In Basilicata molti nodi non vengono al pettine, perché?
Dallo spopolamento alle fabbriche che chiudono: è il tempo di correggere gli errori
Dal nostro osservatorio notiamo un crescendo di indignazione nei cittadini lucani. Bonus gas, trasporti, infrastrutture, spopolamento, crisi occupazionale, sono tutti argomenti che suscitano la sensibilità e l’interesse. E sono temi su cui il governo regionale mostra scarsa efficienza politica e ammnistrativa. Per onore della verità possiamo dire che tutta la politica negli ultimi decenni ha fallito. Anche gli elettori hanno fallito, questo è evidente. E se si continua a “sbraitare” sui social senza assumere iniziative forti di protesta in forma collettiva, quel fallimento si trasformerà in un disastro irreversibile. I movimenti e i partiti sia di maggioranza sia di opposizione hanno appaltato il dibattito politico, e la critica sulla gestione della cosa pubblica, agli uffici stampa: comunicati e post sui social. Monologhi e, nel migliore dei casi, battibecchi. Nel frattempo chi governa continua a diffondere una propaganda in stile osteria: per l’oste il suo vino è sempre buono. Gli assessori si autocelebrano ad ogni piè sospinto. E quasi nessuno oppone una critica degna di un ragionamento. Al massimo si innesca una polemica. Sui provvedimenti della Giunta Regionale non c’è un dibattito politico aperto e partecipato. Il Consiglio regionale ridotto a vetrina per gli esercizi retorici. Tutti parlano e nessuno ascolta. Si agisce e reagisce per slogan.
I sindacati, dal canto loro, provano ad animare il dibattito politico coprendo il vuoto dei partiti. Assumono posizioni critiche e fanno proposte su tutto. Eppure, hanno un sacco di problemi da risolvere nelle decine di situazioni drammatiche in cui versano centinaia e migliaia di lavoratori. E qui dobbiamo segnalare un’altra criticità che caratterizza, da anni, l’azione politica e sindacale nelle questioni del lavoro. Le crisi aziendali spesso appaiono come un fulmine a ciel sereno. Nessuno si accorge in tempo di ciò che accade negli stabilimenti. Vale per la Smartp@per, per le aziende dell’indotto Stellantis, per la stessa Stellantis, per gli indotti Eni e Total. La tendenza generale è rassicurare i lavoratori e la gente, tamponare chiusure inevitabili, mantenere in piedi situazioni insostenibili, con costi esorbitanti a carico del bilancio pubblico (incentivi inutili, corsi di formazione inutili…) e a carico degli stessi lavoratori (cassa integrazione, riduzione dei salari, annullamento dei diritti, licenziamenti). Tutto questo per evitare reazioni di malcontento che possono sfociare in pericolose forme di rassegnazione nei confronti della politica e del sindacato: fuga degli iscritti e ripensamento degli elettori.
In questo quadro, sul piano più politico, monta la narrazione del governo regionale, e delle sue articolazioni di supporto sociali, imprenditoriali e culturali, che racconta una Basilicata delle meraviglie. Che racconta di una classe politica e dirigente capace di costruire magnifici orizzonti di prosperità. E così i dati si leggono e si diffondono a soggetto, secondo convenienza. Ci sta. Legittima difesa di un sistema socio-politico e socio-economico in estrema difficoltà. E così si va in Giappone a raccontare una Basilicata intima, addirittura con sembianze culturali “nipponiche”, un’intimità tra l’altro inventata nelle poesie di un tempo che non esiste. Ci sta, speriamo che i giapponesi arrivino in massa a visitare l’alta tecnologia del trasporto pubblico e delle reti stradali e ferroviarie di cui la regione può andare orgogliosa.
Ciò detto, arriviamo al dunque. Sul fronte sindacale va segnalato che la crisi lucana nel mondo del lavoro e del sistema produttivo non può essere affrontata intervenendo su tanti fuochi come se l’innesco dei falò non avesse un’unica matrice. Le diverse crisi aziendali non sono condomìni separati per cui ognuno si guarda il suo. Sul fronte più politico e amministrativo va segnalato che l’insieme dei dati socio-economici e socio-demografici registrano da anni una condizione preoccupante per la tenuta della società regionale. Eppure trattiamo questi dati come tabelle svincolate le une dalle altre e sottratte a un ragionamento organico di soluzioni alternative. Si continua ad agire in modalità “spezzatino”.
Sul fronte imprenditoriale sono troppe le aziende endogene che campano di risorse pubbliche e che non raramente trasferiscono i profitti all’estero. Piccole e medie imprese che usano il ricatto occupazionale per ridimensionare i diritti dei lavoratori e per aumentare il loro potere contrattuale nei confronti del sindacato. Imprenditori che investono fuori regione le ricchezze accumulate grazie alla compiacenza di burocrati e politici avvezzi allo scambio di convenienze.
A tutto questo aggiungiamo le questioni principali che ci coinvolgono e che potranno travolgerci: il nucleare, la risorsa idrica, il petrolio, le infrastrutture, l’ambiente, la sanità, la questione morale. La Basilicata è l’insieme intrecciato, interdipendente, di questioni che alcuni vogliono fare apparire lontane e separate le une dalle altre e che, invece, sono interconnesse sia in termini di problematiche sia in termini di soluzioni. E allora, mettere a fuoco una visione di futuro, è un’emergenza. Anche lo spezzatino per compiersi come cibo ha bisogno degli altri ingredienti e di cuocere in un’unica pentola. Ebbene, la conclusione di questa riflessione è in alcune domande. Date le condizioni, è possibile lanciare una nuova grande “Vertenza Basilicata”? E’ necessario? Chi può farlo e con quali strumenti politici e culturali? Una cosa è certa, bisogna alzarsi dalla sedia a dondolo su cui ci muoviamo senza spostarci.


