Piccoli paesi lucani: il cuore vuoto e la pancia piena
Esplorare nuove strade. Oltre gli affarucci della “cultura fritta e mangiata” e oltre la promozione turistica che commercializza tutto e vende nulla
Se vogliamo che la Basilicata dei piccoli e piccolissimi paesi abbia una qualche speranza nell’affrontare il rischio della scomparsa di interi borghi, c’è bisogno di coraggio e di lungimiranza. Su 131 Comuni 101 sono piccoli. E qui vogliamo riaprire un dibattito che in questi anni è stato ignorato. C’è una strada, che certo da sola non basta e non varrebbe per tutti, ma che oggi si mostra necessaria: la fusione tra Comuni. Il contrasto al declino socio-economico e demografico dei piccoli paesi è fallito. Gal, aree interne, Pnrr, centinaia di milioni, miliardi, spesi in oltre 30 anni hanno generato risultati devastanti. Il calo demografico sembra inarrestabile. E interessa quasi tutti i paesi della Basilicata, compresi i Comuni più grandi, tranne rare eccezioni. Ma la campana suona ovunque. Insomma, a nulla sono servite le misure messe in campo fino ad oggi dai governi nazionali, dalla Ue, dalla Regione. Magari anche per cause legate all’inadeguatezza della classe politica, e dirigente, locale e non solo. Ma questa è un’altra storia. A nulla sono serviti attrattori, turismo in tutte le salse, kermesse, sagre eccetera eccetera. Anzi, sono serviti a distribuire prebende a pochi circuiti amicali per l’accumulo di consenso elettorale. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. E sarebbe saggio smetterla con gli affarucci della “cultura fritta e mangiata” e con la promozione turistica che commercializza tutto e vende nulla.
Allora cominciamo a fare qualche domanda. Perché Rionero in Vulture, Barile, Atella non sono un’unica entità amministrativa, una nuova città? Paesi gli uni attaccati agli altri, su una direttrice stradale che potrebbe garantire anche una continuità urbanistica con nuovi insediamenti produttivi e residenziali. Questa domanda è simbolica. Nel senso che riguarda diversi Comuni in Basilicata che possono immaginare una fusione tra loro e mettere in campo una visione socio-economica, politica oltre che amministrativa.
Per i Comuni che decidono di fondersi ci sono contributi statali previsti per legge ai quali possono aggiungersi contributi regionali. Senza ricorrere ad esperienze lontane nel tempo, per esempio Lamezia Terme nel 1968, sono molti i Comuni che in Italia da quell’anno in poi, specie negli ultimi 20 anni, si sono uniti in unica realtà amministrativa. Lamezia Terme nata dalla fusione dei paesi di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia ha registrato negli anni successivi alla fusione uno sviluppo infrastrutturale e socio-economico importante. Sempre in Calabria la fusione tra i Comuni di Rossano Calabro e Corigliano è stato un successo partito dal basso: lo hanno scelto i cittadini. Di esperienze simili è piena l’Italia da Nord a Sud e andrebbero sostenute e valorizzate anche finanziariamente. Certo, il quadro normativo che disciplina le fusioni comunali è complesso, e per certi aspetti andrebbe anche modificato, anche se come già detto, prevede diversi strumenti di incentivazione economica. Importante è che nei percorsi di fusione siano coinvolti direttamente i cittadini e che la spinta propulsiva parta da loro.
Certo, la fusione è un processo complesso che richiede un’attenta valutazione dei pro e dei contro, e che i risultati possono variare a seconda del contesto specifico. Ci sono dei vantaggi, ma anche dei limiti. E non è di questo che parliamo oggi. Oggi invitiamo a una riflessione su un argomento tanto importante per la Basilicata quanto ignorato. Ignorato perché?
Come abbiamo visto e scritto in questi anni, la frammentazione, le contrapposizioni anche campanilistiche che nulla hanno a che vedere con l’identità, fanno comodo a una classe politica e dirigente che governa grazie alle divisioni, alla dispersione, alla marginalità dei luoghi. Alcuni piccoli paesi nel tempo si sono ritrasformati in veri e propri feudi. Pochi “fortunati” gestiscono risorse anche ingenti che, come sappiamo, portano a nulla. La numerosità dei paesi sparsi e isolati serve anche nelle dinamiche politiche, elettorali, di potere. Insomma se si è distanti, piccoli, periferici, isolati, spopolati, poveri, il sistema di controllo da parte dei poteri locali e regionali è garantito. Ecco forse perché il tema della fusione qui pare un tabù. Perché lor signori vogliono continuare a svuotare il cuore dei luoghi per riempire le loro pance.
Eppure, almeno laddove ci sono le condizioni, la fusione potrebbe portare a una maggiore capacità di pianificazione strategica per il territorio, consentendo di affrontare in modo più efficace le sfide del futuro. Per esempio, le infrastrutture, la mobilità, i trasporti, la sanità territoriale, i centri equidistanti di servizi commerciali, professionali, amministrativi, sanitari, scolastici, eccetera. “Un comune più grande – grazie alla fusione – può beneficiare di economie di scala, ovvero di una riduzione dei costi per unità di servizio grazie alla maggiore dimensione. Questo può tradursi in bollette più basse per i cittadini. Come abbiamo visto i Comuni risultanti da fusioni possono accedere a finanziamenti straordinari statali e regionali, oltre che a quelli previsti dall’Unione Europea per progetti di sviluppo locale. Questi incentivi possono essere un motore importante per la crescita del territorio. Un comune più grande e ben gestito può essere più attrattivo per nuove imprese e investimenti, generando nuove opportunità di lavoro e crescita economica. Un comune più grande può avere un peso politico maggiore se amministrato da donne e uomini di qualità politica e di ampia visione del futuro. Davanti all’inesorabile spopolamento e impoverimento di intere aree della Basilicata, sarebbe preferibile immaginare anche la strada delle fusioni. Non si tratta di una questione amministrativa, burocratica, ma si tratta di innescare nuovi e inesplorati processi di cambiamento in controtendenza, si tratta di rovesciare vecchi paradigmi di sviluppo e dannose logiche amministrative. Il dibattito, per chi lo desidera, è aperto.
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