Fra 5 anni nei piccoli comuni niente più negozi

L’allarme di Confesercenti Basilicata che ha reso noti i dati dell’Osservatorio sul commercio al dettaglio. Negli ultimi quattro mesi su ogni tre esercizi che hanno chiuso una sola apertura Nei primi quattro mesi dell’anno in Basilicata hanno abbassato la saracinesca 282 attività commerciali al dettaglio, mentre ne sono nate 101 nuove con un saldo negativo di 181 imprese nella stragrande maggioranza dei casi ditte individuali. Di questo passo nei prossimi cinque anni in tanti piccoli e medi comuni lucani non ci saranno più negozi. E’ l’ennesimo campanello d’allarme suonato dalla Confesercenti che ha reso noto i dati del suo Osservatorio sul commercio al dettaglio. “Se la desertificazione delle attività commerciali in Italia appare essere un fenomeno in continua accelerazione, e potrebbe portare, secondo le stime della Confederazione, alla scomparsa dell’intera rete dei negozi nel nostro Paese già nell’arco dei prossimi 10 anni, da noi – commenta il presidente provinciale di Potenza Prospero Cassino – il fenomeno assume quegli aspetti di maggiore allarme sociale e, purtroppo, in tempi più ravvicinati (cinque anni). Secondo quanto rileva l’Osservatorio Confesercenti, infatti, nei primi 4 mesi dell’anno ha aperto un solo negozio ogni tre che hanno cessato l’attività. Si pensi a cosa potrebbe accadere in comuni dove già adesso ci sono al massimo un paio di esercizi commerciali alimentari al dettaglio e alle conseguenze sull’utenza fatta per lo più da anziani. Una conferma dai dati dell’Osservatorio Confesercenti dai quali emerge che, sempre nei primi mesi dell’anno, la contrazione del servizio di vicinato si accompagna all’aumento della popolazione residente sopra i 65 anni, per i quali la disponibilità dei negozi sotto casa è un fattore determinante nella qualità della vita, perché permette spostamenti più brevi e meno gravosi per gli abitanti più anziani: nei Comuni con una incidenza dell’indice di vecchiaia superiore alla media nazionale si rileva, infatti, un saldo negativo delle attività commerciali pari a 7.209 unità, di cui 839 riguardano il dettaglio alimentare (mentre hanno chiuso per sempre 5.541 esercizi commerciali nei Comuni con una incidenza dell’indice di vecchiaia inferiore alla media nazionale). Tutto ciò – dice Cassino – dimostra ancora una volta che non possiamo permetterci la catastrofe del settore commerciale: il conto sarebbe troppo salato. E sull’Iva si passi dalle parole ai fatti, perché il Paese è a un passo dal baratro: con un aumento dell’aliquota, i consumi si contrarrebbero ulteriormente e la crisi delle imprese del commercio al dettaglio si aggraverebbe. E lo scenario terribile di un Paese senza più negozi di vicinato rischia di avverarsi”. “C’è quindi bisogno – è l’appello della Confederazione – di interventi urgenti per facilitare la tenuta delle aziende. Occorre, da un lato, un intervento sulle tasse che schiacciano le imprese e sulle regole di mercato, per evitare distorsioni della concorrenza, così come una maggiore disponibilità di credito per le Pmi e una profonda semplificazione burocratica. Dall’altro, è più che mai necessario un alleggerimento della pressione fiscale che grava sui consumi delle famiglie”.