabile. Ad annunciarlo, il 6 dicembre 2024, è Il Procuratore capo di Potenza facente funzione Maurizio Cardea in una nota. “Nell’ambito delle attività finalizzate ad accertare la regolarità delle operazioni svolte per fronteggiare alla crisi idrica che interessa i 29 comuni serviti dallo schema “Basento Camastra” e garantire sicurezza per la popolazione interessata,-spiega il procuratore- i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale Carabinieri di Potenza e del Nucleo Antisofisticazioni e Sanità, unitamente a personale dell’Asp, hanno effettuato, su delega di questa Procura della Repubblica, la campionatura delle acque immesse nella rete idrica per li consumo urbano. Le analisi svolte da ente terzo, non dislocato in questa regione, hanno comprovato la conformità dei campioni con quanto previsto dal D.Lgs. n. 18 del 23 febbraio 2023, concernente la qualità delle acque destinate al consumo urbano, per cui quella esaminata rientra nei parametri di potabilità. Oltre a future campionature, sono in corso ulteriori indagini finalizzate ad individuare eventuali profili di responsabilità in ordine alla crisi in disamina”.

La trielina gioca a nascondino? Torniamo al 12 novembre 2024. Arpab garantisce che tutti i parametri delle acque del Basento sono nella norma e che la loro qualità non si discosta da quelle di qualsiasi altro invaso o sorgente prima dell’iter di potabilizzazione. In estrema sintesi è questa la conclusione a cui approda l’Arpab nella lettura dei dati del campionamento presentati quel giorno stesso nel corso della riunione dell’unità di crisi per l’emergenza idrica. Analoghe rassicurazione giungono anche dalla Regione Basilicata e dal commissario straordinario Bardi. Il 6 dicembre l’annuncio della Procura che dopo aver affidato le analisi ad un ente terzo di altra regione, assicura la potabilità dell’acqua del Basento. Poi a tutto il resto ci penserà il potabilizzatore, che secondo l’unità di crisi è in grado di filtrare “almeno alcuni inquinanti”. E finalmente il 24 novembre 2024 l’acqua del Basento arriva nelle case dei 140mila lucani rimasti a secco per mesi. Ma a noi le analisi dell’Arpab del 7 novembre 2024 non appiano convincenti.

Torniamo ad oggi: il 5 giugno 2025, la notizia è questa: Ex Daramic, sequestrata l’area e concluse le indagini: 13 indagati. Ipotesi di disastro ambientale aggravato e omessa bonifica per sei funzionari pubblici e sette manager: la contaminazione oltre l’area Sin, rilevata anche nel torrente Tora, affluente del Basento… “Fondamentali -fa sapere la Procura in una nota-si sono rivelati i contenuti della relazione tecnica richiesta da questa Procura ad un collegio di consulenti che ha accertato l’esistenza di un disastro ambientale aggravato connesso ad uno stato di compromissione, e deterioramento, irreversibile delle matrici acque sotterranee e superficiali causato dalla trielina la cui eliminazione richiederebbe interventi e/o provvedimenti eccezionali e costi particolarmente elevati“.

Ora qualcuno dovrebbe spiegare ai cittadini lucani che cosa è successo da maggio 2023 quando si parla di trielina oltre i limiti nel Tora, a dicembre 2024, quando l’acqua del Basento è ritenuta potabile ad oggi che il Tora torna ad essere pesantemente compromesso dalla contaminazione del tricloroetilene. Il Tora, lo ripetiamo, è un affluente del Basento: chi e cosa ha fermato la trielina a monte per evitare che finisse nel fiume? E’ bastato il processo di potabilizzazione eseguito? E tale processo può considerarsi “intervento e/o procedimento eccezionale a costi particolarmente elevati” di cui parla la Procura? “Quell’acqua ce l’hanno data a bere” dicono i cittadini che dunque meriterebbero risposte chiare.

Di certo in tutta questa faccenda ci sono le prime denunce e battaglie di Maurizio Bolognetti, dal 2009 e negli anni successivi, a cui si sono aggiunte quelle del tenente Peppe di Bello; ci sono reportage di Eugenio Bonanata nel 2012-2013, su Basilicata24, e le denunce dal 2013 in poi da associazioni ambientaliste e attivisti. Protagonisti i veleni dell’area industriale di Tito. Che sono ancora lì e che con la trielina sono anche nel torrente Tora, affluente del Basento, la cui acqua poco più di sei mesi fa quasi quasi era buona anche da bere.