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Segnali di fumo dalla Terra

30 ottobre 2025 | 10:35
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Segnali di fumo dalla Terra

Raccontare oggi i cambiamenti climatici, e annesse alluvioni, siccità, distruzione di ecosistemi, non può prescindere dal tema della loro comunicazione

Raccontare oggi i cambiamenti climatici, e annesse alluvioni, siccità, distruzione di ecosistemi, non può prescindere dal tema della loro comunicazione, perché in questo mondo iperconnesso che scavalca distanze planetarie né i segnali di convocazione (Conferenze Climatiche, ecc.), né quelli d’allerta come i superamenti dei tipping points (soglie critiche superate le quali non è possibile tornare indietro), sembra arrivino a destinazione.

La questione comunicativa. Eppure sistemi di comunicazione a distanza l’umanità ne ha prodotti sin dall’antichità, con testimonianze che risalgono a migliaia di anni fa, come i segnali di fumo. Sorvoleremo sui significati spirituali, qui interessa solo la comunicazione pratica, in fondo il messaggio da trasmettere è di quelli pratici di pericolo. Qualche boomer, come il sottoscritto, i segnali di fumo li ricorderà per i film western che hanno preconfezionato nei cervelli dell’Occidente una logica approfittatrice, sdoganando il colonialismo più violento dove i bianchi hanno sempre incarnato i buoni, gli altri, i cattivi. E ciò a prescindere dalle etnie coinvolte e da cosa ad esse facessero i bianchi, genocidi compresi. E così che si è normalizzata quell’idea errata di progresso fatta di sfruttatori e sfruttati che ancora oggi sta compromettendo la vita sul pianeta. Oltre i film, per quel che ci riguarda, nella cultura occidentale tale sistema è documentato dal II secolo a.C nell’area mediterranea, i Romani li utilizzavano per trasmettere messaggi e segnalare invasioni o pericoli imminenti. Ma si tratta di un sistema usato in tutto il mondo, da popolazioni native nordamericane, sudamericane, australiane, africane, asiatiche, europee. Ha sempre funzionato, oggi pare di no.

Segnali, colonne, e puff. Per superare distanze l’essere umano si è quindi costruito un sistema semplice di segni iconico-indicale. Il fumo funziona come indice (indica la presenza di fuoco, del segnale), ma oltre alla posizione spaziale (localizzazione), esso viene codificato in forme iconiche (colonna, puff) che acquisiscono significati tramite codici binari come presenza/assenza (c’è o non c’è), continuità/interruzione (colonne continue o puff separati), colore (fumo bianco, materiale umido/verde, o nero, materiale secco/oleoso), quantità (numero di colonne simultanee e puff). Come in ogni sistema semiotico il significato dipende dal contesto condiviso, non permette articolazioni complesse ed è efficace per messaggi pre-codificati e urgenti: coordinate spaziali, allerta, convocazione. E prevede conferme attraverso la ripetizione da luogo a luogo, al fine di attraversare varie stazioni creando una catena comunicativa per garantire la trasmissione, dimostrando così l’universale bisogno umano di comunicare oltre i limiti della prossimità fisica. Ed è proprio questo il punto. Come comunicare cambiamenti epocali oltre la prossimità in un mondo comunicativo dove essa è annullata? Provate a cambiare punto di vista e a pensare: come si sente chi abita luoghi che affondano per l’innalzamento degli oceani ad ascoltare chi afferma che il mare che gli sta entrando in casa è una bufala?

Primo segnale di fumo. Partiamo per importanza da un puff del 2 settembre scorso dall’Università della California, Stato Usa da sempre attento al tema ambientale, e oggi più che mai in prima linea nonostante un Trump negazionista, la mancanza d’acqua e gli incendi che lo stanno devastando (tempo fa ne avevo già scritto, riportando la nascita della Polizia dell’acqua e foto di cartelli appesi fuori l’uscio delle case texane con la scritta: “Diretti a Est in cerca d’acqua”). Ad ogni modo la ricerca segnala uno stop senza precedenti della risalita delle acque profonde del Pacifico nel Golfo di Panama. I dati, scrivono, suggeriscono che la causa sia stata una riduzione della frequenza, della durata e dell’intensità del sistema di venti del Golfo. Conseguenze? Significative, visto che le acque profonde e fredde di risalita danno da mangiare tramite la massa di fitoplancton a un enorme ecosistema superficiale. “La mancata risalita, scrivono, ridurrà probabilmente la produttività primaria con effetti a cascata sulla catena alimentare marina e il declino della pesca commerciale e di sussistenza”. Il probabilmente significherà gente che emigra. Sarà una bufala anche questa? Certo l’Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC) ha già documentato nel 2020 30,7 milioni di sfollati climatici. Gli effetti della mancata risalita saranno amplificati dallo sbiancamento e dalla più che probabile distruzione delle barriere coralline e del loro ecosistema (meglio parlare di biosfera), che subiranno uno stress termico prolungato.

Secondo segnale di fumo. Circa il 40% della CO₂ prodotta dall’uomo presente negli oceani è stata originariamente assorbita dall’Oceano Meridionale, lo si deve alla diffusione delle acque dense antartiche, che inondano gli abissi globali, isolando il carbonio trasportato dall’atmosfera a profondità di diversi chilometri per secoli o millenni. L’Alfred Wegener Institute (AWI) spiega che l’Oceano Meridionale rilascia naturalmente CO₂ all’atmosfera attraverso la risalita di acque profonde ricche di carbonio, tuttavia secondo un’altra recente ricerca il “raffreddamento dell’Oceano Antartico a partire dagli anni ’90 (tra le cause lo scioglimento dei ghiacciai) ha aumentato la stratificazione della densità, impedendo a queste acque arricchite di CO₂ di raggiungere la superficie”. Il collasso del “tappo” ,stando a diversi studi, compreso quello dell’AWI, scatenerebbe un feedback climatico potenzialmente catastrofico, rilasciando nell’atmosfera secoli di carbonio accumulato negli abissi e accelerando drasticamente il riscaldamento globale. Una seconda biosfera che va in fumo, e agirà su altri ambienti, questo è il segnale. Del resto c’è il Rapporto Copernicus sullo Stato degli Oceani a confermare che i mari del pianeta stanno cambiando a una velocità mai vista.

Terzo segnale di fumo. L’Atlantico nord-orientale per esempio, si scalda al doppio del ritmo medio mondiale con ondate di calore marine più frequenti e intense. Per ora, impossibile fare previsioni visto che modelli di appena 10 20 anni fa si sono rivelati sottostimati rispetto ai dati reali. Certo è che oltre il 10% delle aree più ricche di vita marina si acidifica più velocemente della media, e grazie a plastiche e calore oltre l’80% delle barriere coralline è colpito da sbiancamento. Cambiamenti non percepiti, ma profondi, tali da trasformare interi ecosistemi con specie che si spostano, scompaiono, o invadono e alterano equilibri locali. Ricordate la storia del granchio blu nel delta del Po o del verme di fuoco in Sicilia? Il primo ha causato il crollo della produzione di cozze in alcune lagune, il secondo si è moltiplicato lungo le coste siciliane danneggiando pesci e attrezzature da pesca. Adesso ci parlano di resilienza e industria del granchio blu, ma come espresso nella prima conferenza sul clima, oltre dieci anni fa, questa è green economy parente d’una black economy (da cui è finanziata spesso tramite greenwashing) acchittata di fallacie ambientali varie, ossia uno spostare il problema più avanti, non risolverlo. Se ne occuperanno le future generazioni? Intanto nel Mediterraneo l’ondata di calore record quest’anno ha portato a temperature fino a +4,3 °C con forti danni alla pesca, all’acquacoltura e al turismo.

Ultimo segnale di fumo. L’ultimo segnale è uno sbuffo sintetico sulle soglie critiche del sistema Terra che, superate, comporteranno cambiamenti rapidi e irreversibili. La Calotta Glaciale della Groenlandia è entrata nella fascia critica, la Calotta Antartica Occidentale ha potenzialmente già raggiunto la soglia critica, per la Corrente del Golfo (AMOC) il collasso è previsto entro questa generazione (mia figlia di un anno e mezzo potrebbe ritrovarsi in un mondo profondamente mutato, in peggio), la Foresta Amazzonica è a rischio, il Permafrost Artico ha raggiunto la soglia e avviato il rilascio di gas serra assieme a virus antichi, il Ghiaccio Marino Artico è vicino alla soglia critica con la riduzione continua della copertura estiva in atto, le Barriere Coralline rappresentano la prima soglia superata, la soglia critica per le Foreste Boreali è a rischio, il sistema di venti Monsonici dell’Africa Occidentale è a rischio mostrando instabilità, il sistema di venti Monsonici Indiano è a rischio con eventi estremi in aumento, ed è a rischio l’Oceano Meridionale che con l’assottigliamento del tappo è uno dei punti di non ritorno più pericolosi del sistema climatico terrestre. Solo la soglia della Calotta Antartica Orientale sembra lontana dal punto critico, ma anche qui ci sono segnali preoccupanti.

Biosfera vs semiosfera. Motivo? I tipping points sono collegati, e questa è la parte peggiore del messaggio che facciamo finta di non sentire e vedere. La Terra è un sistema, un contesto condiviso appunto, lo sappiamo dall’alba dei tempi, e sino all’epoca della riproducibilità tecnica non l’avevamo scordato, poi ci ha assorbito la cultura del surplus. Chi fa ricerca sa bene che lo scioglimento della Groenlandia può indebolire l’AMOC, che a sua volta influenzerebbe i monsoni ecc., e sta cercando attraverso la ripetizione d’un segnale di allerta, perché quelli di convocazione sono miseramente falliti per giochi di poteri e lobbisti vari, nel garantire la trasmissione d’un messaggio importante: una volta superati questi punti critici, sarà difficile, se non impossibile, invertire la rotta. Come scrisse Emanuel Sarris “nessuna ‘foresta’ esiste come ambiente oggettivamente prescritto. Esiste solo una foresta del guardaboschi, del cacciatore, del botanico, dell’escursionista, dell’appassionato di natura, del raccoglitore di legna, della raccoglitrice di bacche e della favola in cui Hänsel e Gretel perdono la loro strada”. Oltre ai soggetti umani però, esistono piante, animali, e il significato culturale (semiosfera) della foresta (biosfera) si moltiplica per mille. Perciò non ha senso rimanere esterrefatti dall’enorme numero di ambienti che esistono solo in una foresta (immaginate il pianeta), è più istruttivo scegliere un caso specifico per poi indagare la rete di relazioni tra i vari ambienti. La domanda da porsi allora è: abbiamo dimenticato come specie (caso specifico), il contesto biologico condiviso? Le relazioni? Forse abbiamo separato definitivamente la semiosfera dalla biosfera, i significati culturali che produciamo da quelli biologici che ci danno da vivere? È questo il vero pericolo.

Bio: Southern Ocean freshening stalls deep ocean CO2 release in a changing climate; Rapporto Copernicus; The impact of Southern Ocean residual upwelling on atmospheric CO2 on centennial and millennial timescales; Importance of Southern Ocean in Absorbing Carbon Dioxide; Carbon storage shifts around Antarctica; The Deep Ocean’s Carbon Exhaust; Record-breaking 2023 temperatures in the Mediterranean Sea, proliferation of bioinvaders, and impacts on fisheries”; Insights into sea surface temperature variability and the impact of long-term warming on marine heatwaves in the Mediterranean Sea