Logo

Flotilla per Gaza: il coraggio della civiltà contro il silenzio complice

4 ottobre 2025 | 11:33
Share0
Flotilla per Gaza: il coraggio della civiltà contro il silenzio complice

Una vera politica di sinistra, non solo italiana ma internazionale, coerente con i suoi valori fondativi, deve tradurre questo sdegno in misure concrete

Il fermo della Global Sumud Flotilla da parte della Marina israeliana non è un punto di arrivo, ma l’atto finale di un dramma che ha esposto, ancora una volta, la profonda ipocrisia della politica internazionale. Le imbarcazioni, cariche di aiuti vitali e di un messaggio di pace, sono state intercettate in acque internazionali, e i circa 400 attivisti — tra cui decine di cittadini italiani, europei e personalità politiche di rilievo — sono stati arrestati. Sebbene la missione materiale di rompere il blocco di Gaza sia stata impedita con la forza, la sua missione morale e politica ha trionfato: il loro gesto di disobbedienza civile internazionale ha squarciato il velo di indifferenza e il silenzio assordante che avvolge la catastrofe palestinese.

La critica che risuona dalla sinistra è netta e inappellabile: “lo sapevamo, e non abbiamo fatto nulla.” Questa accusa non è solo rivolta al sistema, ma in Italia colpisce direttamente il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il suo esecutivo. La sua risposta è stata fredda, ambigua e politicamente supina, limitata alla sola gestione burocratica dell’incidente, evitando accuratamente di condannare l’azione di forza in acque internazionali. Ma l’accusa si estende anche a tutte le cancellerie europee, la cui inazione collettiva costituisce un silenzio complice con il governo di Netanyahu. Di fronte a un’emergenza umanitaria che diverse componenti progressiste definiscono apertamente genocidio, l’establishment politico occidentale ha scelto l’immobilismo. L’equilibrio geopolitico e il timore di compromettere gli interessi strategici vengono sistematicamente anteposti alla giustizia e ai diritti umani fondamentali, consegnando di fatto ai militari la vittoria sulla dignità.

La Flotilla, armata solo di passione civile e del vessillo della non violenza, ha compiuto un gesto di rottura molto più efficace di mesi di diplomazia sterile. Hanno messo in ginocchio la retorica ufficiale che cerca di giustificare il blocco navale e terrestre, dimostrando che non esistono giustificazioni valide di fronte allo sterminio di un popolo. Il loro viaggio ha sortito un duplice effetto: ha costretto l’attenzione mediatica internazionale a tornare sulla drammaticità della situazione a Gaza e ha galvanizzato le piazze in Italia e nel mondo. Si stima che circa due milioni e mezzo di persone siano scese complessivamente in piazza, esprimendo solidarietà agli attivisti e alla causa palestinese. Questa mobilitazione dal basso rappresenta la vera speranza per invertire la rotta di una politica sconfitta, umiliata dal coraggio di semplici cittadini.

Ora, la priorità politica deve essere il rilascio immediato e incondizionato di tutti i partecipanti alla Flotilla. La sinistra e la società civile devono esigere che i governi, anziché limitarsi a facilitare un’espulsione che convalida l’azione di forza, condannino ufficialmente l’abbordaggio in acque internazionali e la detenzione degli attivisti. Ma l’azione non può fermarsi qui. Una vera politica di sinistra, non solo italiana ma internazionale, coerente con i suoi valori fondativi, deve tradurre questo sdegno in misure concrete: l’adozione della parola genocidio nelle sedi internazionali e l’immediata cessazione di qualsiasi collaborazione militare e strategica con il Governo israeliano. Sotto il profilo diplomatico, è fondamentale sostenere il piano di pace in discussione, ma esigendo che Israele ne accetti le condizioni vincolanti poste da Hamas, in particolare il ritiro totale delle forze dalla Striscia. Solo così l’accordo potrà trasformarsi da una fragile pausa umanitaria in una vera e duratura tregua. Il messaggio della Flotilla è arrivato: è un imperativo etico non arrendersi, mai, di fronte all’ingiustizia, e tocca ora alla politica tradurre quel coraggio in scelte di governo. La società civile ha mostrato la rotta: ora la politica tutta deve seguirla, sotto la spinta incessante delle piazze e non solo. ANTONIO LARAIA, ATTIVISTA