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Covid e privacy: un binomio da analizzare

Tra le tante sfaccettature che stanno riguardando da vicino il mondo del Covid ce ne sono anche alcune, certamente importanti, legate alla privacy: quando si analizza la pandemia in atto ci si sofferma, anche giustamente, sui riscontri diretti che sta avendo, ad esempio, nel comparto sanitario, in quello sociale ed in quello economico.
Ma un evento di questo genere va ad impattare su tutte le componenti della società, indistintamente e senza risparmiarne alcuna. Si parlava ad esempio di privacy, sono diversi gli spunti che possono venire in mente su questo tema pensando alla questione privacy.
Si pensi ai referti online, che rappresentano un enorme semplificazione ma possono avere criticità proprio in materia di privacy; ed ancora, ai sacchetti rossi della spazzatura dei positivi dato che in alcune regioni, come ad esempio la Toscana, chi è in casa in quarantena deve lasciare la propria spazzatura all’interno di appositi sacchetti di colore differente, rosso per l’appunto, così da essere facilmente identificabili.

I problemi legati a scuola e didattica

Si potrebbe poi parlare ancora dello smart working e della didattica a distanza, due pilastri di questo periodi di pandemia che hanno agevolato la vita dei cittadini adducendo, anche qui, diverse domande in materia di privacy. Probabilmente proprio lavoro e didattica sono i settori che hanno risentito di più.
Sullo smart working la legge di riferimento è la n. 81 del 22 maggio 2017, Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”. Lì viene regolamentata la questione della modalità di esecuzione del rapporto di lavoro senza una postazione fissa, ma il quadro normativo risulta generico, manca quindi di una parte specifica proprio sulla privacy.
Stessa cosa dicasi per la questione didattica a distanza in quanto le scuole italiane non erano attrezzate per fare lezioni online, come spiegato anche in privacylab.it. Si parla quindi nello specifico dei grossi limiti delle diverse piattaforme ad oggi presenti per tale didattica, con riferimento alla privacy, alla conservazione dei dati personali.
La strada intrapresa è stata quella di non richiedere alcun consenso per il trattamento dei dati personali a docenti, alunni, genitori da parte di scuole e università, fatto salvo che l’utilizzo di questi dati da parte delle piattaforme “dovrà limitarsi a quanto strettamente necessario alla fornitura dei servizi richiesti ai fini della didattica online. Scuole e università devono usare un linguaggio comprensibile anche ai minori”.
Un risvolto complesso, ulteriore e poco spesso preso in considerazione quando si parla di Covid, con tutto il suo carico di criticità: e tra queste, anche il discorso relativo alla privacy.