Il petrolio nel labirinto sotterraneo lucano
La regione ha sperimentato e visto applicare trivellazioni che permettono perforazioni orizzontali con soluzioni multilaterali. Sottoterra la Basilicata ha raggiunto record mondiali
La regione ha sperimentato e visto applicare, in questi anni, trivellazioni che permettono perforazioni orizzontali con soluzioni multilaterali. Sottoterra la Basilicata ha raggiunto record mondiali. Vediamo di che si tratta tra sostanze segrete e problemi “risolvibili.
La tecnologia multilaterale
Ad oggi, riporta uno studio del 2007 Halliburton-ENI, in 15 pozzi sono state installate attrezzatureche permettono di costruire quando si vuole un secondo foro laterale. Attrezzature che rendono possibile attuare una soluzione multilaterale. Il primo pozzo di questo tipo è Cerro Falcone3X OR A nel 2000. Il foro multilaterale era stato pianificato pensando a una produttività inferiore al previsto. Per ottenere questi pozzi si usano giunzioni categorizzate dal Technology Advancement of MultiLaterals (TAML). Vanno da 1 al 5 livelli a seconda i fori di trivellazione laterali all’interno di un singolo foro principale (anche orizzontale). Il primo TAML installato a CF3X OR A è un 2. Nel 2003, la stessa tecnologia fu usata per il pozzo Agri1, il cui obiettivo era la formazione della Piattaforma Appula tra 3170 e 4000 metri. Agri1 fu perforato fino 4010m, poi durante il test mostrò valori più elevati di idrogeno solforato e CO2. I materiali delle apparecchiature non erano adatti a quelle condizioni, e fu chiuso il pozzo. Inoltre, la produzione era inferiore al previsto. Si decise di estrarre l’attrezzatura di completamento del foro, tappare e abbandonare il foro principale. Fu tappato con cemento a 3614m, e a quel punto per indagare la parte sud-ovest del serbatoio e aumentare le performance produttive, perforarono orizzontalmente sino a 5673m, uscendo dal foro principale a 3185 metri e portando così alla nascita di Agri1OR A. Questa traiettoria avrebbe consentito di drenare petrolio da una grande frattura produttiva. Per fare questa operazione deviarono a 2824m e a 2849m, e ciò gli permise di procedere orizzontalmente. Anche Agri1 OR A era un TAML2 per ottenere due fori laterali.
Sostanze segrete
Poi è arrivato Agri1OR B, la cui prima fase è consistita nel chiudere il foro laterale e isolare il foro principale. La seconda uscire a 3135m lateralmente. Per farlo meglio usarono pillole di Barolift tra attrezzature e tubi, un polimero sintetico di cui solo Hulliburton sa le concentrazioni di sostanze pericolose per ambienti e umani. La scheda ci dice solo che “non ne contiene in concentrazioni superiori ai limiti imposti dall’autorità competente”. Ci chiediamo quale autorità competente conosce la mistura e perché non è comunicata in trasparenza ai cittadini se tutto è nella norma. Segreti. Poi effettuarono un secondo ciclo di lavaggio a getto alle giunzioni laterali, e perforarono il foro laterale. Dopo aver cementato il rivestimento laterale furono fatte varie pulizie e si fecero circolare fluidi per la fase successiva, perforare fino alla profondità finale, dove furono sperimentate e sanate alcune perdite. Durante il test di pressione ci furono problemi, e nonostante effettuarono diverse operazioni di pulizia, alcune apparecchiature continuavano a bloccarsi e assieme ai tubi recuperavano molti detriti. Poi nel foro orizzontale fecero il solito lavoro acido, e chiusero il pozzo un paio di giorni prima di effettuare ulteriori operazioni con azoto.
“Problemi molto impegnativi”
E se le nuove tecnologie degli anni 2000, nonostante la positività di cui parla ENI, hanno mostrato diversi problemi, prima del 2000 e di Cerro Falcone 3X come è andata? Uno studio del ’99 al paragrafo dedicato alla “Perforazione e al completamento dei pozzi multilaterali orizzontali” ci dice che già allora, prima del 2000, ben 7 pozzi avevano una sezione orizzontale, e si può immaginare abbiano subito vari trattamenti. Erano Cerro Falcone1 Monte Alpi5 Monte EnocNW1 Monte Enoc2 Monte Enoc3 Monte Enoc9 Alli1. Inoltre erano stati realizzati con successo “due pozzi orizzontali con doppio foro orizzontale: Cerro Falcone2 e Volturino1”, con una lunghezza media delle sezioni orizzontali di1000m. Si dice pure che la riserva era stata esposta al fango di perforazione per più di 30 giorni, e che molto spesso, quando colpita una frattura, si verificava la perdita totale di liquidi. A quel punto la perforazione “rappresenta un problema molto impegnativo” e per risolverlo si usa la stimolazione acida. Lo chiamano trattamento a matrice perché l’acido viene iniettato sulle fratture da liberare. Erano state testate diverse tecniche di stimolazione: selettiva, CT, e Bullheading, quest’ultima è fracking? Perché se così fosse negli Stati Uniti la tecnica ha già mostrato la contaminazione delle acque potabili e delle falde acquifere.
Ciò che è “soddisfacente dal punto di vista produttivo”
Per la stimolazione selettiva delle sezioni orizzontali di Monte Alpi5, Monte EnocNW1 e Cerro Falcone2 il lavoro con l’acido fu eseguito con CT. I risultati di questa strategia furono insoddisfacenti. Così per Monte Enoc2OR (ME2OR) optarono per una “nuova metodologia di stimolazione selettiva utilizzata per la prima volta da ENI”. L’obiettivo era la costruzione di “pozzi orizzontali che raggiungono zone fratturate” poiché una “produttività elevata è possibile solo in caso di faglia o di una rete estesa di fratture”. La maggior parte delle fratture naturali – spiegavano – sono distribuite in prossimità delle faglie principali, ma è molto difficile capire se siano conduttive o chiuse (cementate da calcite). Lo scopo a ME2OR fu di effettuare prima un’iniezione di brine (acqua con sali di cloruro, o calcio, sodio, bromuri, sali derivati dell’acido formico), per verificare presenza e conduttività delle zone fratturate, selezionare le migliori zone di fratturae trattarle con acido. Chiariscono che ME2OR raggiunse la profondità totale di 4940m. Che a 3779m perforarono orizzontalmente per attraversare il serbatoio carbonatico, e che la lunghezza totale del foro aperto orizzontale è 1161m. Spiegavano che l’acidificazione di un pozzo orizzontale è molto problematica a causa dell’estensione della zona da trattare. La sfida, dicevano, è usare meno acida rispetto a un pozzo verticale. Perciò fu usato un apparecchio che consentì il trattamento selettivo con acido della sezione orizzontale comprendente zone a diversa conducibilità (da nessuna come per fratture cementate da calcite, ad elevata conducibilità). Fu programmato un nuovo prodotto chimico per garantire la distribuzione uniforme del fluido di trattamento, acido cloridrico (HCl) miscelato con un agente gelificante e un crosslinker sensibile al pH (in genere un sale metallico miscelato con un fluido base gel per creare viscosità). Con l’acido furono trattate sei zone del pozzo. Infine spiegavano: durante l’operazione la “perdita di liquidi può aumentare a causa degli effetti della stimolazione acida”. Si parla di una perdita di 4-5 bbl/min (circa 880/1100 litri al minuto), e si precisa che l’operazione di stimolazione sarebbe finita al raggiungimento del valore corrispondente di Indice di Produzione, 50m3/giorno di petrolio. Quanto è durata? Comunque qualcosa di “soddisfacente dal punto di vista produttivo”.
La valle dei record
Per ME2OR riportano l’uso di 65mc di acido, con il 15% di HCl (la concentrazione più alta compatibile con la corrosione scrivono), un inibitore di corrosione, un agente di controllo del ferro, un modificatore di zolfo, un solvente definito mutual (di solito etilenglicole mono-n-butil etere stando all’Oil Glossary, con effetti su sangue reni e fegato), agenti antifango e riduttori di attrito. Il volume specifico di acido iniettato è stato di circa 800 litri al minuto. Per forzare il liquame di cemento fuori dai tubi fu invece usata acqua dolce con additivi selezionati. E sì, la cara acqua dolce tanto importante oggi in Basilicata per famiglie e agricoltori. Per motivi di sicurezza vennero previsti trattamenti acidi solo alla luce del sole. Dicono poi di aver sperimentato anche il CT nei pozzi orizzontali. La tecnica era stata testata per la prima volta a ottobre 1997 a Monte Enoc3OR. Anche in quel caso aveva visto operare una punta rotante con getti di acido o comunque fluidi aggressivi sul materiale da eliminare (le solite fratture tappate), con l’aggiunta periodica di azoto al fluido che consentiva di operare bene in condizioni di squilibrio riportavano. Per Monte Enoc3 il programma di stimolazione aveva previsto una pulizia del foro aperto con lo strumento a getto rotante, un lavaggio con brine, un lavoro con solvente mutual, una sostanza chimica per rimuovere la viscosità, e ancora un lavaggio con solvente al 15% di HCl, un inibitore e altro ancora per rimuovere qualsiasi danno al pozzo. L’uso di azoto a Cerro Falcone oggi è quindi un’operazione regolare rispetto a ciò che chiamano “condizioni di squilibrio”, è dal ‘99 che la Val d’Agri sperimenta manovre e sostanze, e del resto la stimolazione acida a foro aperto era stata già applicata in altri sei pozzi orizzontali. Un record mondiale allora, superato da record successivi.
Un modello di trasparenza
Nel marzo 2013 in un’altra OMC due di ENI presentano l’impiego di un fango a base d’acqua ad alte prestazioni (HPWBM) privo di cloruri e potassio usato per la prima volta nel campo Val d’Agri. Ancora una prima volta. Sarebbero stati i problemi al pozzo Monte Enoc 10OrB a spingere l’operatore a questa soluzione. Uno studio che ci fa sapere pure che nei primi anni di sfruttamento del campo utilizzarono semplici fluidi lignosolfonati non inibitori che portarono a grandi washout, zone allargate del pozzo più grandi della dimensione originale del foro o della dimensione della punta di perforazione. Così utilizzarono fluidi a base di potassio, ma non fornirono la stabilità del foro di trivellazione, e nonostante l’applicazione di fanghi a pesi elevati e i molti cicli di ottimizzazione per migliorare le prestazioni di questi sistemi, i problemi persistevano. A dicembre 2014 in Malesia, gli stessi autori alla International Petroleum Technology Conference, presentavano il successo di una tecnologia che aumenta la lubricità degli HPWBM. Questa volta non fecero diretto riferimento alla Val d’Agri, parlarono di un campo nel sud Europa con le stesse caratteristiche del campo Val d’Agri riportate un anno prima. E dissero: “negli ultimi 20 anni per perforare le sezioni più profonde dei pozzi sono stati utilizzati fanghi a base di olio a bassa tossicità, per ridurre al minimo le problematiche legate all’utilizzo dei fanghi acquosi di vecchia generazione”.
Come risolvere l’instabilità
E se con i fanghi a base di olio i detriti di perforazione richiedevano trattamenti costosi prima dello smaltimento, il che, riportano, portò a un drastico aumento dell’impatto ambientale e dei costi complessivi di gestione dei rifiuti, quando si utilizzavano fanghi a base d’acqua la geometria dei pozzi e le caratteristiche delle formazioni erano inclini a generare instabilità del foro e tubi che si tappavano. Inoltre in un ambiente ad alta pressione e temperatura, le proprietà dei fanghi a base d’acqua non erano stabili nel tempo, e per questo si richiedeva un costante ricondizionamento e diluizione, anche qui con costi non trascurabili relativi ad additivi e smaltimento dei rifiuti. Per migliorare i fanghi a base acquosa ed evitare crolli tappi e altro, introdussero l’ennesimo nuovo prodotto chimico, un viscosizzante questa volta, che dava le caratteristiche dei fanghi a base di olio. Si tratta del vinilsofonato/vinilamide, sostanza biocompatibile per i produttori, che però può avere una elevata tossicità in certe condizioni (quali nessuno le spiega). Sembra un circo di sostanze l’industria del petrolio e del gas. Senza non si estrae. Tanto che a volte ci spiegano persino la composizione media dei fanghi di perforazione: 2,4 chili su metro cubo di Soda caustica (un acido), 3,6 di carbonato di sodio (utilizzato per trattare la maggior parte dei tipi di contaminazione da ioni calcio nei fanghi), 8,9 di viscosizzante sintetico (ne abbiamo incontrati alcuni), 2,3 di lubrificate per pressioni e temperature elevate, 3,8 di un modificatore di reologia, 1,6 di un additivo condizionatore, 3,8 di un antischiuma (tra i quali alcool ottilico, stearato di alluminio, vari glicoli, siliconi e idrocarburi solfonati), 3,7 di un altro additivo utile a ridurre la quantità di fluido che fuoriesce nella formazione circostante, e 1464 di barite. Infine, ovviamente, quantità indefinite della tanto preziosa acqua. Tutto questo solo per pochi metri di pozzo.
Sorella acqua
C’è un ultimo punto che dovrebbero chiarire le compagnie che operano in Basilicata. Nel processo chiamato recupero avanzato del petrolio (EOR), i tensioattivi per lo spostamento dello stesso sono molecole progettate per ridurre la tensione interfacciale tra petrolio e acqua, aumentando così il recupero. Abbiamo visto nel precedente articoloi problemi con l’acqua del giacimento, e tenendo presente che esistono brevetti di tensioattivi per lo scopo che possono essere caratterizzati dal fatto che “l’agente resistente al calore è uno o due tra etilene bis e dimetil tetraclorotereftalato”, chi assicura i cittadini che il dimetil tetraclorotereftalato riscontrato dall’Associazione Cova Contro nel Lago del Pertusillo non sia frutto di tali processi estrattivi? Se tutto è nella normalità perché si pongono segreti industriali sulle sostanze utilizzate? Perché si preclude l’uso di sistemi di sorveglianza a enti competenti al controllo dei processi? In un momento storico in cui l’acqua è il bene da preservare chi, è in che modo, può assicurare che sia preservata se si agisce nel segreto?


