Aver sollevato dubbi diventa un fatto penalmente perseguibile

“Apprendiamo con sconcerto, ma tutt’altro che stupiti, del rinvio a giudizio di don Marcello Cozzi, accusato di diffamazione nei confronti dei coniugi Michele Cannizzaro e Felicia Genovese, per le parole pronunciate in occasione una manifestazione in memoria di Elisa Claps”
Era il 12 settembre 2010, primo anniversario della scomparsa di Elisa, dopo il rinvenimento dei suoi resti. Libera aveva chiamato a raccolta i cittadini tutti, davanti alla chiesa della Trinità di Potenza, “tomba” della ragazza per 17 lunghissimi anni. Eravamo in tanti, insieme a don Marcello, stretti intorno ai familiari, a chiedere con forza semplicemente VERITÀ e GIUSTIZIA.
Libera Basilicata non intende discutere la decisione assunta dagli organi giudicanti, ci sarà prossimamente un processo e non possiamo che dirci fiduciosi nella giustizia. Ci chiediamo piuttosto perché i coniugi Cannizzaro-Genovese hanno querelato solo don Cozzi e non l’intera Libera o, quanto meno, il suo gruppo dirigente, dal momento che le stesse frasi incriminate e le stesse parole “diffamanti” sono state formalizzate nero su bianco in una richiesta di accertamento che Libera Basilicata inviò, qualche giorno dopo, al Capo dello Stato in veste di Presidente del CSM e alla quale il Capo dello Stato rispose con sollecitudine.
Vale la pena, a tal proposito, rileggere le domande contenute nella missiva inviata al Presidente Napolitano e nella quale noi tutti, e non solo don Cozzi, chiedevamo di verificare l’operato della dottoressa Felicia Genovese nell’inchiesta sulla scomparsa di Elisa Claps:
perché in quel lontano settembre 1993 la Dottoressa Felicia Genovese non dispose una perquisizione accurata di tutti i locali (ribadiamo tutti) attigui alla chiesa della SS. Trinità?
Perché non autorizzò la richiesta di sequestro degli abiti di Danilo Restivo sul quale dal primo istante gravarono i sospetti degli inquirenti, e sospetti, tra l’altro, così pressanti che l’allora Dirigente della Squadra Mobile di Potenza in una relazione inviata successivamente alla stessa Genovese ipotizzerà a danno dell’indiziato “un omicidio a sfondo sessuale”?
Perché non furono mai acquisiti i tabulati telefonici che riguardavano non solo casa Restivo ma anche altri, coinvolti nella vicenda?
E ancora, a proposito delle presunte frequentazioni del marito della dottoressa Genevese, dottor Michele Cannizzaro, rimarcavamo le nostre perplessità, nonostante l’archiviazione, da parte del Tribunale di Salerno, di un procedimento a carico della dottoressa Genovese:
Perplessità che non vengono per nulla diradate se poi ci soffermiamo anche su un altro aspetto che riteniamo meritevole di considerazione. È accertato in atti dell’Autorità Giudiziaria, infatti, che il marito della Dott.ssa Felicia Genovese, il Dottor Michele Cannizzaro, già Direttore generale dell’Azienda ospedaliera San Carlo a Potenza, durante gli anni Novanta abbia avuto “contatti telefonici” con esponenti della ‘ndrangheta, e in un caso abbia consumato un “lauto pasto” con personaggi appartenenti a cosche della mafia calabrese in una sua abitazione in località Petile di Calanna (RC), oltre al fatto che a Potenza nel corso del 1994 risultava essere iscritto alla Loggia massonica Mario Pagano. Certo, ogni procedimento a suo carico è stato sempre archiviato, tuttavia ci sembra abbastanza evidente che anche questi fatti contribuiscono ad alimentare un clima di sospetto e un senso di sfiducia. E francamente, in questi diciassette anni, intorno alla scomparsa della povera Elisa Claps si è respirata l’insopportabile sensazione di vivere in un Paese in cui gli interessi dei potenti si trasformano impunemente in verità negate, e la sensazione di trovarsi di fronte ad un muro alzato per difendere qualcuno, o meglio più di qualcuno.
Queste domande restano ancora senza risposta! È diritto dei coniugi Cannizzaro-Genovese denunciare se si sentono diffamati, ma è altresì diritto dei cittadini chiedere verità e trasparenza, anche in considerazione del fatto che il dott. Cannizzaro è candidato alla carica di Senatore della Repubblica. Come cittadini, prima ancora che come aderenti all’associazione Libera, chiediamo, ancora una volta, di avere quelle risposte che da troppo tempo tutta la comunità lucana attende.
La lettera al Presidente Napolitano si concludeva citando ciò che Paolo Borsellino era solito affermare a proposito degli uomini politici:
“C’è un equivoco di fondo. Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose, se non viene giudicato colpevole dalla magistratura, è un uomo onesto. No. La magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale. Le Istituzioni hanno il dovere di estromettere uomini politici vicini alla mafia, per essere oneste e apparire tali”.
Queste parole appaiono ancor più profetiche in un contesto in cui, alle gravi difficoltà economiche e sociali, si aggiungono devastanti vicende di corruzione e contiguità con la criminalità organizzata, che minano in profondità le istituzioni, l’economia e la convivenza civile di questo Paese.
Ci chiediamo, infine, se aver sollevato dubbi in presenza di questioni rimaste inevase possa essere considerato un fatto penalmente perseguibile. In caso affermativo non è don Cozzi che andrebbe giudicato, ma tutti noi.
Coordinamento Regionale Libera Basilicata