Viadotto Tiera, la pazienza dei lucani e il silenzio delle istituzioni
Ditella (Filt Cgil): “Si trovano con facilità 100 mila euro per finanziare la festa patronale di un piccolo comune, ma non si riesce a reperire meno di un milione di euro per abbattere un pilone e riattivare una linea ferroviaria che servirebbe un territorio intero”
Di seguito il comunicato stampa del segretario della Filt Cgil Basilicata, Luigi Ditella
“È calato un silenzio assordante sul futuro del viadotto Tiera e, con esso, sulle sorti di 200 mila utenti e centinaia di lavoratori che da mesi attendono risposte. Tutto tace su un’infrastruttura che rappresenta una delle arterie ferroviarie più importanti della Basilicata, e che oggi giace abbandonata, sospesa tra promesse e rinvii. Nel frattempo, chi vive e lavora in questa regione continua a muoversi con difficoltà, affrontando ogni giorno trasporti congestionati, linee ferroviarie interrotte, gare del TPL scadute da oltre sedici anni e un servizio pubblico che arranca, prigioniero di logiche politiche e di inerzie burocratiche.
C’è qualcosa di paradossale in tutto questo. Perché mentre si trovano con facilità 100 mila euro per finanziare la festa patronale di un piccolo comune di tremila abitanti, non si riesce a reperire meno di un milione di euro per abbattere un pilone e riattivare una linea ferroviaria che servirebbe un territorio intero. Una sproporzione che fa male, che pesa più del cemento armato del viadotto. E che racconta molto più di mille parole sullo stato di una politica regionale incapace di fare scelte di prospettiva. Carlo Levi, che della Lucania colse l’anima profonda, scriveva che questa è una terra “senza conforto né dolcezza”, abitata da uomini e donne che vivono “con eterna pazienza la loro immobile dignità”. Una definizione che oggi suona come una profezia. La Basilicata è una terra che sopporta, che attende, che raramente si ribella. Una comunità che ha imparato a convivere con la mancanza, con l’isolamento, con i disservizi. E che, nonostante tutto, conserva una compostezza e una civiltà esemplari. Ma fino a quando si può chiedere a un popolo di essere paziente? Forse la risposta si trova nei versi di chi questa terra l’ha raccontata con il cuore. Leonardo Sinisgalli scriveva che “i lucani, dove vanno, fanno il nido senza clamori, senza disturbare il vicinato, in punta di piedi”. È l’immagine di un popolo discreto, che costruisce silenziosamente la propria vita altrove, e che quando torna a casa riprende la vita di sempre, raccontando che avrebbe voluto fare tutt’altro — ma “lo farà in un’altra vita”. E Rocco Scotellaro, con il suo linguaggio contadino e mistico, spiegava che “facciamo le colonne dietro i santi, abbiamo la faccia dei dannati quando i sogni ci vengono negati”.
Forse è per questo che non ci indigniamo abbastanza. Forse confidiamo ancora in una forma di giustizia ultraterrena, nella speranza che, se non in questa, almeno in un’altra vita avremo gli stessi diritti alla mobilità e alla dignità di chi vive a Milano o a Roma. Intanto, nella vita reale, la Basilicata resta ferma. Si va avanti con una linea ferroviaria chiusa, con decine di autobus che intasano le strade, con gare scadute e servizi a mercato finanziati persino fuori dai confini regionali, in barba a ogni regola sulla concorrenza. E tutto questo avviene nel silenzio delle istituzioni e degli organi di vigilanza.
Non si tratta solo di un problema tecnico o amministrativo: è un problema culturale e politico. È l’idea, radicata e pericolosa, che la Basilicata debba accontentarsi, che non possa pretendere di avere infrastrutture moderne, servizi efficienti, connessioni degne di un Paese europeo.
Ma la pazienza, se non accompagnata da consapevolezza e partecipazione, diventa rassegnazione. E la rassegnazione è il primo passo verso il declino.
Come sindacato, noi della Filt CGIL Basilicata non vogliamo accettare questa deriva. Chiediamo alla Regione, a RFI e a tutte le istituzioni coinvolte di rompere finalmente il silenzio e di rendere pubblici tempi, risorse e impegni concreti per il ripristino del viadotto Tiera e per la modernizzazione della rete ferroviaria lucana. Perché il diritto alla mobilità non è un privilegio. È un diritto costituzionale, un presupposto di cittadinanza.
E se davvero “nei sentieri non si torna indietro”, come scriveva Scotellaro , allora è il momento di andare avanti. Ma davvero. Non con le parole, non con le promesse, ma con i fatti e con le opere. Perché una terra che non si muove, è una terra che smette di vivere.


