La favola del Centro di decontaminazione a Policoro

Più informazioni su

    Prosegue la nostra inchiesta sul piano d’emergenza esterna dell’Itrec 2008/13. Un piano che andrebbe illustrato alle popolazioni locali, che andrebbe maggiormente condiviso e spiegato. Un piano suddiviso in diverse aree di competenza, ove l’Ospedale di Policoro giocherebbe in caso di grave incidente un ruolo vitale nel primo soccorso. 

    Un vortice permanente nel mare antistante Rotondella. Una volta descritto, sempre sommariamente, il ciclo dei rifiuti liquidi radioattivi dell’impianto, si evidenzia che “prima di essere scaricati a mare, gli effluenti liquidi vengono analizzati per verificare il rispetto della formula di scarico autorizzato per l’impianto”. Bene, perché nel 2011 l’Ispra sospese gli scarichi a mare? Come mai nonostante le analisi pre-scarico è stato permesso ad acqua contaminata pesantemente da Cesio 137 di raggiungere il mare, facendo registrare nel giugno 2011, 375 Bq/kq? Queste incongruenze a chi sono addebitabili, a Sogin? Arpab? ISPRA? Ed in chiusura paragrafo il piano recita che:” studi oceanografici e radioecologici ( di cui non abbiamo trovato traccia ) hanno altresì mostrato l’esistenza di un vortice permanente in corrispondenza del tratto di mare prospiciente l’Itrec. Il volume del vortice, che costituisce il corpo diluente degli scarichi è di 1,5 miliardi di metri cubi; il tempo di ricambio delle acque è di 90 giorni.” Questo vortice permanente è naturale o indotto dalla pressione di scarico? Questo vortice diluisce gli scarichi favorendo la spandimento dei radionuclidi ? Qualcuno ha ipotizzato di utilizzare un meccanismo di correnti marine per riciclare meglio la radioattività? Quindi gli scarichi a mare, secondo il piano, vengono controllati periodicamente anche da Ispra: dove e quando? Noi di dati Ispra presi di prima mano dalla stessa in situ non ne abbiamo mai trovato traccia su alcun documento pubblico e ci pare che Ispra vigila solo sui dati trasmessi da Sogin ed Arpab. Qualcuno deve chiarire come funzionano i controlli e spiegare i motivi per cui già nel 1995, come ampliamento scritto da Andrea Spartaco, nel bacino del Golfo di Taranto la quantità di Plutonio presente fosse venti volte superiore rispetto al mare aperto algerino.

    L’Ospedale di Policoro ed il Centro di Decontaminazione che non c’è. Le condizioni metereologiche, riporta il piano, “potrebbero mutare il quadro della contaminazione”: potrebbe essere rischioso pensare ad una giornata di moderato grecale o libeccio, con la nube radioattiva che in caso d’incidente si sposterebbe verso Nova Siri Scalo o Policoro. Nel piano sono previsti due stadi di allarme: il pre-allarme e l’allarme. Il primo dichiarato se un qualsivoglia evento comporti il rilascio potenziale, in ambiente esterno, di radioattività; il secondo se lo stato di preallarme si concretizza. Nel giugno 2011, con valori da fall-out di Chernobyl in mare all’altezza dello scarico Itrec, è stato dichiarato lo stato d’allarme? Parlare altresì della catena di comando e protezione che si attiverebbe in decine di passaggi in caso d’allarme risulta a chi scrive non solo noioso ma d’improbabile attuazione, e nervo scoperto della catena è l’ospedale di Policoro che dovrebbe accogliere i contaminati presso il Centro di Decontaminazione. Troppo semplice sparare sulla Croce Rossa e dirvi che nell’ospedale probabilmente questo centro di fatto non esiste, oppure non esiste l’attrezzatura prevista, oppure non esiste personale addestrato, non esistono concretamente i presupposti riportati nel piano d’emergenza e soprattutto, “non esiste” che in un piano d’emergenza d’allerta nucleare sia riportato come esistente una struttura sanitaria di prima accoglienza che con molta probabilità non esiste! Oppure il Centro di Decontaminazione è riconducibile a due stanze e qualche armadietto con pillole di iodio ed uno staff medico che solo su un pezzo di carta potrebbe dimostrare le richieste professionalità? Ma oltre all’ospedale di Policoro, la locale Protezione Civile è pronta in caso d’incidente nucleare? Questo pseudo piano d’emergenza risponde alle direttive europee in materia stabilite dall’Euratom?

    I buchi nell’aria. Dal 2004 in poi, non è dato sapere alla cittadinanza le analisi atmosferiche di spettrometria gamma previste dalla rete di sorveglianza ambientale, peccato perché fino al 2003 i livelli di Plutonio239 nell’aria subiscono delle variazioni, con dei picchi oltre la media di riferimento ambientale della zona, infatti nel 1997 si toccano i 2,84 Bq/mc. Se in media un italiano inala 0,04 Bq/anno di Plutonio, la popolazione residente a ridosso del sito Itrec quanto ha inalato nei decenni e con quali effetti sanitari? Il Plutonio 239 ha un’emivita di 24mila anni, quindi si ammassa col tempo lasciandolo in eredità a generazioni che probabilmente neanche parleranno la nostra lingua.

    Troppi misteri sul nucleare lucano. Come sarebbe avvisata la popolazione in caso d’incidente? Polverizzata com’è anche nelle aree rurali, con un’età media sempre più alta, come pensate di avvisare una popolazione completamente impreparata ad un’evenienza simile? Il Piano sembra un bugiardino farmaceutico, pieno di previsioni basato su ottimistiche attese, il punto è che qui non abbiamo parlato di aspirine ma di rifiuti nucleari: urge un tavolo della trasparenza serio e credibile, partecipato da esperti non di parte ed aperto ai dubbi ed alle domande dei cittadini, di cui molti di loro nati dinanzi al fatto compiuto. Il piano d’emergenza Itrec è pieno di falle organizzative, scientifiche e comunicative, e più che gestire un’emergenza sembra un contentino burocratico per prefetti distratti: allarma più che tranquillizzare, e getta ombra su procedure ed eventi che la gente percepisce improbabili. Con la bonifica imminente del sito le probabilità d’incidente aumentano, allora cosa aspettano le autorità preposte per redigere un vero piano d’emergenza e a dirci la verità sui tanti aspetti sconosciuti del sito Itrec?

    L’inventario radio(il)logico è una farsa? A p.51 del piano d’emergenza è riportato un sintetico elenco del materiale nucleare custodito nell’Itrec, peccato che nell’elenco manchi l’oggetto del desiderio degli Stati Uniti, quel biossido di uranio trasportato con un operazione militare notturna nel luglio 2013 dalla Trisaia a Gioia del Colle, biossido venuto a galla solo nel tavolo della trasparenza dell’agosto 2013. Per quale motivo il biossido di uranio non compare nel piano d’emergenza? L’Itrec nasconde altro materiale nucleare ad alta attività? Quanti chili di biossido di uranio sono rimasti nel centro? È attendibile un piano d’emergenza che dimentica di censire tutte le sostanze presenti? Queste dimenticanze comunicative potrebbero essere una palese violazione delle direttive dell’Euratom ( 89/618 – 90/641 – 92/3 e 96/29 in materia di radiazioni ionizzanti ); che impongono tra le tante cose: alle autorità pubbliche la “comunicazione della detenzione del materiale, la registrazione delle sorgenti detenute, la disponibilità di piani d’intervento relativi alle installazioni radiogene, esecuzione di periodiche esercitazioni relativamente ai predetti piani, creazione squadre speciali d’intervento”. L’Euratom dice che un piano d’emergenza credibile deve: sia dire la verità sul materiale detenuto e sia essere testato sul campo con periodiche esercitazioni: in Basilicata i dirigenti Sogin/Enea lo sanno? Nonostante nel piano venga fatto un elenco dei materiali radioattivi presenti nella piscina, nei depositi materiali e rifiuti e nel parco serbatoi, per quale motivo non compare nulla sul materiale della fossa irreversibile 7.1? Come mai l’eventuale diffusione in aria di gas radioattivi in caso d’incidente, viene immaginata dall’autore del piano come una circonferenza di propagazione perfettamente circolare, del diametro di una decina di chilometri, e che ricalca in diversi punti sia le intersezioni stradali principali della zona, sia i confini di determinate aziende agricole? Secondo la Prefettura di Matera è possibile che la radioattività segua nella sua diffusione in atmosfera dinamiche geometriche come quelle disegnate nel piano d’emergenza e si blocchi dinanzi ad un incrocio stradale? (di Gianpaolo Farina e Giorgio Santoriello)

    Più informazioni su